Men                 si è,  La libertà non è uno spazio libero, la libertà è partecipazione.                           Ta

                  Meno si è, meno si esprime la propria vita. Più si ha, più è alienata la propria vita.           

 

L'impatto dei media sulla vita politica e sociale ci pone l'interrogativo di come la mente si rappresenti oggi nell'ambiente esterno.
La società si delinea come uno spazio attraversato da processi comunicativi che si espandono a cerchi concentrici quasi sconfinanti verso un punto di non ritorno; spazio che viene continuamente rifigurato attraverso "giochi linguistici" proiettati verso la costruzione di nuovi mondi, virtuali e non, in un continuo movimento adattivo degli uni con gli altri. In questo spazio la logica dell'accumulo o del possesso cede il passo alla logica della dispersione e della continua mutevolezza degli esseri che ritrovano nella memoria la loro origine e il motore d'avvio per progettare risposte, soluzioni, trasformazioni.

          

                             

     

 

G.G.

 

In uno spazio-tempo

popolato di oggetti umani plastici,

tu, eri un bicchiere di cristallo.

Singolare e prezioso

per forma e materia.

Toccare la tua corona circolare

con moti armonici

ti mandava in risonanza,

vivendo slanci di vita acuti.

Fragile e puro,

sempre alla ricerca

di vino prezioso e forte,

degno della tua forza

in forma e materia.

Leggero, ti alzavi in volo,

quando mani sicure

ti afferravano con grazia,

mentre il vino ti colorava

profumando tutto intorno a te.

La tua purezza

ti ha condotto

verso mani non umane,

più degne,

che meglio sapranno

toccarti, alzarti,

guidarti e suonarti

per riempirti di vino santo.

 

9 Giugno 2022

 

 

Parigi in autunno

  

Nel tuo corpo elegante

la dolce proporzione

tra il dentro e il fuori,

la bellezza della cura del dettaglio,

la magnificenza dell'incontro

della natura con l'umano.

Vivi silente, eppure popoli le tue viscere

di urli tribali ed esistenziali.

I tuoi cunicoli sotterranei

sono pieni di culture di mondi antichi e moderni,

nel tuo volto la maestosa bellezza

dei tuoi perenni litigi interiori.

La forza della ragione,

lume di crescita,

si alterna e con fatica si miscela

alla follia della creazione,

matrice di bellezza e felicità.

Così vivi e ti trasformi,

ti trasfiguri nei tuoi opposti figli,

albergando, simultaneamente,

in un libero corpo nudo

e in un elegante abito,

in una leggera sfilata di alta moda

e in un testo di letteratura alta,

nel rigore dell'ingegno

e nei fluidi colori dell'impressionismo e dell'astratto,

nei caldi sapori della tavola

e nei duri conflitti di piazza,

in una musica malinconica

e in un urlo liberatorio.

Ti vivo nei viali alberati

dove le foglie sdraiate prendono il sole,

sei la palpabile esistenza dei miei pensieri.

 

25 Novembre 2021

 

   

Lontano

 

Veniamo dal tempo di sempre,

regalandoci sapore e forma,

insieme ci trasformiamo.

Siamo cristalli di sale

che consumano, lentamente

la vergine materia,

scolpendo anime rocciose

e dando sapori forti

a tenere creature mediterranee.

Dietro il vetro di questa finestra

l'immensità marina,

acqua fredda

che avvolge piedi nudi

caldi d'amore.

 

29 Aprile 2021        

 

 

Maradona

  

Girato di spalle

sei uscito dalla nostra vita,

come nelle tue uscite dallo stadio.

Il sogno è finito

l'arbitro ha fischiato.

Genio senza fine,

bambino vivace e fragile

a cui è stato consegnato il peso di questo mondo iniquo.

Sogno vivente,

vestito di mantello d'oro

sei diventato la voce degli ultimi

la gioia delle vittorie impossibili.

Dentro te

le anime di tutti noi.

Ci conoscevi ad uno ad uno,

ci possedevi,

gli stadi servivano a travasare i cuori.

Senza paura e senza tregua

hai creato bellezza, magia e lotta,

liberazione.

Diego Armando Maradona,

la tua umanità

seppur fragile

ha insegnato il valore della dignità,

la forza della libertà,

la voglia di vincere contro i potenti prepotenti.

A testa alta

hai prima abbracciato e poi preso in braccio

le tue figlie Argentina e Napoli

portandole fino al gradino più alto.

Hai difeso il tuo popolo strapazzato

con orgoglio, gratitudine e passione,

come un guerriero.

Stanco di mille battaglie

silenzioso

ti sei seduto.

Dolore e solitudine

hanno preso il sopravvento

ti hanno portato via da noi,

ancora una volta, per l’ultima volta.

Al tuo popolo

non resta che affidare ai figli

il tuo grande nome.

 

25 Novembre 2020

 

    

 

Anime nude e volti coperti

 

La vita a volte si srotola

come un tappeto rosso

sotto i piedi scalzi.

L'amore in noi cresce

come in un passaggio di stato

evolve, cambia forma ed energia,

come le meccaniche e le biologie,

si complessa e cresce,

si espande.

L'intimo silenzio

veste e spoglia

la verginità di una innocenza

che non smette di imbarazzarsi.

La bocca mima parole

in volti liquidi

mai coperti.

Il vapore stocastico della vita

partorisce particelle

nuove e disordinate.

La nascita

di imprevedibili anime vaporose.

 

15 Luglio 2020

 

  

 

 

Meta-Respiri

   

Quando senti l'amore

battere le mani,

ti senti come alla recita di un figlio

sul palco della vita,

orgogliosamente

miri e sospiri.

Supina sulla terra nuda

guardi le stelle in cielo.

Tra la terra e il cielo

una collina d'aria calda.

Quando l'aria si muove,

tocca e sposta.

Quando è ferma,

puoi respirarla

e sentirla dentro.

 

7 Febbraio 2020

 

 

 

 

L'attesa...

 

Il giorno stretto e lungo

si riempie di calma tempestosa,

nell'aria mi circonda

la presenza della tua assenza.

Su una giacca di pioggia

pantaloni di lana fredda

e scarpe di fatica,

mi incravatta l'eco della tua luce,

mentre in silenzio

disegno con cuore rosso

su fogli di lenzuola bianche

l'abbraccio dell'incontro

sotto un cielo di coperte.

 

6 Febbraio 2019

 

 

 

 

 

Anime ribelli

 

Ho sentito le tue anime

multiple e ribelli

risuonare

come uno schiaffo sulla guancia.

Ho letto la tua spirale ombelicale

ricca di tornanti golosi,

pericolosi archi temporali

affamati

di slanci ipotetici e ciniche realtà.

Navigo tra le tue ansie

ancorato alle mie certezze,

dentro e fuori il divenire,

tra compleanni passati e futuri

in anime che vogliono nascere.

      

6 Dicembre 2018

 

   

    

 

 

 

Chiocciola nata da un bacio di nuvole

tra cielo e terra,

custodisci l'amore.

Ti alzi in volo come un aquilone,

nuca all'indietro e il naso all'insù,

occhi chiusi e cuore spalancato.

Come una 'L' ti muovi tra cielo e terra,

tra padre e madre,

a te si attaccano le stelle cadenti,

a te si legano le lettere nella poesia.

Vivi in più dimensioni,

Là ti ho vista e letta,

Là mi sei salita in braccio,

tra cielo e terra,

come una 'à' che si siede sulla 'L'. 

 

7 Dicembre 2017

 

 

  

  

 

Casa

 

Archi di saperi antichi

si abbandonano con grazia

su colonne di rigore,

bellezza dell'ingegno.

Sotto il naso della storia

la bocca del futuro,

sopra uno sguardo di speranza.

 

 

22 Giugno 2017

 

 

 

    

 

Nevica

 

La neve arriva improvvisamente,

non sai fermare il suo tuffo ovattato

eppure sai leggere i suoi cristalli più intimi.

Vedi dalla finestra

coppie di fiocchi innamorati

che si prendono e rotolano felici,

prima di sciogliersi

nell'ultimo liquido abbraccio.

Sai aspettare alla finestra,

come una lacrima calda

appanni il vetro freddo.

Muta parli leggendomi,

piangi e ridi,

entri nella complessità senza bussare.

Basta un bacio

e alla vita canti la vita.

 

21 Gennaio 2017

 

 

  

 

 

 

29 Settembre

 

Capelli lisci che si arricciano sotto la pioggia,

 anima nuda che fuma una sigaretta

seduta al sole in un freddo e secco giorno di inverno.

 Sogni quel bambino che verrà

in un sorriso amniotico.

Asintoto, verticale sguardo verso il cielo

 orizzontale camminare verso il mare.

Sei la gioia oltre il campo di esistenza.

Sei come la mia follia.

Mi afferri l'anima e bevi il succo della complessità

 mangi l'amore e sputi le ovvietà,

 ridendo di chi ne è ormai schiavo.

 

10 Ottobre 2016

 

 

 

 

Vento caldo

 

Timido e forte,

invisibile e presente,

caldo e pieno di terra rossa.

Scioglie l'inverno e le notti di bora

come sale su strade, tetti e balconi.

Circonda i pensieri violacei,

bagna le labbra secche con sciroppo di comete.

Veste di oro rosso il respiro del grano

di argento la luna che si specchia nel mare.

La notte, ancora caldo per la doccia di sole diurno

culla dalla stratosfera,

asciuga con un telo di stelle,

batte i colpi del cuore

e sbatte porte e finestre.

Sa di buono, quando finalmente

scirocco, si spoglia e si spande nell'intinità della casa.

Cammina in punta di piedi,

accarezza e chiude le palpebre stanche,

manda un eco all'universo

che disegna un domani zuppo di ieri.

Sa di te,

che con labbra pronunciate

soffi tra i miei respiri

mentre soffri per l'attesa.

 

 

4 Luglio 2016

 

 

 

 

 

 

Buonanotte

 

Prima di dormire

stringo i tuoi versi tra le mani,

come fossero mani sul volante.

Corro, vivo e mi graffio

con grani di grande bellezza

con un profumo di scarpe rosse mai comprate.

Mi siedi accanto e sorridi

come un pesco a primavera.

Sai di buono, Piccola

energia senza massa.

Piedi nudi sempre freddi

mani unite sulla faccia

testa calda sotto le coperte.

Buonanotte ai tuoi occhi stanchi

profondamente vergini,

alla tua rosa bocca amara.

Buonanotte a te

che con me credi nel possibile.

Buonanotte a me

che sono venuto nella tua vita.

Buonanotte a te

che sei venuta con me.

 

 

4 Maggio 2016

 

 

 

 

 

 

Cavanera

 

In queste mura calde

si sente il ventre dell'uva nera,

è sera di vino rosso

un calice grande e labbra piccole.

Si coglie il sapore delle ceneri sul capo,

ti sento tremare, ridere e piangere.

Si sentono i piedi nudi

che calpestano l'uva,

si muove la bocca

alla ricerca del calice.

 

24 Aprile 2016

 

 

   

 

Piove

 

Bocca di chi cerca,

occhi di chi ha trovato.

Mani leggere

esperte e colorate.

Chioma ribelle,

lunga e appassionata,

con capelli in tacco a spillo

che camminano sul mio ventre,

mentre fuori piove.

 

Autunno 2015

 

 

 

 

La mia isola

 

Ti sei seduta,

spalle al mare.

Una ripa alta e dritta

la tua schiena,

una cala tonda

come natiche.

I lunghi capelli

delle morbide palme

mosse al caldo scirocco,

naturali archi di roccia e timo

come braccia,

le tue gambe, aperte a me,

una bocca di porto sicuro.

 

24 Agosto 2015

 

 

 

 

 

Signora di Pantelleria

 

Indossi e vivi

la tua isola

da madre.

Tetti bianchi e cielo azzurro

come cappello da mare,

uno scialle lungo

arancio e blu

al tramonto,

una collana

di pietra lavica e folta vegetazione

per la sera.

Il piovoso inverno e il sale

nutrono la terra, che poi ti nutre.

Sapori e odori

bandiscono la tua tavola

insieme ai tuoi affetti,

Giorgio siede sempre a capotavola.

 

21 Agosto 2015

 

  

 

Pina

 

Grano vivo

oro puro e tempestoso,

forza di fulmine,

luce senza scarica.

Amica di Sofia

compagna delle passioni,

madre dei bambini,

angelo di Dio.

Ventre creativo,

chiocciola in spirali di innocenza.

Sempre tu nell'altro,

china per la lavanda dei piedi.

 

20 Ottobre 2014

 

 

 

 

 

 

 

 Chiocciola

 

Guardi dai miei occhi neri,

le mani mie lunghe

che disegnano linee colorate

su questo foglio di tempo bianco,

come i nostri primi capelli maturi.

Voli dentro i miei disegni

come fossi filigrana,

spazzoli l'orizzonte.

Dea degna di pettinare

i capelli di Dio.

Sali il mio corpo

come sangue rosso e caldo,

scorri nelle vene

con in bocca l'ossigeno,

vita nella vite,

vino dei miei giorni.

 

29 settembre 2014

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Santina

 

Occhi lucidi che ridono,

gioia calda che respira,

carità che corre in città

per aiutare tutti.

Madre della bella Napoli,

figlia dei suoi dolori,

elegantemente vivi.

Tulipano rosso

tra tanta erba secca.

 

4 Maggio 2014

 

 

 

 

 

La donna di Giorgio

Occhi senza veli,
cuore senza paure,
spazio senza dimensione.
Libero sguardo che dà la vita,
odore del possibile,
gioia della speranza.
Bocca del futuro,
naso tra occhi lucidi
che narrano di stelle.

 
21 Dicembre 2013

 

 

 

 

 

Auguri

 

 

Donna vestita nuda,

cavallo senza zoccoli,

quadro senza cornice,

gabbia senza uccelli,

bambina senza età.

Seno senza reggiseno,

energia senza massa,

labbra rosse senza trucco,

follia senza pazzia,

occhiali senza vetri,

seta di gambe senza calze,

cravatta senza nodo,

piacere senza fine.

    

4  Settembre 2013

 

 

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           

 La Piazza

Scarpe che corrono
solitudini pesanti come selciato,
sguardi che non si toccano
persi in pensieri fatti a maglia
con gambe veloci ferri da lana.
Un albero cammina tra la gente
in punta di piedi, è Afrodite,
le sue foglie sembrano capelli
la frutta meravigliosi gioielli,
non è molto alto eppure tocca le nuvole,
è il bacio di teneri amanti.

22 Agosto 2013

 

 

 

 

 

Rotoli di fieno nei campi

 

Fieno appena falciato

disteso al sole,

sosta di un contadino

che riscalda il sangue

con spirali gialle,

rotoli di fieno nei campi.

Rincorsi dall'aria umida

si intrecciano il raggio di sole

e lo stelo d'erba,

senza muovere le ali,

come l'innocenza

che vola con il naso all'insù.

 

 

3 Maggio 2013

 

 

 

 

Dea

 

Sguardi ricamati

su lenzuola di lino,

corredo di sposa.

Vino di baci

in calici di affetti,

risa di porpora rossa.

Casa di carezze

partorite dal vento,

fuoco del mio camino.

Abito di pesco fiorito

in bocca alla primavera,

lacrima che sa di accarezzare.

 

18 Marzo 2013

 

 

 

 

   

 

Ricamo di capelli

   

La tua mano destra,

elegante

come un becco appuntito

disegna archi sospesi,

penetra

l'elastico che diviene bracciale.

Il polso è vinto,

stretto

accelera il sangue

e trasforma le mani in ali di uccello.

I capelli pesanti,

afferrati tra le ali

si alzano,

leggeri

come ago e filo tra le mani,

si sutura l'elastico

e si denuda il collo.

  

23 Febbraio 2013

 

  

   

 

 

 

Dentro

    

Dentro te

le piante sorridono

e parlano agli uomini.

La paura di vivere

si addormenta

su un'amaca bianca

col cappello di mare

e le scarpe di cielo stellato.

Gli uccelli parlano alle mele

mentre nella culla di luce

piange un bambino

che non lascerà orme

camminando sulla sabbia.

 

5 Febbraio 2013

 

 

 

 

 

Perla

 

Ventre caldo,

nido di versi disordinati

figli di parole liquide che si scambiano il posto.

Paura elegante,

cravatta di seta abbracciata al mio collo.

Sensibilità di madre

figlia di mia figlia.

Sorriso bagnato

che si nebulizza in pioggia

per divenire perla

alla bocca dei pori della mia pelle.

Anima

dell'aria nel mio sangue che non è più mia.

 

20 Gennaio 2013

 

 

 

 

  

  

 

 

Collina

       

E' silenzio, guardo

due occhi di nuvola

la bocca di lago

e una collina

che si tinge di naso tondo.

L'aria rossa del crepuscolo

allunga le mie mani

che accarezzano da lontano.

E' notte, sento

il vento scirocco

mentre il naso

diventa prima seno

e poi grembo materno.

 

 

12 Gennaio 2013

 

 

 

 

 

 

 

Castiglione del Lago 

  

  

Voce dipinta ad olio

da toni pennelli,

muro del suono,

onda luminosa che passa.

Ellisse di labbra rosse,

morbido tuffo in acqua,

slancio di un cipresso toscano,

seni di papaveri

carezzati dal vento,

gioia dell'erba verbe al Trasimeno

 

 

29 Settembre 2012

 

 

 

 

 

 

 

 

Principessa

 

Capelli di legno e rame,

specchio per sottili riflessi,

muto concerto di vento

in capriccio diurno,

sbatti linee irrequiete,

batti suoni paralleli

e pettini i miei sensi increduli.

Tenera notte,

carne di latte ai denti,

odore di vecchi piedi nudi

sull’erba umida e giovane

che vuole essere madre.

Ordine del disordine,

realtà della realtà,

seni bachi di seta

che saranno farfalle,

anfore di latte

per una bocca senza denti.

 

 

11 Agosto 2012

 

  

 

 

Mariuccia

  

Occhi di galassie

che formano spirali ascendenti,

cupole di dammuso.

Dipinta da una bambina

sei un cuore,

nel semispazio destro il mare

in quello sinistro la casa.

Acqua in cui nuotano foglie,

figlie e figlie delle figlie,

onda che si tende

tra realtà e immaginazione,

trasporti sapori, vento e fiori.

Con Giorgio, pendolo antico e preciso

oscilli senza tempo,

mentre tutti ti guardano

per capire cosa fare.

 

8 Agosto 2012

 

 

 

 

 

La notte

 

Avvolta in un mantello di silenzio

senza mai essere pigra,

l’odore dei tuoi seni

scuote l’etere pigro.

Come una bocca dipinta da occhi di bambino

canti, balzi e scintilli in aria

calda di notte estiva.

Suoni come plasma

al pianoforte di forme mai viste,

fasciata di lessico geometrico

unta di pudore, carne e sudore.

Al timido cantico

si dilata il cuore nella gabbia di petto

nell’attesa che al mattino

arrivi la gioia del risveglio.

 

 

24 Luglio 2012

 

  

 

 

  
   

 

Telo bianco
 
Carne di fibra gioiosa
intrecciata con capillari di preziosità.
Ossa dure e pelle delicata
in cuore puro.
Anima liscia,
onda umida che profuma di meraviglia al salto
lungo e vibrante,
perpetuo tuffo in acqua da ripe alta.
Albero maestoso e femmina fragile.
Avvolta in corteccia di vissuto
telo bianco velo,
vieni a me dalla doccia.
Scivola il telo
si libera la carne
e l'ombra è stesa giù per terra.

 

19 Aprile 2012

 

 

Ellisse

 

Ellisse di labbra,

Ulisse siede nei tuoi fuochi

vortici di carne rossa.

Celesti le mani che tremano come mare,

veliero a piedi nudi in amore

legato come fili in una maglia,

possiedi il mio corpo

giacente a letto vinto da una febbre liquida.

Gigante vergine dalle mani lunghe

massaggi tempie, piedi e gambe.

Strumento di ossa e carne

eco dell’uno nell’altro

suoni seguiti di slanci

divergenti e quantici,

luogo di infinito segreto

ombra generativa di passione, arte e grammi di eternità.

 

3 Febbraio 2012

 

 

Monella

Mani di sale e sabbia,
grani di piacere e libertà.
Naso di pietra e malta,
dimora calda di respiri,
legna antica porta di odori.
Piedi nudi con caviglie mammelle,
sensuale scandalo di femminilità.
Labbra sempre adolescenti,
infante bocca in natura matura.

25 Agosto 2011

 

 

 


Ti amo

Una matita mossa dal vento
scrive codici numerici sulla sabbia,
vecchi numeri che si espandono liberi
come serie divergenti.
Assisto, immobile ti leggo,
piango, mentre i battiti accelerano
la fronte si scalda
e le mani fredde toccano
strette labbra rosso scuro.
In quei numeri folli
come in una spirale di paure
sono battuto e vinto.
Ho visto l'Amore con Dio,
così il tuo nome
si è avvolto infreddolito
in quella lunga e calda coperta di numeri
ovatta di parole accartocciate.
 

12 Agosto 2011

 

 

Ventre d'anima

Curve e rettilinei
le tue strade di carne,
calda la tua acqua,
sangue rosso di vigna.
Ombelico di stelle,
la tua conca
è una mano distesa,
il morbido nido che raccoglie la notte.
Nei tuoi respiri
le dita dell'anima
radici dell'albero del giorno nuovo,
il cuore che strilla
senza mai muovere le labbra.

10 Agosto 2011

 

 

Giorgio

Occhi onesti e muti,
padre in anima narratrice
figlio nella debolezza di chi ama.
Tra mondi paralleli
come un veliero solitario
colori spazi obliqui
con manovre rette.
Sorridi alla tua famiglia
come un figlio alla madre,
stringi al petto la tua famiglia
come una madre il figlio.

9 Agosto 2011

 

 

 

Pantelleria

Seni di pietra dura
capperi e sale marino,
labbra screpolate dal vento
e toccate dal mare,
occhi della libertà,
ti illumini al crepuscolo
dipinto da Venere
nella gioia delle sensibilità.
Elegante e magra,
sotto un reticolo di stelle
ti spogli, sempre vergine
mentre la luna ti guarda.
Terra ed ossa di pietra nera
disegnano geometrie sottili,
occhiali del cielo,
legge fisica di affetti,
curve armoniche vitali,
spirali di storia nel futuro
casa di un albero da frutto.

8 Agosto 2011

 

 

   

Monica

 
Utero fertile
di esistenza embrionale,
felino elegante di sensualità,
sapore della terra e dell’acqua
distesa sagoma di natura,
figlia dell’amore,
crepuscolo delle sere di luglio
bontà carne rossa,
labbra gonfie di grammi d’anima,
disegno scolpito in oro nero
pelle e odore di neonato.
Nave dimora dei miei viaggi
pontile del mio porto,
terra d’approdo,
arteria della mia radice di sangue,
madre della vita.
  

16 luglio 2011

 

 

 

 

Carmela

 

Viso custode di pace

naso che non sa mentire

capelli sottili e lunghi che sognano la libertà,

 sorrisi tattili e sguardi sonori.

Sempre mamma, nonna,

malinconica e partigiana,

chioccia senza marito

sola tra la folla.

Donna alta e statura bassa

figlia delle paure che non sanno parlare

madre di onestà.

 

17 Dicembre 2010

 

 

  

 

 

Inverno

 

Nel sole c'è quel sorriso

che le coperte mi regalano

la sera dell'inverno,

quando cerco te,

alla frontiera,

in fondo al respiro,

tra la paura di me e te.

 

30 Novembre 2010

 

 

 

 

 

Maestro

 

 

Eduardo,
occhi dolci e profondi di vita,
mani grandi rifinite di nobile moralità.
Naso retto che conosce il bello,
capigliatura dipinto di se stesso,
statura alta ed elegante
mimica dei suoi valori e ideali.
I suoi pennelli di piedi lunghi e appuntiti
hanno dipinto la nostra vita.

 

27 Ottobre 2010

 

 

 

 

 

Legno antico

 

 

Il tuo corpo è pregiato tavolo antico,

mi allungo nelle braccia

e mi poggio nel ventre,

scrivo poesie.

La mia spalla di penna

posa sul tuo volto di carta.

Un inchiostro di lacrime,

colore dei tuoi occhi che non si abbassano,

come un batuffolo di olio

bagna la tela.

 

09 Ottobre 2010

 

 

 

 

 

 

 

La legge fisica

 

 

Un elegante poeta siculo

ama le note chiassose

dell'universo femminile,

dice che sono canti,

profumate onde di particelle nell'aria.

Questo spazio senza occhi

questo tempo senza naso

questo scritto senza bocca

mondo muto fu, senza legge fisica.

 

25 Agosto 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

A colazione

 

 

I capelli si muovono

accarezzati da grosse mani vento,

gli occhi neri caffè

sembrano avere ancora sonno,

le labbra sono gonfie

come fossero state punte da insetti,

il volto giocondo

oscilla con grazia

in armoniche funzioni di prosa

e descrive questo giorno pigro

che è appena nato

e che ora so come finirà.

 

23 Agosto 2010

 

 

 

 

 

Cava grande

 

 

Acqua è fresca,

vive con roccia,

sembrano due corpi,

si abbracciano muti

poi sorridono e cantano.

Intorno ai loro ventri

attorcigliati come capelli,

un riccio verde ossigeno

disegna pareti e cupole

con curve linee di maternità.

Acqua bagna roccia,

si muove tra le sue braccia,

entra ed esce dalle sue viscere

come aria nella bocca.

 

22 Agosto 2010

 

 

 

 

 

La città di Noto

 

 

Cerchi in cerchi

cadono dal chiodo,

si tendono e sorreggono.

E' una catena di rame,

una donna magra

col ventre che sporge

dove sorge la vita.

E' una lampada ad olio,

uno sguardo, spoglio

il pianto di una madre

che ha appena partorito.

   

21 Agosto 2010

 

 

 

 

 

Villa Adriana

 

 

Un vestito di verde prato,

palme nane come bottoni

e un quasi retto scollo,

ricamo di allineate piante di ulivo.

Un cappello dipinto dal sole,

coppi antichi paglino

e travi di legno marroncino.

Sulle calde spalle

uno scialle di pareti morbide

Pachino tufo di seta.

 

19 Agosto 2010

 

 

 

 

 

 

Un temporale estivo

 

 

Sabbia è umida e distesa

la sua pelle accapponata,

pioggia è scesa

e in essa si è distesa.

Ogni goccia un corpo a metà,

ogni segno sulla sabbia

l'altra metà del corpo.

La città del sole, ipotetica,

come un cerchio d'acqua,

nasce dal mare

sale in cielo

cresce tra le nuvole

scende e penetra la terra.

 

17 Agosto 2010

 

 

 

 

     

 

 

 

Il Bacio

 

Due le labbra mute
quattro quelle chiassose,
umide si toccano
come in un abbraccio,
si battono e combattono
in suoni plastici
come elastici,
molle molli scarpe
che si rivestono di piedi nudi.
Ogni bacio un passo,
ogni passo uno schiaffo,
ogni schiaffo un fracasso,
ogni fracasso una nota di Picasso.

14  Luglio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'anfora

 

 

Anfora di vetro

inclinata, come la testa di un uccello

punti al sole e ti tendi.

In te mi verso, inclinato

liquido dipinto rosso.

Le pareti si baciano,

bagnato l'interno

suda l'esterno,

la cavità si riempie.

Il vino rosso espande la bocca

che muta stringe le labbra

beve e si colora.

Ora l'anima non è più sola.

10  Luglio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La mia testa

 

 

La mia testa è calda al tatto

mi reca dolore e capogiri,

nella cavità cranica

azioni e reazioni biochimiche.

E' una nuvola piena di acqua

che si comprime nella sua materia grigia

per rinnovarsi in fiocchi rossi,

disegni di un pazzo eco

olio dell'anima.

E' una antica botte cinetica

di liquidi suoni che battono

tra un ventre antico di arazzi e uno di legno.

4  Luglio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

Michele

 

 

Rideva senza muovere le labbra,

ti era amico senza conoscerti,

era il viscerale disordine di tutti noi.

Piangeva senza lacrime,

fumava senza fumo.

Nel paese era il rumore,

conosciuto senza essere noto,

un pezzo di noi spalmato sull'asfalto.

I cani per strada lo avvistavano

 pur non avendolo mai visto,

gli facevano festa

come a quel padrone che non c’è.

10  Giugno 2010

 

 

 

 

 

 

La sedia

 

Una stoffa rosso scuro

le copre il ventre,

delicata paglia bionda la schiena,

nobili braccia di legni curvi,

bacino e gambe incisi a mano,

l'abbraccio materno come seduta.

23  Maggio 2010

 

 

 

 

Maggio


Petali distesi mossi dal vento,
onde delicate di profumi,
un vino rosso di abbracci.
Lumaca ventre di donna gravida,
seni di sabbia umida,
bocca d'acqua e risa di aria fresca.

15  Maggio 2010

 

 

 

 

 

25 Aprile


Lasciate il vostro corpo
voi vetri di carta,
strappate la morte della normalità,
lasciatevi trasportare
dalle moltitudini nuvole onde.
Liberatevi e sentite 
i baci di un'onda di pressione
mentre la voce dalla bocca va all'orecchio.
Liberatevi e scappate 
tra venti di tempeste elettromagnetiche
musica di antenna in antenna.
Liberatevi e abbracciatevi in onde emotive.

25  Aprile 2010

 

 

 

 

 

Campagna

Occhi di prato in fiore

bocca ulivo

naso di ruscello

profumi inebrianti di ventre nebulizzato

mani di argilla

seni frutti maturi

piedi di cielo.

10  Aprile 2010

 

 

 

 

 

 

La Primavera

Seduti sulla primavera

tra profumi e colori

ascoltiamo gli uccelli

che cantano al sole timido

delicate armonie stocastiche,

che baciano mentre il sole tocca

la voce si ingrossa

il volto si arrossa

si prendono labbra di porpora rossa.

 

3  Aprile 2010

 

 

 

 

 

 

Celeste

Cielo a fasce orizzontali bianche e blu,
un acuto battito di ali
la nuvola si sposta e poi sosta.
Il tuo volto col naso all'insù,
un aereo in una macchia di blu,
il petto blu e la bocca nuvola
sapore soffice che vive in fasce bianche e blu
come fosse panna buffa, gonfia e disordinata.

27  Febbraio 2010


 

 

 

 

 

La mia eternità

 Posso chiedere te

al banco della vita,

mi costerà monete di tempo

sguardi sicuri di libertà.

Una firma come cappello

la tua anima il mio mantello,

due lacrime e uno strillo

il tuo petto come spillo.

14  Febbraio 2010

 

 

 

 

 

 

Iride

Donna iride che disegna

follie ricche di debolezze

risa matita su carta

profumo di capelli lunghi e curvi

fiocchi leggeri che cadono pesanti,

ogni capello un elastico moto disordinato

perduta emotività, pendolo

oscillatore armonico di animalità e carnalità.

11  Febbraio 2010

 

 

 

 

 

 

Una notte di latta
  
 
E' notte,
la gente comune dorme.
Il silenzio sembra una scatola di latta,
ogni onda emotiva è uno schiaffo sulla latta.
Il calore della notte, velata
dilata i polmoni,
gli ormoni corrono e circolano
attorno a un fuoco di campo.
Ti cerco nell'etere,
si costruiscono carezze acustiche
che strappano la semantica
e si accordano su onde di piacere.
Il piacere non è più nel testo
ma nel suono
e nell'armonia che lo governa.

  

6  Febbraio 2010

 

 

 

 

  

 

 

   

L'etere luminifero

 
Chiudi gli occhi e alzati,
guarda questa rete di particelle,
circonda e incatena.
Al tuo viso come palmo di mano
una carezza del mio codice genetico
respiro della mia ossessione
tra collo e orecchio,
bacio di pianto
sapore umido di animalità.
Chiudi gli occhi e siediti,
suona le tue labbra, gridami
apri le braccia e indossami. 
   
  

2  Febbraio 2010

 

 

 

 

 

 

   

 

 

Gennaio

 

Il freddo in gennaio

è una colomba bianca,

il vento invernale soffia

come battito d'ali

spaventa e chiude in cappotti

corpi grammi d'anima.

Il bianco gelo

trasforma i liquidi in solidi,

le paure in cristalli fragili,

le passioni di salsedine

si mischiano a fiocchi di neve,

un uccello cammina su lastre di acqua e ride.

 

31  Gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

   

 

Mani

    

Silenzio acquerello
dipinto su tela consumata di solitudine,
occhi mai muti che alzano la voce
tra rumori suoni di lingue,
sguardo di figlio
nell’abbandono
al suo primo giorno di scuola.
Mani grandi che scivolano
in respiri mollica di pane caldo,
calcano e narrano
abbracciano e viaggiano
poi stringono e quindi piangono.

 

28  Gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La mia terra

 

Sono tra pensieri di carta

li tocco come fossero pelle

vogliosa e fragile.

Calco l’inchiostro

come vagassi per i campi

alla ricerca del fiore della mia esistenza.

Fiore dallo stelo lungo e disordinato

profumo di terra e anima,

vissuto senza paura di morte.

 

23  Gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

Pioggia

 

Adoro la pioggia
più il suo rumore si fa intenso
più mi piace.

La sua insistenza,

a volte devastante

a volte imbarazzante,

è il Piacere.

Un sapore creatura meravigliosa,

amaro o dolce che sia.

 

9  Gennaio 2010

 


   

 

 

L'origine del mondo

 

Sembra un riccio
un pugno chiuso
un batuffolo di capelli d'Africa
una conchiglia riccia.
La sua porta, molle bocca,
sorride e come naso divide sopracciglia,
letto curvo tra colli spigolosi,
sorgente di acqua calda,
valle di maternità, nido di incertezze.
Ti guardo, ti cerco, ti osservo,
ti vedo in ogni ruga di volto, cieco,
ti vesto della mia pelle
come sapore che riveste la bocca.

 

3  Gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

Montmartre

 

La piazza quadra è una tela di sassi,
intorno una cornice di palazzi,
grumi di pittura nelle gallerie
vasi di terra d’arte.
Cuore sacro, colle e scale,
cielo grigio e un malinconico volto,
suonano i silenzi di fisarmonica
mentre il pittore vende i figli,
tele nude ornate di spille.

 

29  Dicembre 2009


 

 

 

 

 

 



Paris, il Verbo

 

Ascolto le immagini,
raccontano dei pittori,
confessano le loro paure sorde.
I colori sono codici,
chi li ha mischiati
con arte e ingegno combinatorio
ha scritto nella lingua di Dio
paure, dolori, gioie, pianti
risa, segni, grammi di Dio.
Paris, culla dei pensieri di Dio,
custode delle sue pagine in cornici,
mi parli, nella tua universale
insostenibile leggerezza d’essere
custode delle parole di Dio.


 

28  Dicembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

Cafè de la Place

 

Disegni di vetro,
palazzi bassi, bianche anime di pietra,
sembrano tanti mulini senza pale.
Il calore è nel buon gusto,
la luce nei sorrisi
il sapore nell’acustica,
fonica delizia del creato.
Ogni tuo sguardo di meraviglia
è un colore che si mischia,
una tela che colora la mia vita.


 

27  Dicembre 2009



 

 

 

 



In aereomobile

 

Sento il disordine delle nuvole,
particelle che si rincorrono, come pesci,
nudi atomi di mare nel cielo,
ogni particella, una bocca salata,
mille strilla di libertà, una voce,
il popolo disordinato degli affetti,

gabbiani senza il peso delle piume.
Sento bocche di giardini in festa,
i tuoi occhi umidi e lucidi,
ogni giorno una bocca,
ogni sguardo una festa.


 

26  Dicembre 2009




 

 

 

 

 

 

Inaspettata serenità

 

 

I tuoi occhi,

sono due veli tristi.

Ti guardo, complice,

mentre alzi, come occhiali,

questi lunghi veli occhiali.

Dormono, nei nudi occhi neri,

come due colonne di luce,

collane di fiaccole,

paralleli binari di vita,

sdraiati su lenzuola petali di rosa.

Scivolano quelle parole

coppi simboli curvi,

bocche calici d'amore.

 

23  Dicembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gaia

 

 

Sole e luna, risa,

urla e pianti di bambini.

Freddo e caldo toccano,

l'azzurro penetra.

Le mani, sbattono

come ali che battono sul petto.

Labbra e seni,

rossi e gonfi,

infiammati d'amore

come in una madre

che condivide il corpo col figlio.

 

14 Dicembre 2009

 

 

 

 

 

 

Respiro

 

 

Odore di sorriso,

bolla di felicità,

respiro di mare

in polmoni umidi.

Ti vivo,

si gonfia il petto

e sono felice.

 

02 Dicembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

Manchi

 

 

La mia mano
è divenuta un ricordo
che stringe l'anima in un cappotto
mentre fuori la vita nevica.

 

19 Novembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Optoelettronica

 

 

Vedo una luce,

più mi avvicino,

più mi riscalda

e mi bagna di fotoni

e poi mi nutre di sapori.

Vive e rosa mi posa

le mani calde sul petto.

 

08 Novembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

  

Il tempo

 

Il tempo non affanna,
ansima,
non vola né corre a metà
vive nell'eternità.
La luce del mattino
è una finestra che si apre, 
si stende e nudi ci scopre.
Le mani aperte e tese
avverso la luce
ne coprono il volto.
La finestra irrequieta
strappa il giorno alle lenzuola
e la porta della camera
ventre di chiusa oscurità
cuce la notte a brandelli di carne viva.

 

02 Novembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

Presenza liquida

   

 
Vivi in questa magica scatola cranica,
tra realtà e immaginazione.
Vivi in dettagli e globalità,
tra linguaggi naturali e codifiche convenzionali.
Vivi nella mia stoffa biologica,
come una compagna ossessiva.
Vivi nelle particelle liquide,
le tue vestigia sono in campi celebrali
le tue labbra nel caldo ricordo del fuoco d’inverno
i tuoi seni in occhi neri capezzoli
la tua bellezza in onde di carità che bussano al cuore
le tue risa nei giochi disincantati dei fanciulli
la tua dolcezza nella carezza di un saluto triste.


30 Ottobre 2009

 

 

 

 

 

  

 

Castello

 

 

Labbra membrane che suonano,
cuore silenzioso che parla,
mani delicate che stringono.
Semplicità per palati fini
vivacità giocosa di fanciullo
bontà arte matura,
occhi acqua di montagna.
Se guardi il suo naso
senti il profumo di casa.

17 Ottobre 2009

 

 

 

 

 

La mia natura morta

Disegni di carne viva
in uno spazio a tre dimensioni
raccontano la natura delle passioni.
Moltitudini e rotondità,
silenziosi seni ciliegie
rosso e tondo viso mela
naso tondo e dolce pera.
Occhi, olive nere
mani, grappoli d'uva
labbra di saporito fico
lingua, morbida banana
capelli, cesto di paglia.

7 Ottobre 2009

 

 

 

 

 

Una stanza di tela

Luce opaca, colori olio su tela

un piccolo specchio alla tela

un letto di note antiche su tela.

Ginocchia sul letto come pietre angolari

seni battiti d'ali

capelli furia di nera mandria selvaggia

labbra di occhi innamorati

urti come teneri schiaffi

grida di dolci carezze.

3 Ottobre 2009

 

 

 

 

 

Femmina

Pervaso dal benessere
sento un eco in cavità,
come suono che risuona nei timpani
alle grida di festa.
Penetra la tua femminilità
passa tra ventre e dorso, 
dipinge occhi di pace con la sua grazia.
Vivo entropico e gassoso
tra tetti di nuvole e piastrelle di terra rossa.

1  Ottobre 2009

 

 

 

 

La luna sull'acqua

La donna,

mare in notte d'autunno

liquida e distesa.

L'uomo,

luna in punta di piedi

spalle grandi e ventre piatto.

Donna mare che indossi

la camicia del tuo uomo luna

distesa, ti lasci sbottonare

dallo sguardo del tuo uomo luna

che ora si tende e stende.

 

26  Settembre 2009
 

 

 

 

 

 

L’ulivo

Un maturo albero verde
ci tiene ai suoi piedi
come la madre i figli alle gambe.
Un silenzio di prati onda
stringe e circonda
come un eco chiassoso che inonda.
Un vento rorido accarezza la pelle sorniona
sotto un cielo rosso che in lontananza tuona
riflesso di quel telo rosso su cui risuona
l’amore e il gregge che da lontano i campanacci suona.
Abbraccio la tua essenza facendola prigioniera

senza alcuna possibilità di evasione

intorno pareti di ulivi, siepi e bianche rocce
natura di uno sguardo dolce ma forte
di quelli che poi ricordi
su cui pensi, rifletti e poi non dormi.

 

20  Settembre 2009
 

 

 

 

 

 

Tu

Tu, Poesia cuore caldo

caldo liquido seminale,

disegnami con la tua lunga lingua a punta

rima stretta e unta.

Tu, Poesia madre

colostro e latte di bianchi seni trulli,

colorami di liquide passioni.

Tu, Poesia paura fredda

incidimi alla tua clitoride solitudine,

cancellami di pioggia

scrivimi in gioiosi pianti e strilli.

 

14  Settembre 2009
 

 

 

 

 

  

L'estate

Sboccia il sole tra le nuvole

profuma di corpi caldi oleati

distesi, riposati, bagnati e poi sudati,

disincantati, magari innamorati.

E' estate, le nudità sono vibrazioni

gli spazi si popolano di passioni

le dita vivono tra pagine di libri in erezioni

sfogliano, distendono e liberano emozioni,

crollano le rigide protezioni

sudano e traspirano le sensazioni

che computano liberazioni.

Strillano le repressioni,

funzioni di relazioni bagnano di commozioni.

 

05 Settembre 2009
 

 

 

 

 

 

Il cielo in una stanza

Accarezzo i tuoi capelli 
come calda terra di campo,
mangio il tuo petto di pane
con olio e sale
mentre si profuma la carne
alla saliva che bacia e bagna.
Tra noi vento, silenzio e nuvole
un monte come tavolo
le sedie sono nuvole.
Corrono tra le lancette di un tempo incantato
pezzi di vita cuciti tra futuro e passato
così ti ho indossato
e tra le costole ti ho incastrato.

30 Agosto 2009
 

 

 

  

 

L'atto

Gli odori incantano

i dolori si placano

le forze si spalmano.

Le scarpe si slacciano

i vestiti ripiegano

le carni avanzano.

Ti prendo, ti stendo

ti sbatto e ti ribatto

ti ovatto e ti allatto

nel tuo piacere mi incravatto.

Rivestito delle tue paure

le strappo, poi ritratto

così mi incarto, ne prendo atto.

Ti risbatto e gridi

mi bagni e ridi.

 

25 Agosto 2009
 

 

 

 

    

 

Il mare

Risa di creature nascoste in gabbiani bianchi,

su un materasso di sabbia piatta

tra cuscini di schiuma bianca ovatta

i gemiti di un vento, che veemente

sbatte e ribatte il mare.

Un aquilone gioca con dei fanciulli

una coppia si tiene per mano senza toccarsi

il poeta si perde in particolari astrali

una conchiglia si rotola in disegni ancestrali

il pittore immagina suoni orchestrali

mentre dipinge gerani rossi al mare

con sua figlia batuffolo rame

che lo tiene tra la terra e il mare.

 

23 Agosto 2009
 

 

  

 

  

Alda Merini

Capelli di mare in tempesta

occhi di seno che allatta

bocca donna nuda, che cammina

sola in casa tra parole di silenzio.

Naso di una bambina che colora

braccia di lunghe vite che si intrecciano

in una speranza sola.

Gambe di maestre che parlano e si distendono

ventre liquido, che si ghiaccia

per sciogliersi tra mani calde.

 

20 Agosto 2009
 

 

 

 

 

 

La prematura morte

Sono andato al mercato
e troppi sguardi estinti
tra carni ancora rosse, vociavano:
i girasoli non parlano
gli ulivi non leggono
il mare non scrive
le liriche non guardano
gli uccelli non sorridono
la terra non piange
le lacrime non profumano
le case non respirano
le nuvole non sono case
i colori acquerello non toccano la faccia
i colori pastello non sono le risa
il tramonto e l’alba non sono i colori rosa acquerello e rosa pastello

il 12 non è una dozzina di rose

e l’amore non è il sapore della vita.


14 Agosto 2009
 


 

 

 

 

Pareti di cielo rosa

In una stanza senza pareti,
con colori pastello ai piedi,
vedo un cielo rasato, bianco e rosa,
noi avvolti tra teli, celeste e rosa,
mentre succhio la tua bocca rosa.
Una rosa di vento, i seni
l’acqua di rosa, le mani
rosa di terra, le gambe
due pietre di rosa, i piedi.
In una stanza senza pareti
rose tra i riccioli neri
profumano d’India.

13 Agosto 2009

 

 

 

 

 

La sera

Due corpi carichi
scintillano come fuoco
prima della fiamma.
Poi la fiamma,
forza tra forze
calore su colore
luce stretta che vibra e danza, avanza.
La luce artificiale si fioca,
il fuoco divampa,
il fiore si avvampa,
al fuoco si accampa
farina, sale e acqua santa.
Lo spazio si curva,
il cucchiaio si bagna,
la bocca si campagna,
il piacere si spalma come l’ormone di una cagna,
l’amore scampagna
e il delirio soffia la fiamma.

12 Agosto 2009

 

  

 

 

 

 

La scoperta

Ricercatore randagio,
cammino in riva al mare
alla ricerca di tutto,
la pragmatica di quei corpi seminudi
dava ai miei occhi lunghe espressioni d’oriente
che nascondevano pensieri confusi tra nitide idee.
Intanto, l’acqua mi bagnava i piedi sino alle caviglie
e granelli di sabbia chiudevano
le circolari bocche umide dei miei pori
mentre la luce del sole vi brillava su.
Camminavo in riva al mare,
le piante in un filo d’acqua
e i mille cristalli di sabbia chiara sulla parte superiore
davano ai miei piedi una nuova dimensione:
una coppia di amanti che nudi
si rincorrevano su un filo d’acqua
sotto un cielo estivo zeppo di giovani stelle.

11 Agosto 2009

 

 

 

  

 

MF (Maria Francesca)

Vive in me,
è il mio organo multiplo.
Con lei mi gonfio nei respiri
prendo l’ossigeno e penso.
Da lei prendo la dolcezza
regola i miei battiti autistici,
dolcemente circola e mi nutre.
Con lei discuto tra sapori
divido il bene dal male
prendo l’energia e penso.
Da lei leggo la gioia,
scrivo la vita, ripenso
cancello e coloro la vita,
lei è tra me e la vita.

10 Agosto 2009



 

 

 

 

 

  

 

Passaporto per un viaggio

E’ l’imbrunire,
un’altra fibra di questa vita
si è illuminata, come bruciata.
Questo curvo piano spazio-tempo
è isomorfo ai tuoi capelli,
ogni capello un luogo,
ogni capello un tempo.
Nei tuoi capelli
presente, passato e futuro,
la terra e il mare,
i monti e il cielo.
Lasciami accarezzare i tuoi capelli,
voglio solo uscire dal mio corpo.

9 Agosto 2009


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tu, tra me e la vita


Donna tra le labbra,
madre tra le gambe,
figlia tra le braccia,
fiore tra i pensieri.
Tra la madre e la figlia
un ventre,
tra la donna e il fiore
dei piedi nudi.
Poi, piedi e gambe,
ventre e braccia,
labbra e pensieri,
scrivono congiunzioni,
fondono sensazioni,
si collegano le relazioni
tra me e la vita.

8 Agosto 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il pomodoro

Tondi e appuntiti,
rossi e saporiti.
Luglio e agosto
ti assaporano con olio e sale.
Lunghi e affusolati,
duri ma delicati,
rossi e saporiti.
Seni tondi pomodori,
gambe lunghi pomodori,
ventre semi pomodoro,
labbra rosso pomodoro.

7 Agosto 2009



 

 

 

 

 

 

 

La casa di acqua e sale

Brevi sussulti di un eco marino,
pareti bianchissime,
infissi pastello
dipinti acquerello.
Un sapore mediterraneo dal sud
dipinge archi e linee.
Tra le pietre di terra e sudore
pazze particelle d'amore.
Impazzano nell'aria,
esalano dai pori dell'intonaco,
vibrano, risuonano e suonano
nel cuore di queste casse armoniche stanze.

Agosto 2009

 


 

 

 

 


 

 

 

Nido di ovatta arancio

Liriche di campane antiche
entrano dalla finestra,
tra i coppi vecchi il sapore del dì di festa.
Pareti di colore sole si guardano,
i solai di ovatta si toccano.
Le tende vivono in leggeri battiti d’ali,
il sapore del colore arancio
disegna una poesia nel cuore e nel vissuto.

4 Agosto 2009

 

 

 

 

 

 

Forme e tessuti

 

Nuda sdraio di carne viva,

leggera piuma curva

manifesto di corpo supino a letto

concavo da triangoli rettangoli di braccia e schiena.

La pelle liscia e tesa,

tessuta con bocche circolari

che tendono le labbra e respirano.

Occhi neri che guardano,

silenzi che strappano,

bocche calamite che si orientano

nel campo magnetico dei miei occhi.

Punte a volta che puntano,

sparse punte basse e due punte alte,

acquerellano una curva piuma di carta vetrata..

 

2 Agosto 2009

 

  

  

 

 

 

Autobiografia

Era una notte di luglio
l'aria era zuppa di umidità
dalla finestra si udivano schiamazzi di bambini
in cucina piatti suonare,
da lontano fuochi muti dipingevano il cielo.
Poi entrasti tu,
muto vestito di lino,
nudi piedi muti e occhi neri,
chiudesti la porta legna e muto venisti verso me.
L'aria calda si illuminava
come popolata da scintille saltellanti
corone di rosse labbra tramonto.
Spalle larghe come il mare,
braccia lunghe come moli
pronti ad accogliere barche da attraccare.
Lo sguardo caldo e latino
i profumi di oriente
e le mani lunghe di occidente.
Le gambe tornite come marmi pregiati
ora lo portavano a me
liquida foglia per i suoi rami duri
lunghi e spogli archi di ferro nero misto a rame rosso.

 

27 Luglio 2009

 

 

 

 

 

 

Il mare

Una carnosa lingua di sale
si cala tra strette labbra di acqua dolce,
entra curvilinea
si dissolve e tocca ogni molecola d'acqua.
 

26 Luglio 2009

 

 

 

 

 

Notte di mezza estate

La pelle calda
contrasta il respiro freddo,
i vivi capelli lunghi
gli occhi chiusi e la bocca socchiusa.
Ti muovi tra lino bianco,
stanca del giorno
desiderosa della notte.
Dormi, irrequieta, libera,
delicatamente indifesa.
Spalle nude,
lenzuola che toccano i fianchi,
le braccia posano morbide
come la nuca sul cuscino..

 

19 Luglio 2009

 

 

 

 

 

Una cipolla mi ha irradiato gli occhi


Le lacrime sembrano descrivere
quelle lunghe parole contadine,
che narrano della terra e del sole
della luna e delle maree.
La spoglio,
come una donna timida,
mostra i suoi colori
racconta la sua fragilità
trasmette la bontà del pianto
la nudità dell'anima
il sapore dell'intimo
la bocca della terra
il sorriso dei fiori
il profumo del sudore del contadino
quell'acqua che la moglie porta al marito assetato e stanco contadino.
Provo ad accarezzare la sua pelle liscia,
sembra quasi carne viva,
pulsa e parla,
in onde si manifesta
nel pianto è la sua festa.

 

14 Luglio 2009



    

 

 

 

Il bacio in acqua

 

Una riga uniforme d'acqua e due colonne,
una maschio e una femmina.
Si innalzano vicine e parallele,
come due alberi che si amano.
Si toccano e si intrecciano,
come un dito bagnato accarezza l'ombelico.
Si inarcano tra loro
ma solo le sommità si toccano,
si baciano..

 

11 Luglio 2009

 

 

 

 

 

 

Il rumore del silenzio

 

Cadono come pietre antiche sull'acqua
una collana delle tue lacrime.
Niente rumore assordante,
solo una pioggia penetrante,
una scala metà sopra e metà sotto l'acqua.
Umido di pianto mi inarco,
leggo l'elica genetica della tua essenza,
tra costole orizzontali,
dal ventre ai colli,
scrivo la tua storia.

 

Luglio 2009

 

 

 

   

 

E' estate

   

Una mano, veloce,
sfiora la fresca scrivania,
scrive e disegna stadi emotivi.
Anche la penna corre veloce,
mentre il foglio resta fermo e si lascia bagnare.
L'odore dell'inchiostro esala,
l'emozione che nasce, si colora e si conserva.
Il bianco della carta e la china
la porterà in grembo,
come una giovane madre,
in attesa di una lettura che la prenderà tra le braccia.

 

26  Giugno 2009

 

 

 

 

 

La foglia

  

L'aria è caldo-umida,
il mio corpo stanco
sembra quasi una foglia verde,
staccatosi dal giorno
è caduto sul letto
ancora verde e curvo.
Senza sostegno, muto,
pieno di linfa vitale,
mi muovo su questo letto,
come fosse acqua per la foglia.

 

20  Giugno 2009

 

 

 

    

 

A Raffaele
 
In silenzio,
ti sei alzato in punta di piedi,
come un gabbiano ipotetico.

 In silenzio,
questa città ti è stata vicina,
come in una corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote degli umani.

In silenzio,
sol chi non lascia eredità d’affetti
poca gioia ha dell’urna.

  In silenzio,
ti vogliamo bene.


Libera Democrazia

20 Maggio 2009
 

***

 

Raffaele,

non più da te, dolce amico,

udrò il verso
e l'armonia che lo governa.
Già manchi.

  

Il Partito della Rifondazione Comunista

20 Maggio 2009

   

 

 

 

 

 

Van Gogh

 

Il buio che mi circonda

sembra un po' di nero tra colori pastello.

La mente canta silenzi,

gli occhi, dipingono carezze,

tra pennelli di lunga ciglia

umidi di acquerelle lacrime.

Una mano, come vento,

mi accarezza i pensieri,

mi copre la pelle,

scrive il domani e cancella il presente.

 

10  Giugno 2009

 

 

 

 

A letto

  
Candore bianco e soffice,
muto il contorno, mi poso,
così riposo.
Pelle calda e mani fredde,
labbra secche e bocca umida,
cuore rosso e cielo grigio,
tu sopra e io sotto,
così il colle bacia la valle..

 

1 Giugno 2009

 

    

 

 

 

 

Domenica

Labbra rosse come campo di papaveri

seni erti come palma nana

capelli lunghi e caldi

quasi fossero la terra che li ospita.

Occhi tristi, ma che si illuminano,

come la terra che sente

le mani dell’uomo

che la nutre, la tocca

così ti lasci arare e poi amare.

 24 Maggio 2009

 

 

 

 

 

Cielo

La bocca è della mezza luna,

il naso è di bianca nuvola,

gli occhi delle nuvole di stelle...

     

17 Maggio 2009

 

 

 

 

 

Cala Campi

Leggera, come la tua schiuma bianca,

forte, come un'onda grande,

profonda, umida, salata e chiara come una cala,

grande e misteriosa, come l'orizzonte.

Tempestata di nei come questi sassi,

rotonde quelle isole sono seni,

ti vedo muovere libera, come presa dal vento,

mentre mi immergo tra le tue particelle...

 

2 Maggio 2009

 

 

 

 

 

Dissonanze molecolari

 

Ci sono occhi che sembrano
bocche affamate,
labbra rosse che sembrano
sguardi profondi.
Ci sono seni di fragole,
fragole che pungono
come umidi seni.
Ci sono attimi che sembrano
tempi indefiniti,
momenti bui che aspettano
solo la tua luce..

 

 25 Aprile 2009

 

 

 

 

 

Tra stelle liquide le mie mani agitano il buio della notte.

 

14 Aprile 2009

 

 

 

 

 

Matrici bianche

 

 

Queste righe fatte di tante colonne unitarie

non potranno mai descrivere questo mio desiderio

di carne bianca e di miele e latte sotto la lingua.
Il desiderio di quel collo torre d'avorio,

di quel petto tutto d'avorio, tempestato di zaffiri..
   

9 Aprile 2009

 

 

 

 

 

 

Stavo osservando che

esistono spazi vuoti in cui c'è materia e materia in cui invece c'è il vuoto dentro.
Vedo come la poesia nel vuoto mi dipinge il ventre:
come una tempera color pastello,
queste mani son pennello.

 

26 Marzo 2009

 

 

 

 

 

Il faro

 

 

Sento la costa,

mentre il mare,

lungo e agitato,

si scaglia contro

tra insenature e prosperità.

Tra il mare e la costa

un faro di luce bianca che ruota e salva.

Quel faro sei tu.

 

22 Febbraio 2009

 

 

 

 

 

 

Sole e altre stelle

  

Piccola,
ti scrivo mentre ancora sento l'eco delle tue lacrime che risuonano a contatto con le piastrelle....
Ti sento dolce e delicata,
come quella bimba che porterà il mio sangue oltre questa mia breve vita terrena.
Ti rispetto per questo, perché mi conosco e quindi cerco di darti il meglio di me.

Non voglio sbagliare ancora e sempre,
non voglio farti del male,
voglio solo amarti offrendoti il meglio di me..... ma gratuitamente, spontaneamente,

senza false illusioni o previsioni.
Detesto quelle solite pie illusioni che la vita ci regala ogni giorno...
Sono affascinato, invece, dalla tua dolcezza, dalla tua insostenibile leggerezza,

dalla tua sicurezza nella bontà delle cose e della vita.
Sì, sei un essere speciale,
sei diversa da questo ipermercato di carni e ossa che si vendono a buon mercato.
Sei forse solo una Donna,
una donna che vive il verbo nella sua autentica e semplice narrazione:
"L'Amore che muove il sole e le altre stelle.."

 

 

20 Febbraio 2009

 

 

 

  

 

 

 

Piove

 

La pioggia cade,

sembra una cesta di frutti

che maturi e grossi

vengono giù dall’albero della vita.

Questa frutta di sapori,

ricca e liquida,

cade senza remore,

senza risparmiare la terra,

senza paracadute,

come un tuffo ovattato

tra soffici onde marine…

 

26 Gennaio 2009

 

  

    

 

 

Slanci di vita

Leggeremo le culle
ascolteremo le finestre
canteremo i pascoli
piangeremo la gioia
scriveremo la pace.

Nasconderemo i laghi
scopriremo le montagne
stringeremo il mare
vivremo il tempo tra la luna e il sole.

14 Gennaio 2009

 

 

 

  

 

L'Antico Palazzo

Le pietre di tufo sembrano vive,

gialle come fossero assolate,

ruvide come il vissuto.

Tra queste pietre di tufo,

come il cemento che le tiene,

mi incastro alle tue grazie,

calde come fossero assolate,

tenere e soavi come il vissuto...

   

9 Gennaio 2009

 

 

   

   

La Punta

 

Guarda oltre quel muro,

c'è una macchia verde,

uno sfondo grigio e un mare blu.

Guarda bene oltre quel muro,

guarda, c'è un triangolo di cemento

tra scogliere basse e piatte.

Quel triangolo

è la punta della penna

che scrive la terra sul mare.

Oggi, in quel punto,

mentre ascoltavo le voci della sera,

mi sono prima seduto e poi sdraiato.

Come una punta appunta una superficie piana,

così quella punta ha inciso il mare

con la terra verde che scuoteva e reggeva.

 

30 Dicembre 2008

 

   

 

 

 

Sento te

 

 

Sento te,

che ami le forme della vita racchiuse nelle galassie delle forme.

Sento il fuoco della legna che arde,

le fiamme che diventano carezze,

il suono di un calore che viaggia come la luce nello spazio

come le nuvole nel semispazio,

come la macchina tra i colli, come il mio senno dal finestrino della macchina.

Sento la tua voce che canta leggere prose,

che respira,

che cerca il fresco piacere dell'aria fredda che tocca la gola calda.

  Sento Noi due,

come due atomi pazzi d'amore che si amano saltando da un monitor all'altro

Sento l'anima tua che accarezza la mia cute,

la mia pelle che innamorata si accende e si alza sulle punta dei piedi.

Sento te,

come se tu accendi il giorno e spegni la notte.

Come fossi una foglia d'acqua sulla cute in un pomeriggio afoso estivo,

così ti lasci andare... sulla mia pelle,

come fuoco libero nell'aria,

come liquida,

come pioggia che innaffia,

come scintille che saltano e gridano,

come energia che scoppia,

come vento che soffia,

come il poeta che succhia l'anima e graffia,

come il pittore che guarda, soffre e prende i colori e li gonfia.

 

    

 26 Dicembre 2008

  

 

 

      

 

   

  

Ode e aroma alla vita che sale

I tuoi occhi sono due labbra di rosa,

il tuo naso una spina di rosa.

I capelli neri e lunghi,

una pioggia di petali caldi e dolci che cadono.

La tua bocca è la via del campo

che porta alla luce di una rosa

che nasce e che cresce

per essere solo amata.

 

5 Ottobre 2008

       

              

 

 

 

 

 

Mora

Le pietre bianche

abitano la punta delle sue lunghe dita.

La sua bocca è ormai

tutta ricoperta di porpora rossa.

La sua pelle è olivastra e scura

ricca e stellata

notte estiva e mediterranea.

La matita che tocco

ha penetrato le sue nere narici.

 

Agosto  2008

 

 

 

 

 

 

 

Analisi

Cercai nuove forme
in geometrie non euclidee.
Cercai nuove ottiche
in spazi oscuri e distorti.
Cercai zampilli di acque in deserti aridi e caldi.
Cercai semplici equazioni esistenziali
in matematiche complesse.
Cercai la mia vita
e trovai la tua.


25 Aprile 2008

 

  

 

 

 

Un "biosensore" di attimi

Un soffio di vento
accarezza un prato in fiore
ed un attimo diventa poesia.

 

Aprile 2007

 

 

 

 

 

 

La mia rosa

Le tue gambe sono i suoi lunghi steli
il tuo seno le sue pungenti spine
le tue braccia le sue accoglienti foglie
i tuoi capelli i suoi soffici petali
il tuo viso il suo saporito nettare.
 

 

 

 

 

 

  

   

L'Istruzione è la più alta difesa della Libertà.

Osservazioni

    

Se una scuola di analisi funzionale produce una equazione integro differenziale per descrivere e comunicare una realtà, allora in essa, come in tutti i linguaggi formali, esistono elementi di sintassi, semantica e pragmatica.

Se una scuola di pittura o letteratura produce una corrente artistico-letteraria che descrive e comunica la realtà, allora in essa, come in tutti i linguaggi formali, esistono elementi di sintassi, semantica e pragmatica.

Gli uomini al cospetto di un quadro o un testo letterario sono sottoposti a una diversa pragmatica funzione del loro vissuto, così come una equazione differenziale è funzione delle sue condizioni al contorno. Nella risoluzione di un dipinto, di un testo letterario o di una equazione differenziale, quindi, chi determina la soluzione sono le condizioni al contorno

Allora, il quesito è:  Se in tutte le scienze umane esiste un unico modello descrittivo generale, che racchiude in se regole di sintassi, semantica e pragmatica, nell’animo umano quale è la diversità comunicativa esistente tra un dipinto, una poesia, un testo e una equazione integro differenziale?

 

Nunzio Cennamo, 8 Dicembre 2008

 

 

   

  

 

 

 

"...è da tempo che per lavoro non riesco a scrivere piccoli bit orientati ai tuoi muti sorrisi chiassosi, 

alle tue leggiadre musiche antiche e ai dipinti dei tuoi occhi neri caldi e ricchi al cuore.

Se solo questo tempo digitale potesse codificare quel che provo ora,

qui, al tuo virtual cospetto... ne saresti complice."

 

 

 

 

   

 

 

Paura dei tuoi occhi

 Paura dei tuoi occhi, di quel vertice puro entro cui batte il pensiero, paura del tuo sguardo nascosto: velluto d'algebra col quale mi percorri, paura delle tue mani: calamite leggere che chiedono linfa, paura dei tuoi ginocchi: che premono il mio grembo e poi ancora paura sempre sempre paura, finché il mare sommerge questa mia debole carne e io giaccio sfinita su te che diventi spiaggia e io che divento onda che tu percuoti e percuoti con il tuo remo d'Amore.

Alda Merini

   
 

Lirica Antica

 

Caro, dammi parole di fiducia
per te, mio uomo, l'unico che amassi
in lunghi anni di stupido terrore,
fa che le mani m'escano dal buio
incantesimo amaro che non frutta...
Sono gioielli, vedi, le mie mani,
sono un linguaggio per l'amore vivo
ma una fosca catena le ha ben chiuse
ben legate ad un ceppo. Amore mio
ho sognato di te come si sogna
della rosa e del vento,
sei purissimo, vivo, un equilibrio
astrale, ma io sono nella notte
e non posso ospitarti. Io vorrei
che tu gustassi i pascoli che in dono
ho sortiti da Dio, ma la paura
mi trattiene nemica; oso parole,
solamente parole e se tu ascolti
fiducioso il mio canto, veramente
so che ti esalterai delle mie pene.

Alda Merini

    

 

 

 

 

  

     

 

 

 

 

 

Mosca, 1959
  

Ti amo come se mangiassi il pane spruzzandolo di sale
come se alzandomi la notte bruciante di febbre
bevessi l'acqua con le labbra sul rubinetto
Ti amo come guardo il pesante sacco della posta
non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia
pieno di sospetto agitato
Ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo
Ti amo come qualche cosa che si muove in me

quando il crepuscolo scende su Istanbul poco a poco
Ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.
 
Nazim Hikmet

 

 

 

1949


Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d'estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.

 

Nazim Hikmet

 

 

       

  

 

    

 Da "I versi del capitano"

Pablo Neruda

 

L'infinità

Vedi queste mani? Han misurato
la terra, han separato
i minerali e i cereali,
han fatto la pace e la guerra,
hanno abbattuto le distanze
di tutti i mari, di tutti i fiumi,
e tuttavia
quando percorrono
te, piccola,
grano di frumento, allodola,
non riescono a comprenderti,
si stancano raggiungendo
le colombe gemelle
che riposano o volano sul tuo petto,
percorrono le distanze delle tue gambe,
si avvolgono alla luce della tua cintura.
Per me sei un tesoro più colmo
d'immensità che non il mare e i grappoli,
e sei bianca e azzurra e vasta come
la terra nella vendemmia.
In questo territorio,
dai tuoi piedi alla tua fonte,
camminando, camminando, camminando,
passerò la mia vita.

 

Il vasaio

Tutto il tuo corpo ha
coppa o dolcezza destinata a me.

Quando ascendo la mano
trovo in ogni luogo la colomba
che mi cercava, come
se ti avessero, amore, fatta d'argilla
per le mie mani di vasaio.

Le tue ginocchia, i tuoi seni,
la tua cintura
mancano in me come nel vuoto
di una terra assetata
da cui staccarono
una forma,
e uniti,
siamo completi come un solo fiume,
come una sola arena.
 
  
I tuoi piedi

Quando non posso guardare il tuo volto
ecco, guardo i tuoi piedi.

I tuoi piedi d'osso inarcato,
i tuoi piccoli piedi duri.

lo so che ti sostengono,
e che il tuo dolce peso
su di essi s'innalza.

La tua cintura e i tuoi seni,
la duplicata porpora
dei tuoi capezzoli,
la scatola dei tuoi occhi
che hanno appena volato,
la bocca ampia di frutto,
la tua chioma rossa,
piccola torre mia.

Ma non amo i tuoi, piedi
se non perché camminarono
sopra la terra e sopra
il vento e sopra l'acqua,
fino a che m'incontrarono.
  
 
Le tue mani

Quando le tue mani vengono,
amore, verso le mie,
cosa mi recano volando?
Perché si son fermate
sulla mia bocca, d'improvviso,
perché le riconosco
come se allora, anzi,
le avessi toccate,
come se prima d'essere
avessero percorso
la mia fronte, il mio fianco?

La loro morbidezza veniva
volando sopra il tempo,
sopra il mare, sopra il fumo,
sopra la primavera,
e quando tu posasti
le tue mani sul mio petto,
riconobbi quelle ali
di colomba dorata,
riconobbi quella creta
e quel colore di frumento.

Gli anni della mia vita
camminai cercandole.
Salii le scale,
attraversai le scogliere,
mi portarono i treni,
le acque mi condussero,
e nella pelle dell'uva
mi sembrò di toccarti.

Il legno d'improvviso
mi recò il tuo contatto,
la mandorla m'annunciava
la tua morbidezza concreta,
finche si chiusero
le tue mani sul mio petto
e lì come due ali
terminarono il loro viaggio.
   
 
Il tuo sorriso

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l'aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.

Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l'acqua che d'improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d'argento che ti nasce.

Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d'aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.

Amor mio, nell'ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d'improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.

Vicino al mare, d'autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.

Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell'isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l'aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.
 
  
Assenza

Appena ti ho lasciata,
vieni con me, cristallina
o tremante,
o inquieta, da me ferita
o colmata d'amore, come quando i tuoi occhi
si chiudono sul dono della vita
che senza cessa ti affido.

Amore mio,
ci siamo incontrati
assetati e ci siamo
bevuta tutta l'acqua e il sangue,
ci siam trovati
affamati
e ci siam morsi
come morde il fuoco,
lasciandoci ferite.

Ma attendimi,
conservami la tua dolcezza.
io ti darò anche
una rosa.
 

Pablo Neruda

 

    

   

 

Caracol

 

"La lumaca costruisce la delicata architettura 

della sua conchiglia aggiungendo una dopo l'altra 

delle spire sempre più grandi..."

Ivan Illich

 

               

     

Caffè letterario

   

Il tavolo è posto tra noi due, è sito in un angolo in cui si vede il camminare, è tra quattro fasi del giorno di Don Chisciotte che, appesi ai quattro angoli del luogo, ci mirano in silenzio. Abbiamo appena ordinato due caffè, di cui uno macchiato, due torte con le fragoline e un bacio. Quest’ultimo ce lo siamo già servito.

Le torte sono arrivate: rosse… appetitose…. più invitanti che mai. Eguaglieranno mai la dolcezza del bacio appena assaporato? Il mattino ha un altro sapore se trascorso così… soprattutto se strappato dal suo corso ordinario.

La mia sensazione, che vorrei narrare, è che siamo come stretti da una corona forte e dolce che ci avvolge ai piedi del costato. Quasi ci toglie il respiro. Siamo come ossigenati da sapori mai provati.

La gente qui intorno sembra pura coreografia.

   

Caffè Gambrinus

 

 

 

    

      

Lentamente, rincorre e poi scorre.

 

 

 

Cara Iris......come stai?

Volevo scriverti tante cose....  Le mani scorrono ed affondano su questa tastiera molle.... sembra quasi di toccare il tuo ventre caldo e molle..... Penetra ma non troppo... al tatto tutto appare delicato ed elastico.

Ineluttabile cerco tra le parole quanto la vita mi ha regalato..... ma giammai riuscii ad elevare i testi ai resti della mia vita, che come un’elica si avvolge..... Si avvolge e muove le acque in moti laminari che..... sembrano disegnare strani canti lirici…. che come pianti..... emozionano e lasciano il cuore restringersi, intrecciarsi, fino a stare male...

Si soffoca avvolti da quelle spire che sempre più grandi risucchiano e succhiano l'esistenza fino alla aitante morte che arriva in punta di piedi.

Allora, tutti si ricorderanno che eri e che fosti... e che sei più…. e che sei più dell'ordinario e che non ci sei più.

Provo a raccogliere quello che resta dopo il risucchio..... dopo che il vortice della carità mi ha trafitto ancora l'anima e.... nulla più mi turba perché ho visto l'Amore negli occhi e non ho abbassato lo sguardo.

 

 

    

  

            

Metodo THOR. La scienza già ha risolto la questione rifiuti.

Perché la politica non lo utilizza?

  

Alla luce del recente piano Di Gennaro che di fatto conferma la volontà di risolvere il problema rifiuti con l’apertura dell’inceneritore di Acerra,  “napolinord.com” ha intervistato in esclusiva l’ingegnere Nunzio Cennamo, ricercatore presso la Facoltà di Ingegneria della Seconda Università di Napoli. Con lui cercheremo di capire quali sono le cause di questa crisi e le possibili soluzioni. Il metodo THOR per il riciclo completo dei rifiuti domestici è una tecnologia tutta italiana  e si basa su di un processo meccanico e ad inquinamento zero. Resta da capire perchè chi gestisce le politiche ambientali non la sponsorizza adeguatamente.

  

1. Ingegnere, quali sono, secondo lei, le cause della crisi dei rifiuti in Campania?
In Campania e in generale nelle società occidentali il problema dei “rifiuti” non si può ridurre alla scelta di come e dove smaltire le masse improduttive, ovvero di come e dove fare discariche e inceneritori. Il nucleo di questo sistema complesso, infatti, risiede nel come e dove ridurre la loro massa a monte e a valle del ciclo produttivo.
Ridurre la massa improduttiva “a valle” significa intervenire a mezzo raccolta differenziata, mentre ridurla “a monte” significa limitare l’uso dei prodotti usa e getta ed incentivare la pratica del “riparare” e/o del “recuperare” in luogo a quella del “sostituire”.
E’ per posizionarsi su questa linea direttrice che da diversi anni le normative nazionali ed europee, a differenza dei regolamenti comunali presenti nelle nostre aree, indicano che le imposte legate ai rifiuti solidi urbani vanno determinate non in funzione dei metri quadri dell’abitazione ma della quantità di scarti effettivamente prodotta, scorporando, ovviamente, tutto quanto rimosso dagli scarti con l’uso della classificazione e del riciclaggio. In altre parole tutte le direttive europee immaginano la strategia delle “R“: Riduzione, Riciclo e Riuso.

  

2. Da più di un decennio la Campania sta costruendo l’inceneritore ad Acerra, lei pensa che questa sia la soluzione ideale per lo smaltimento dei rifiuti nella nostra regione?
In Italia il termine "termovalorizzatore" viene spesso usato, impropriamente, in luogo al termine “inceneritore”, ciò per dare un'accezione positiva all'impianto. In Italia gli “inceneritori” godono di finanziamenti pubblici mediante il meccanismo dei CIP6 sottraendo il 7% della bolletta ENEL che noi paghiamo, 7% che dovrebbe andare alle fonti rinnovabili ed   assimilate. In Europa, gli inceneritori non vengono finanziati ma addirittura tassati (Austria e Belgio).
Il problema delle masse improduttive indifferenziate può essere affrontato con  degli impianti che lavorano "a freddo" e vengono indicati con la sigla TMB (Trattamento Meccanico Biologico) che effettuano la digestione anaerobica della parte organica e la vagliatura delle parti secche.

  

3. L’inceneritore di Acerra potrebbe essere causa di tumori ?
Nell’inceneritore il processo termico avviene a temperature elevate (sopra i 1000  C) per cui  oltre ai  gas serra, alle diossine ed ai furani ecc. , vengono prodotte milioni di nanoparticelle, mille volte più piccole delle piu' note PM10, ma molto più pericolose in quanto capaci di entrare nelle parti basse dei polmoni, entrare nel circolo sanguigno e poi stazionarsi all'interno di un organo, non essendo biocompatibili possono produrre un'infiammazione che col tempo "potrebbe " trasformarsi in quelle che la moderna letteratura medica chiama "nanopatologie" che comprendono tumori, malformazioni fetali e malattie cardiocircolatorie a distanza di anni dall'esposizione. Infatti, essendo così piccole NON esistono filtri in grado di poterle bloccare.

  

4. Attualmente i  mass media vogliono farci credere che l’inceneritore è l’unica soluzione possibile, è davvero così?  Quali potrebbero essere le soluzioni alternative?
Un collega, Paolo Plescia, ricercatore dell’Ismn-Cnr, ha ideato il Thor (Total house waste recycling - riciclaggio completo dei rifiuti domestici). Questa tecnologia è stata ideata e sviluppata interamente in Italia e si basa su un processo di raffinazione meccanica (meccano-raffinazione) dei materiali di scarto “indifferenziati”, i quali vengono trattati in modo da separare tutte le componenti utili dalle sostanze dannose o inservibili.
Come un “mulino” di nuova generazione, l’impianto Thor riduce i rifiuti a dimensioni microscopiche, inferiori a dieci millesimi di millimetro. Il risultato dell’intero processo è una materia omogenea, purificata dalle parti dannose e dal contenuto calorifico, utilizzabile come combustibile e paragonabile ad un carbone di buona qualità.
Un combustibile utilizzabile con qualunque tipo di sistema termico, compresi i motori funzionanti a biodiesel, le caldaie a vapore e i sistemi di riscaldamento centralizzati. Infatti, le caratteristiche chimiche del prodotto che viene generato dalla raffinazione meccanica dei rifiuti solidi urbani, una volta eliminate le componenti inquinanti sono del tutto analoghe a quelle delle biomasse, ma rispetto a queste sono povere in zolfo ed esenti da idrocarburi policiclici.

 

5. Prima ci ha parlato di questa nuova invenzione scientifica, tutta italiana, THOR, ma cos’è di preciso? Potrebbe essere la soluzione per le eco-balle, che di “eco” non hanno nulla (perché si è scoperto che sono state prodotte con una procedura scorretta e non si possono neanche incenerire)?
Il Thor è un sistema di riciclaggio ideato proprio per l’indifferenziato. Il primo impianto THOR è stato già realizzato ed è attualmente in funzione in Sicilia, riesce a trattare fino a otto tonnellate l’ora e non ha bisogno di un’area di stoccaggio in attesa del trattamento; è completamente meccanico, non termico e quindi non è necessario tenerlo sempre in funzione, anzi può essere acceso solo quando serve, limitando o eliminando così lo stoccaggio dei rifiuti e i conseguenti odori. Inoltre, è stato progettato anche come impianto mobile, utile per contrastare le emergenze e in tutte le situazioni dove è necessario trattare i rifiuti velocemente, senza scorie e senza impegnare spazi di grandi dimensioni, con un costo contenuto: un impianto da 4 tonnellate/ora occupa un massimo di 300 metri quadrati e ha un costo medio di 2 milioni di euro.
L’impianto può essere montato su un camion o su navi. In quest’ultimo caso, la produttività di un impianto imbarcato può salire oltre le dieci tonnellate l’ora e il combustibile, ottenuto dal trattamento, reso liquido da un ‘pirolizzatore’, può essere utilizzato direttamente dal natante o rivenduto all’esterno.

 
6. Lei pensa che THOR potrebbe essere la soluzione anche per quei comuni , come Frattamaggiore, che hanno deciso di gestire autonomamente i rifiuti?
Credo, analiticamente, che la soluzione dei rifiuti debba essere ricercata in “soluzioni distribuite” più che in “mostri concentrati”. Occorre uscire da quel paradosso dell’uso intensivo degli inceneritori: si risparmia sullo smaltimento ma si aggravano i costi della sanità pubblica.
L’ente Comune dovrebbe ideare politiche locali per cercare di limitare gli scarti a monte ed a valle del sistema della produzione-distribuzione-consumo dei prodotti, per non usare l’uomo come anello utile a completare il ciclo naturale di conservazione delle masse attraverso l’inalazione delle nano-particelle prodotte dagli inceneritori. Il Comune dovrebbe inoltre lavorare per la definizione di un “modello analitico” che offra una equa proporzione tra l’uso del servizio di nettezza urbana e l’imposta versata, tutelando i diritti dei cittadini.
Credo che con l’aggiunta del Thor nella “catena” si potrebbe raggiungere la quadratura del cerchio; convalidata anche la soluzione per il trattamento dell’indifferenziato.
Come esempio di pratica operatività, consideriamo un’area urbana di 5000 abitanti che produce circa 50 tonnellate al giorno di rifiuti solidi. Con queste Thor permette di ricavare una media giornaliera di 30 tonnellate di combustibile, 3 tonnellate di vetro, 2 tonnellate tra metalli ferrosi e non ferrosi e 1 tonnellata di inerti, nei quali è compresa anche la frazione ricca di cloro dei rifiuti, che viene separata per non inquinare il combustibile. Il resto dei rifiuti è acqua, che viene espulsa sotto forma di vapore durante il processo di micronizzazione. Il prodotto che esce da Thor è sterilizzato perché le pressioni che si generano nel mulino, dalle 8000 alle 15000 atmosfere, determinano la completa distruzione delle flore batteriche, e, inoltre, non produce odori da fermentazione: resta inerte dal punto di vista biologico, ma è combustibile.

E’, forse, semplicemente, geniale.

 

www.napolinord.com, Sabato 26 gennaio 2008, Arcangelo Munciguerra  

  

          

    

  

Dopo la pioggia

    

Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l'arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.
È bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.
Però lo si vede - questo è il male -
soltanto dopo il temporale.
Non sarebbe più conveniente
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta,
questa sì che sarebbe una festa.
Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra.

           
 Gianni Rodari

          

        
 

           

  

" Una certa Resistenza non è mai finita. 

C'è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi... "

Enzo Biagi

    

  

 

      

Arriva, per chi guarda le piccole cose, le meravigliose…

…La Lumaca

 

Procede lenta nel rispetto dei geni,

ai confini del mare o in cima ai monti,

tra rocce bagnate da perle d'argento...

Raggiunta è la meta, il cuore è contento.

 

Tu, uomo che osservi, impara veloce

ad andar piano giacché il tempo vola

e, se poi vuoi goderne tutti i sapori,

rispettalo e gustalo a dosi minori.

             

      

PICCOLE COSE

         

Spunta qua e là

tra i sassi della strada

qualche ciuffetto d’erba

e qualche stelo.

Vi brilla su

una goccia di rugiada

e in quella goccia

si riflette il cielo.

Se guardi bene

le piccole cose,

trovi le grandi,

le meravigliose.

 

Lina Schwartz

 

 

     

Velo rosso

 

Come  lingua di fuoco

nell’aria svolazzante,

veemente ed intenso,

imprigiona l’istante.

Sensuale e fluttuante,

morbido e suadente,

sul mio corpo si adagia

e un brivido mi prende.

Gli occhi socchiusi,

la bocca fremente,

il tuo braccio avvolgente

al mio corpo  si fonde.

Ma un colpo di vento

mi ha tolto l’istante

e da un bacio mancante

la fiamma  si perde

 

      

 

 

      

DISCIPLINA E LIBERTA'

       

 

Associarsi a un movimento vuol dire assumersi una parte della responsabilità degli avvenimenti che si preparano, diventare di questi avvenimenti stessi gli artefici diretti. Un giovane che si iscrive al movimento giovanile socialista compie un atto di indipendenza e di liberazione.

Disciplinarsi è rendersi indipendenti e liberi. L'acqua è acqua pura e libera quando scorre fra le due rive di un ruscello o di un fiume, non quando è sparsa caoticamente sul suolo, o rarefatta si libra nell'atmosfera. Chi non segue una disciplina politica è appunto materia allo stato gassoso, o materia bruttata da elementi estranei: pertanto inutile e dannosa. La disciplina politica fa precipitare queste lordure, e dà allo spirito il suo metallo migliore, alla vita uno scopo, senza del quale la vita non varrebbe la pena di essere vissuta. Ogni giovane proletario che sente quanto sia pesante il fardello della sua schiavitù di classe, deve compiere l'atto iniziale della sua liberazione, iscrivendosi al Fascio giovanile socialista più vicino a casa sua.

 

Antonio Gramsci

             

 

       

La natura inumana

di UMBERTO GALIMBERTI

         
Abbiamo chiamato "madre" la natura nel tentativo di propiziarcela e abbiamo dimenticato che la natura è semplicemente indifferente alle vicende umane. Come dice il Tao Te Ching al capitolo quinto: "Il cielo e la terra sono inumani: trattano i diecimila esseri come cani di paglia". Ma che ce ne facciamo della sapienza antica noi, uomini della tecnica, che pensiamo, con i nostri dispositivi, di dominare il mondo? Questo delirio di onnipotenza ci rende immemori e ci fa dimenticare che le sorti dell'uomo non sono nelle sue mani e neppure sono protette dallo sguardo benevolo di un Dio, ma custodite nel segreto inaccessibile di una natura che Goethe, in un suo saggio sulla natura del 1783 descrive come una folle danzatrice che nella sua danza sfrenata perde gli uomini che gli sono aggrappati senza fedeltà e senza memoria.

Scrive Goethe: "Natura! Da essa siamo circondati e avvinti, né ci è dato uscirne e penetrarvi più a fondo. Ci rapisce nel vortice della sua danza e si lascia andare con noi, finché siamo stanchi e le cadiamo dalle braccia. Viviamo nel suo seno e le siamo estranei. Costantemente operiamo su di essa e tuttavia non abbiamo alcun potere sulla natura. La vita è la sua invenzione più bella e la morte è il suo artificio per avere molta vita. Non conosce né passato né futuro. Il presente è la sua eternità".

Per reperire un senso e salvarsi dall'indifferenza della natura, l'uomo ha inventato la storia. Prima come scenario di esseri superiori che ha chiamato Dio e dèi, capaci di propiziare la buona stagione, i frutti del raccolto, le condizioni del vivere. Ma anche Dio e gli dèi si sono rivelati impotenti, i sacrifici degli uomini li lasciavano indifferenti.
 

Fu allora che l'uomo, congedatosi dagli dèi e da Dio, prese a costruire argini e spesse mura e, imitando i processi della natura, tentò di arginare la sua potenza con la tecnica: tecnica medica per evitare, come dice Ippocrate, la morte evitabile, la tecnica ingegneristica per costruire difese che impedissero catastrofi, la tecnica previsionale che allontanasse il più possibile l'inquietudine dell'imprevedibile.

Rassicurato dalla sua mente e dai prodotti della sua mente interrogò Prometeo, che aveva donato la tecnica agli uomini, ponendogli questa domanda: "È più forte la tecnica o la necessità che governa le leggi di natura?". Prometeo, amico degli uomini e inventore delle tecniche, dà la sua risposta lapidaria: "La tecnica è di gran lunga più debole della necessità che governa le leggi della natura". Così riferisce Eschilo nel Prometeo incatenato, e Sofocle, di rincalzo, nell'Antigone dice che l'aratro ferisce la terra, ma questa si ricompone dopo il suo passaggio. Allo stesso modo la nave fende la calma trasognata del mare, ma le acque si ricompongono perché la natura è sovrana.

Noi abbiamo dimenticato la sovranità della natura che, al dire di Eraclito, "nessun uomo e nessun Dio fece" e, inebriati dai nostri dispositivi tecnici, abbiamo dimenticato la sua potenza. Fedeli esecutori del comando biblico che invitava Adamo al dominio della terra, abbiamo trasformato il suo uso in usura. E per il breve periodo delle nostre vite e dei nostri miopi calcoli economici forziamo la natura a essere risposta alle nostre esigenze oltre la giusta misura.

La terra per noi è diventata materia prima e niente di più, il suolo coltre da perforare per estrarre energia dal sottosuolo, la foresta legname da utilizzare, la montagna cava di pietra, il fiume energia da imbrigliare, il mare riserva da esplorare per futuri sfruttamenti, l'aria spazio ove scaricare i veleni rarefatti delle nostre opere.

Non c'è nessun nesso tra l'incedere impetuoso dei nostri dispositivi tecnici e lo sconvolgimento delle acque e delle terre in quell'area del mondo che è stata l'India e l'Indonesia, ma un monito sì. Non dimentichiamo la potenza della natura e non abituiamoci a pensare che essa altro non è che materia prima, o deposito di rifiuti. Il trattato di Kyoto attende ancora molti paesi, tra cui l'Italia, al rispetto della natura.

Migliaia di morti, soprattutto tra i dannati della terra, i più indifesi, semplicemente perché più poveri, perché hanno per casa quattro assi inchiodate e per vivere un dollaro al giorno. Sono sempre i più deboli che la natura elimina seguendo il suo principio della selezione. Ma se oggi la debolezza non è decisa dalla biologia, ma dalla ricchezza e dalla disponibilità economica, che complicità abbiamo con la ferocia della natura?

Queste sono le due domande che il maremoto nel Sudest asiatico ci pone: 1. Che rispetto abbiamo della natura noi, uomini della tecnica che la visualizziamo solo come materia prima?; 2. Che rispetto abbiamo degli altri uomini, e che soccorso diamo a loro noi, ricchi della terra, che ammiriamo la loro natura nel passatempo delle nostre vacanze? Se sapremo rispondere a queste due domande con serietà, non fermeremo né i terremoti né i maremoti, ma eviteremo almeno che, per gran parte dell'umanità, ogni sussulto della terra sia strage.
 

(La Repubblica.it)

               

 

             

Dateci i colori che le nostre lacrime

hanno dipinto mescolandosi alla terra

         

Lunga è la notte
e senza tempo.
Il cielo gonfio di pioggia
non consente agli occhi
di vedere le stelle.
Non sarà il gelido vento
a riportare la luce,
il canto del gallo,
il pianto di un bimbo.
Troppo lunga è la notte,
senza tempo,
infinita.

Peppino Impastato
 

 

                       

           

   

            

Dal Carcere di Regina Coeli

Roma, 12 Aprile 1944

 

 

Ai miei cari figli.

 

Amatevi l’un l’altro, miei cari, amate vostra madre e fate in modo che il vostro amore compensi la mia mancanza. Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli.

Siate umili e disdegnate l’orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita.

Muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la morte.

 

Pietro Benedetti

                     

            

Una pillola di Resitenza

di Giancarlo Pajetta

 

Il prigioniero politico Colombi era un ottimo carcerato, uomo vivo e militante, quando a Civitavecchia lo chiamavano 6840. Colombi era arrivato al tribunale speciale con le ossa fatte. Era già stato in galera, poco più che ragazzo, per essersi battuto contro i fascisti, aveva militato nel partito comunista italiano e in quello francese, aveva viaggiato e studiato ed era uno dei dirigenti del partito.

Sentiva il peso della sua responsabilità ed aveva una specie di fastidio invincibile per ogni forma di retorica; era sereno ed ottimista per sé e gli altri. Aveva organizzato la sua vita in carcere e voleva organizzare la nostra in modo che, osservando tutte quelle norme, che erano dei dati oggettivi della nostra esistenza, si potesse spezzare l’unica catena che sarebbe stata pesante davvero, quella dell’inerzia intellettuale e della rinuncia a lavorare, anche in prigione, per il partito.

Spesso polemizzavamo: io sostenevo che si poteva rischiare una punizione, rompere un anello della monotonia quotidiana violando un articolo del regolamento o prendendo in giro un secondino. Colombi non era d’accordo: sosteneva che rispondere ad una guardia era darle importanza e che i proletari non hanno bisogno di punzecchiare l’avversario. Era corretto, un detenuto modello, avrebbero potuto citarlo come un esempio di disciplina, ma c’era un piccolo ma, sentivamo che dove era lui ci sarebbe stata sempre resistenza, sempre organizzazione, che quelli che erano con lui sarebbero usciti comunisti se non lo erano e sarebbero diventati più comunisti di prima se lo erano già stati.

Leggeva con interesse libri di ogni sorta, ma era sempre padrone delle pagine, dei pensieri e dei libri che a volte sembrava avvinghiare i detenuti in un inestricabile groviglio. Studiava e organizzava lo studio. Viveva e lavorava non dimenticando mai, secondo un espressione abituale, di essere un proletario comunista.

Quando era malato a lungo e gravemente, gli misero accanto un vecchio piantone che aveva visto, in una vita turbinosa, tanto mondo e tante cose. Un giorno potei chiedere come stava 6840 ed il piantone: “ vuol far tutto da solo, gli secca di farsi servire. Sa tante cose, ma bisogna dire che un operaio resta sempre un operaio”.

E fu quello certo il complimento che poteva piacere di più a Colombi. Chiedemmo a Colombi di scrivere delle pagine sulla sua prigionia, così le scrisse, forse perché ha pensato che potessero essere utili, che altri compagni le avrebbero lette con interesse e profitto. E queste pagine sono, anche nello stile, diverse dalle “prigioni” degli altri, perché nessuno vive nella stessa prigione di un altro. Ma noi comunisti, qualunque sia la nostra provenienza, qualunque sia la nostra età, quali che siano gli impeti, le passioni, gli interessi particolari, siamo contenti di sentire che queste sono anche le nostre prigioni. Prigioni fatte di serenità e di fierezza, di solidarietà e di lavoro, di amore per la classe operaia, di disciplina per il nostro partito e di una immensa fede nella giustezza della nostra causa.

Leggendo queste pagine, ho ricordato un compagno che passava le ultime ore del carcere, dopo cinque anni di prigionia, leggendo i libri che fuori non avrebbero forse potuto trovare; ricordo i giovani che ci chiedevano se, dovendo rimanere solo due o tre anni con noi, avrebbero potuto imparare abbastanza; ricordo i nostri morti che se ne sono andati sereni come se avessero già visto la liberazione e le vittorie che riporteremo ancora.

Per questo credo che abbiamo fatto bene a chiedere a Colombi queste pagine e ha fatto bene lui a scriverle: per questo devono leggerle i compagni e tutti gli antifascisti. Sono una testimonianza di lotta prima che di sofferenza. Oggi, mentre leggo queste pagine migliaia di militanti nuovi hanno già una nuova dolorosa esperienza, e questo è triste per noi. Ma queste pagine escono dopo che centinaia e migliaia di comunisti hanno già dato nel sacrificio prova delle loro virtù. E questa è una cosa bella per noi, per noi vecchi carcerati di Civitavecchia, convinti che l’essersi comportati da uomini, da proletari, da comunisti, da antifascista ha trovato risposta in uomini, in proletari, in comunisti, in antifascisti.

 

 Crispano, 25 Aprile 2007

     

 

                  

RAIMONDO LULLO

e l’arte combinatoria.

  

L'opera di Raimondo Lullo, nato a Palma di Maiorca nel 1235, è innervata da spirito missionario . Dopo aver condotto una vita mondana , nel 1262 abbandona moglie e figli e decide di consacrarsi alla conversione degli infedeli . Studia l' arabo e la logica per potere affrontare con successo la discussione di problemi religiosi con i musulmani . Durante un pellegrinaggio sul monte della Verna , riceve una rivelazione sull'arte da impiegare per convertire gli infedeli . Appoggiato dal re di Maiorca , Giacomo II , fonda nel 1276 il collegio di Miramar per lo studio dell'arabo e la formazione di missionari. A partire dal 1274 compone moltissimi scritti filosofici, mistici e poetici, in latino e in catalano e alcuni anche in arabo. Dal 1280 compie vari viaggi in Asia e soprattutto in Africa , soggiorna più volte a Parigi , dove riceve il titolo di maestro delle Arti, ma essendo sposato e privo degli ordini sacri, non può diventare maestro in teologia. Nel 1292 diventa terziario francescano, ma l' università i papi lo appoggiano nei suoi programmi missionari. Solo il re di Francia, Filippo il Bello, gli manifesta qualche interesse e per lui Lullo scrive l' "Albero della filosofia di amore". Nel 1311 presenta una richiesta al Concilio di Vienne per far vietare l'insegnamento dell'averroismo, riprendere la crociata e creare collegi per lo studio delle lingue orientali. Solo quest'ultimo punto viene accolto e tali lingue diventano oggetto di insegnamento nelle università di Parigi, Bologna, Salamanca e Oxford e presso la curia papale. Ormai vecchio, Lullo intraprende un nuovo viaggio in Africa, dove, secondo una tradizione forse leggendaria , viene lapidato dalla folla; grave, é imbarcato su una nave genovese sulla quale muore nel 1316. Il problema di Lullo é trovare il modo di far accettare la verità rivelata a tutti coloro che consentono di collocarsi sul piano dell'indagine e della discussione razionale. A tale scopo, egli escogita una tecnica, esposta per la prima volta nel 1274 , in uno scritto intitolato "Ars magna", rimaneggiato più volte e riesposto in vari scritti posteriori. Il punto di partenza devono essere concetti fondamentali, noti a tutti e che nessuno può respingere. Essi sono rappresentabili mediante lettere e simboli, combinabili tra loro secondo determinate regole in modo da dar luogo a concetti complessi. Attraverso tutte queste combinazioni sarà possibile ricavare i principi di tutte le scienze e quindi tutte le verità possibili: nasce così quella che viene chiamata arte combinatoria, fondata sull'idea di un linguaggio artificiale e perfetto. Quindi, mentre per Aristotele i principi non si basano su dimostrazioni ma derivano dall'esperienza e dall'induzione, Lullo crede di risolvere ogni problema con precisione matematica: parte dal presupposto che ogni proposizione sia riducibile a termini e i termini complessi siano riducibili a più termini semplici o principi. Supposto di aver completato il numero di tutti i termini semplici possibili, combinandoli in tutti i modi possibili si otterranno tutte le proposizioni vere possibili: l'arte combinatoria (la prima macchina combinatoria, il primo computer). Essa é anche una forma di mnemotecnica, in quanto facilita il possesso e il recupero mnemonico delle nozioni fondamentali del sapere e delle loro relazioni. Con questo insieme di concetti, espressi medianti simboli e figure geometriche, é possibile costruire argomenti incontestabili, cercare la verità e costruire la scienza universale, alla quale chiunque non potrà non aderire. In tal modo, l'ars magna appare dotata, contrariamente alla logica aristotelica, di una funzione principalmente euristica. Per Lullo, l'insieme delle scienze che essa copre si configura come un albero, articolato in parti diverse, ma tutte collegate tra loro. La trama dei concetti e dei simboli riflette, infatti, la struttura della realtà del mondo e di Dio. Lullo costruisce una serie di cerchi concentrici, che rappresentano Dio al centro, poi i suoi attributi, l' umanità e il mondo. Gli attributi di Dio possono essere conosciuti attribuendo a Dio stesso in grado massimo le proprietà riscontrabili nelle cose del mondo, come bontà, grandezza, potenza e così via. Dal momento che in Dio tutti gli attributi sono identici, essi si mostreranno allo stesso modo negli effetti che egli produce; occorre, quindi, respingere come false le dottrine che fanno leva su un solo attributo di Dio, riducendo l' importanza degli altri. Così é per la dottrina, già aristotelica, ma diffusa dai pensatori arabi, dell'eternità del mondo: essa infatti privilegia la potenza di Dio più che la sua bontà. Facendo uso della nuova arte combinatoria sarà dunque possibile, secondo Lullo, convertire gli infedeli e diffondere la fede. Il lullismo, fondato sull'idea di un linguaggio e di una scienza universale costruibile mediante quest'arte combinatoria, continuerà ad avere grande fortuna nell'età del Rinascimento sino a Leibniz .

 

Diego Fusaro

        

    

            

Una vita nel silenzio della sera.

di Raffaele Fornelli

 

La sera è fonte di rinnovamento, è riflessione.

La cerco mentre il giorno mi consuma.

Poi, lieve, arriva e  incontro me stesso, sono presente a me stesso, mi accorgo che non sono più solo ma circondato e amato dal mio “angelo”; quello con cui entro in una muta e mutua conversazione. Come un bimbo che si addormenta sul seno della madre, così trovo riposo. Confortato dalla dolcezza, nell’abbraccio del cuscino, la mente lascia il corpo.

Il giorno così muore e rinasce tra le mie braccia e tutto m’appare nuovo, diverso.

Poi il risveglio, mi ritrovo ad essere quello della mattina del giorno prima: un uomo che si lascia coinvolgere in mille cose, in mille affari e che ad ogni tempo non rende conto.

Il tempo non è denaro.

Oggi, siamo cresciuti e sappiamo che la sera verrà e con essa il nostro conto che, si badi, non è un rendiconto.

Ho deciso, ai miei figli non chiederò mai un rendiconto!

Ai miei figli dirò di non giudicare il mio conto, ma gli chiederò di leggerlo.

E a me stesso?

Di essere silente e mai più assente!

   

   

     

  

   

Occhi di marzo

        

Comincia tutto, la dove tutto finirà
Dove hanno casa, due lampi nell’oscurità
Quante volte poi mi son perduto
nello sguardo nudo di un bambino
Stelle di mare per chi la bussola non ha… non ha
E, e quante volte nello sguardo di un amico
ho visto un angelo che mai potrà volare, mai, mai
Chissà se sono chiari o sono scuri gli occhi
gli occhi del buon Dio
Come sognerà, chi ha la notte dentro agli occhi

Occhi quanti misteri in fondo agli occhi
ci sono i passi di una vita
I segni che la tua memoria non ha più…

Quando torno a casa senza luna
lungo il viale fanno un po’ paura
Fiammelle verdi in libertà…
Tu occhi di marzo cerchi sempre di capire
dalle parole quello che non si può dire
Cosa cerchi lascia stare, basta che mi guardi dentro gli occhi

Quanti misteri in fondo agli occhi
occhi di ghiaccio e di serpente
E quelli che non puoi scoprire mai
Quanti, quanti segreti in fondo agli occhi
ci sono i passi di una vita
I segni che la tua memoria non ha più…
Occhi quante speranze in fondo agli occhi
occhi che parlano di niente
E quelli che non puoi scordare mai…

Edoardo De Crescenzo

                

             

                                        

                     

                   

Dai il meglio di te...

              

L'uomo è irragionevole, illogico, egocentrico
NON IMPORTA, AMALO
Se fai il bene, ti attribuiranno secondi fini egoistici
NON IMPORTA, FA' IL BENE
Se realizzi i tuoi obiettivi, troverai falsi amici e veri nemici
NON IMPORTA, REALIZZALI
Il bene che fai verrà domani dimenticato
NON IMPORTA, FA' IL BENE
L'onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile
NON IMPORTA, SII FRANCO E ONESTO
Quello che per anni hai costruito può essere distrutto in un attimo
NON IMPORTA, COSTRUISCI
Se aiuti la gente, se ne risentirà
NON IMPORTA, AIUTALA
Da' al mondo il meglio di te, e ti prenderanno a calci
NON IMPORTA, DA' IL MEGLIO DI TE.

 

Madre Teresa di Calcutta

                  

 

                                                

                             

Perché il socialismo?

di Albert Einstein

E' prudente per chi non sia esperto in materia economica e sociale esprimere opinioni sul problema del socialismo? Per un complesso di ragioni penso di sì.

                           

                  

L'Articolo

                            

(Monthly Review, New York, maggio 1949)
 
                                    

 

Se ci fosse un uomo
un uomo nuovo e forte
forte nel guardare sorridente
la sua oscura realtà del presente.

Se ci fosse un uomo
forte di una tendenza senza nome
se non quella di umana elevazione
forte come una vita che é in attesa
di una rinascita improvvisa.
Se ci fosse un uomo
generoso e forte
forte nel gestire ciò che ha intorno
senza intaccare il suo equilibrio interno
forte nell'odiare l'arroganza
di chi esibisce una falsa coscienza
forte nel custodire con impegno
la parte più viva del suo sogno
se ci fosse un uomo.

Questo nostro mondo ormai è impazzito
e diventa sempre più volgare
popolato da un assurdo mito
che è il potere.

Questo nostro mondo è avido e incapace
sempre in corsa e sempre più infelice
popolato da un bisogno estremo
e da una smania vuota che sarebbe vita

se ci fosse un uomo...

Allora si potrebbe immaginare
un umanesimo nuovo
con la speranza di veder morire
questo nostro medioevo.

Col desiderio
che in una terra sconosciuta
ci sia di nuovo l'uomo
al centro della vita.

Allora si potrebbe immaginare
un neo rinascimento
un individuo tutto da inventare
in continuo movimento.

Con la certezza
che in un futuro non lontano
al centro della vita
ci sia di nuovo l'uomo.

Un uomo affascinato
da uno spazio vuoto
che va ancora popolato.

Popolato da corpi e da anime gioiose
che sanno entrare di slancio
nel cuore delle cose.

Popolato di fervore
e di gente innamorata
ma che crede all'amore
come una cosa concreta.

Popolato da un uomo
che ha scelto il suo cammino
senza gesti clamorosi
per sentirsi qualcuno.

Popolato da chi vive
senza alcuna ipocrisia
col rispetto di se stesso
e della propria pulizia.

Uno spazio vuoto
che va ancora popolato.

Popolato da un uomo talmente vero
che non ha la presunzione
di abbracciare il mondo intero.

Popolato da chi crede
nell' individualismo
ma combatte con forza
qualsiasi forma di egoismo.

Popolato da chi odia il potere
e i suoi eccessi
ma che apprezza
un potere esercitato su se stessi.

Popolato da chi ignora
il passato e il futuro
e che inizia la sua storia
dal punto zero

Uno spazio vuoto
che va ancora popolato.

Popolato da chi é certo
che la donna e l'uomo
siano il grande motore
del cammino umano.

Popolato da un bisogno
che diventa l'espressione
di un gran senso religioso
ma non di religione.

Popolato da chi crede
in una fede sconosciuta
dov'é la morte che scompare
quando appare la vita.

Popolato da un uomo
cui non basta il crocefisso
ma che cerca di trovare
un Dio dentro se stesso.

 

 

          

Gennaio 2007

                                

                          

Gennaro Ippolito,

luce inestinguibile e pensiero dinamico.

Uomo e compagno che ha sempre lottato per “abolire lo stato di cose presente”.

Gennaro, condotta e coerenza che rimarrà linfa vitale per le nostre coscienze, spinta ideale nel difficile cammino della Liberazione degli uomini dallo sfruttamento e dai soprusi.

Gennaro Ippolito, un Comunista.

                                                             

Con affetto e gratitudine, a circa dieci anni dalla sua morte,

i Compagni di Crispano.

 

                                     

                       

                         

        

                    

Depressione

di Niccolò Dionisi

                 

La strada è buia e silenziosa e, questo, può sembrare un inizio scontato, ma non lo è.
Il primo ed unico personaggio sta camminando. Le sue scarpe nere si mimetizzano con lo sfondo, ad eccezione della linea bianca della suola.
I passi contrastano il suono dei grilli. A parte questo tutto tace.
Ogni tanto qualche soffio di vento scuote i rami degli alberi producendo quel fruscio già  troppe volte sentito.
La luna è coperta da un manto di nuvole scure, ogni tanto qualche lampo illumina il cielo mentre le poche stelle che riescono, con tutte le loro forze, a fare capolino dalla matassa grigia sono spente, poco luminose. Devono essere stelle tristi.
Siamo in estate. A dire il vero è agosto inoltrato ed il tempo non è più quel caldo afoso che ti permette di dormire con le finestre spalancate. Le zanzare però ci sono ancora, quelle non muoiono mai. Il nostro camminatore solitario indossa dei pantaloncini neri un po' sbiaditi e una maglietta grigia, a maniche corte, con un disegno davanti.
I suoi occhi sono assenti, persi altrove. I lineamenti della sua faccia, le sue guance spelacchiate, la sua bocca corrucciata e i suoi zigomi abbassati lo fanno sembrare triste.
Sta pensando alla vita, ai rapporti con le persone, ai suoi amici e al perchè è da così tanto tempo che non ha una ragazza.
E' stato un sabato sera noioso e nel tornare a casa a piedi non può che lasciarsi andare a pensieri pesanti e malinconici, anche se non è successo niente di nuovo nell'ultimo periodo. Però il nostro ragazzo sa che ha bisogno di qualcosa per tirarsi su, per sorridere veramente come faceva fino a poco tempo fa. Perchè possa di nuovo andarsene in giro con la sua biciclettina con la musica nelle orecchie e un bel sorriso senza senso stampato sulla faccia; perchè anche una coccinella rossa che cammina sui petali di un girasole possa farlo sentire in pace con se stesso. Il problema più grosso è che non sa di che cosa ha bisogno: forse affetto, forse amicizia, forse amore. Forse vorrebbe solamente sentirsi realizzato oppure è semplicemente stanco e stressato dal non far niente. Chi può saperlo?
Il suo corpo magro ma non troppo slanciato gli chiede solo un po' di riposo, le sue palpebre vorrebbero serrare gli occhi come saracinesche. Ad ogni passo sente il suo materasso e il suo cuscino bianco come bisogni sempre più intensi.
La porta di casa è a pochi passi: basta percorrere un pezzo di marciapiede, girarsi, continuare lungo la ringhiera di ferro marrone, scavalcare il cancello, infilare la chiave nella toppa e girare. Troppe azioni per un cuore infelice. Così si ferma e si mette a sedere sullo scalino di cemento, sul ciglio della strada. Appoggia le mani dietro di sé e butta la testa all'indietro sbuffando. Piano piano si lascia scivolare fino a quando la sua schiena non entra in contatto con il freddo del terreno. Chiude gli occhi piano piano come se volesse stare attento a non rovinarli.
Non appena il sonno prende il sopravvento sulle sue membra, strani pensieri e figure iniziano a roteare vorticosamente in aria. Il mondo all'improvviso diviene colorato di rosso, di blu, di giallo e di arancione.
Nel prato vicino casa iniziano a correre scoiattolini e piccoli gatti variopinti mentre il sole splende sorridente su alto nel cielo terso. Da lontano, in fondo alla strada, iniziano a materializzarsi sagome di persone che si fanno via via più vicine. Sono i suoi amici, i suoi conoscenti, i suoi familiari e tanta gente che conosce solo di vista, quelle persone che vedi spesso durante le tue giornate ma che non hai mai conosciuto e con le quali non hai abbastanza confidenza per poterle salutare.
Eppure tutti gli si avvicinano, lo alzano da terra ed iniziano ad abbracciarlo, a salutarlo, a baciarlo.
Ci sono tante ragazze e son tutte belle e sono tutte lì per lui. Questa volta la gente ha smesso di scambiar due parole ed andarsene via a fare altro, tutti finalmente hanno capito che cos'è importante per lui.
Ed è felice. Butta via i pensieri tristi, li accartoccia e gli da fuoco. E se ne frega di dove sia finita la notte con i suoi brutti pensieri; mentre la musica inizia ad essere alta nell'aria balla e canta e vive.
Ma questo, come tutti i sogni, deve finire, e non importa che il nostro amico si stia divertendo come non mai nella sua vita, non importa se al suo risveglio sarà  tutto come prima, il brutto è che non so cosa importa veramente però so che qua ci va un punto e non ci sarà  un a capo.

   

           

     

          

Antonio Gramsci - Indifferenti

              

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.


11 febbraio 1917

                           

                            

                              

                                          

XLIV sonetto

Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.

Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.

T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.

Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo.

Pablo Neruda

                

   

   

A Napoli servono lavoro e ricchezze

 invece vogliono mandare i soldati.

 

 

I governi della destra storica, nella seconda metà dell’ottocento, di fronte al fenomeno del brigantaggio che rendeva insicuro il Mezzogiorno d’Italia, trovarono una sola strategia: i carabinieri, l’esercito. Furono spediti al Sud 120.000 uomini armati, fu varata una legge speciale (la legge Pica), che sospendeva i diritti, in pochi anni ci furono più morti di tutti i morti nelle tre guerre del Risorgimento. Mezzo secolo dopo, più o meno, toccò a Mussolini intervenire in Sicilia dove il fenomeno mafioso si stava allargando, e metteva a repentaglio l’autorità dello Stato. Inviò un prefetto che si chiamava Cesare Mori, polso di ferro ed enormi capacità organizzative, lealissimo allo Stato (tanto era stato leale che nel ’22, a Ferrara, aveva sbarrato il passo alle squadracce fasciste di Balbo e aveva impedito loro di entrare in città...): Mori usò le sue doti di soldato, e la forza militare che gli era stata messa a disposizione, per dare un colpo alle cosche.

Produsse buoni risultati la via militare, nell’ottocento, e poi durante il fascismo? Dipende da come si vedono le cose. Non si fece nessun progresso nella lotta contro l’arretratezza del Mezzogiorno d’Italia. Le distanze tra il Nord e il Sud via via si allargarono. Ricasoli e Rattazzi (e più tardi Mussolini) erano convinti di avere avuto un buon successo, ma semplicemente resero più difficile il problema del rapporto tra Nord e Mezzogiorno.

E’ incredibile come 150 anni dopo, il riflesso condizionato del mondo politico - e dei giornali - sia sempre lo stesso. Se ti avvertono che a Napoli la situazione sociale sta precipitando, che la città è dentro una crisi gravissima, che produce violenza, scontri, rotture, perdita di generazioni intere, criminalità e morti, l’unica risposta che viene fuori è quella lì: “mando i soldati”. L’idea che la politica, e l’arte del governo, siano qualcosa di molto più complesso dell’uso della “forza della legge”, non riesce a far breccia nel ceto politico italiano. Per fortuna ieri Prodi, dopo un momento di incertezza, pare che abbia deciso di rinunciare all’invio dell’esercito.

Cosa sta succedendo a Napoli? Chi conosce la città, i suoi umori, la sua struttura, il suo modo di viversi, ci dice che siamo in presenza di una crisi gravissima, di un livello, forse, mai raggiunto. Che ha vari aspetti. Gli aspetti strutturali sono due. Il primo, evidentissimo, è la mancanza di ricchezze e di politiche economiche. Il secondo è l’emergere di una gioventù vastissima, senza speranze e senza futuro. Non esistono - per una società - due elementi così destabilizzanti come la mancanza di ricchezze e la perdita della gioventù. La mancanza di ricchezze - che riguarda tutto il Mezzogiorno - è frutto anche di una politica che da dieci anni ha negato l’esistenza di una questione meridionale - di uno squilibrio, di una gravissima diseguaglianza territoriale - anche perché era tutta dentro una logica di mercato-mercato (di esasperato liberismo, che chiede al profitto di decidere le sorti delle collettività e ai governi di rifuggire da ogni tentazione di intervento sull’economia e di programmazione). Ormai gli economisti e i sociologi di tutto il mondo sanno che questo meccanismo porta a un aumento delle disparità. Nel mondo globalizzato aumentano, ovunque, le disuguaglianze tra gli individui, tra i ceti, tra le nazioni, e naturalmente anche tra le aree geografiche.

La seconda grande questione, quella giovanile, è più specificamente napoletana. Napoli è la città più giovane d’Europa, un terzo della sua popolazione (della città e della enorme area metropolitana) è sotto i 28 anni. E la fascia giovanile della popolazione è quella più colpita dall’insicurezza sociale. Quella che sente più forte il morso della precarietà, cioè del nuovo assetto del mondo del lavoro, deciso dal mercato e sancito - nell’ultimo decennio - da varie leggi e dal rifiuto dell’intervento pubblico. La precarietà come condizione stabile della propria vita - e dunque del rapporto con la collettività e con la produzione e con l’economia - produce una insicurezza di massa che può travolgere ogni barriera e legame sociale.

Vedete bene la grandezza dei problemi. E la certezza che se non si affrontano questi problemi, con politiche serie, i problemi cresceranno ancora e spingeranno Napoli - e forse le altre metropoli del Mezzogiorno - verso crisi molto simili a quelle delle megalopoli - per esempio - dell’America latina.

L’invio dell’esercito - cioè la riduzione a problema di “sicurezza fisica”, di ordine pubblico, della gigantesca questione della “sicurezza di vita” di una popolazione - può aiutare in qualche modo la città? No, può danneggiarla. La scelta di affrontare l’emergenza-Napoli come si affronta una situazione di tensione fuori dallo stadio di calcio, è prova di una cecità che può portare alla rottura definitiva. Un gabinetto di emergenza che voglia affrontare la questione-Napoli, deve trovare delle risorse da investire, mettere a punto un piano di politiche economiche, urbanistiche e culturali che entrino dentro il problema per quello che è - il disfacimento di un tessuto sociale - e non si limitino a guardare come si possa “isolare” il problema in modo da salvare un pezzetto della città. L’idea di mandare l’esercito corrisponde esattamente al progetto di isolare il male e ghettizzarlo. Appunto, come a San Paolo del Brasile, dove la furia e il devastante degrado infernale delle favelas è tenuto lontano da un pezzo “sacro” di città che può continuare a prosperare, fare affari, garantire un dignitoso menage alla borghesia.

Rifondazione Comunista ha lanciato la proposta di una grande mobilitazione di popolo per Napoli. Cioè - dice - mettiamo insieme una forza politica, una forza d’urto, che possa frenare la criminalità e imporre un impegno vero del governo. I sindacati ieri hanno rilanciato la proposta di Rifondazione. Siamo a questo bivio. L’alternativa è tra chi vuole trattare Napoli come Ricasoli trattò i briganti, e chi sceglie la via della politica.

 

Piero Sansonetti  (Liberazione, giovedì 2 novembre 2006)

 

 

 

Fotogrammi di un'idea della vita

   

 

 

           

Supplica a mia madre

 

 

 

E' difficile dire con parole di figlio

ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

 

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,

ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.

 

Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:

è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

 

Sei insostituibile. Per questo è dannata

alla solitudine la vita che mi hai data.

 

E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame

d'amore, dell'amore di corpi senza anima.

 

Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu

sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

 

ho passato l'infanzia schiavo di questo senso

alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

 

Era l'unico modo per sentire la vita,

l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.

 

Sopravviviamo: ed è la confusione

di una vita rinata fuori dalla ragione.

 

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.

Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

 

 

Pier Paolo Pasolini

    

        

             

    

L'Informazione è Arte?

 

                            

L’informazione stravolge il principio di conservazione.

Mentre l’energia emessa da una sorgente si ripartisce tra i destinatari,

l’informazione può riprodursi identicamente a sé stessa.

È infatti proprio del pleroma, nelle sue manifestazioni di materia ed energia,

disperdersi, alfine, nell’universo, ed è proprio della forma riflettersi inalterata, immutabile.

      

                 

    

       

Quando il Pensiero di Dio trabocca,

sono le Arti e le Scienze a raccoglierlo.

Solo un eccesso di carità può, infatti, consentire la comprensione della bellezza della forma,

sia che essa dia vita a una linea,

sia che animi la perfezione di una legge matematica.

 

    

Claudio Mola

 

             

       

        

        

Se un giorno potessi distruggere la mente,
lasciare il mio corpo avanzare da solo,
potrei solo allora trovare il momento di dire a me stesso
"Quel giorno è arrivato, si chiama impazzire".

Che nome bizzarro ho scelto stasera
per dare colore all'ultimo giorno passato con voi.
Non penso al presente, mi resta un ricordoche vive nel sogno,
un giorno di sogni che lascian pensare a storie passate,
a lunghe giornate lasciate appassire per poi ritornare
in altri futuri più giovani e belli.

Ricordo o esperienza, è un grosso dilemma
che vive ogni giorno schermando il futuro.
Son solo parole che accecano e fuggono
e lascian pensare da soli o col vento,
la storia di un uomo dal largo sorriso,
di un fiore reciso e non accettare che tutto è finito.

Giosuè Maniaci a Peppino Impastato

           

   

                           

SE TU MI DIMENTICHI

                            

 Voglio che sappia
una cosa.

Tu sai com'è questo:
se guardo
la luna di cristallo, il ramo rosso
del lento autunno alla mia finestra,
se tocco
vicino al fuoco
l'impalpabile cenere
o il rugoso corpo della legna,
tutto mi conduce a te,
come se ciò che esiste,
aromi, luce, metalli,
fossero piccole navi che vanno
verso le tue isole che m'attendono.

Orbene,
se a poco a poco cessi di amarmi
cesserò d'amarti a poco a poco.
Se d'improvviso
mi dimentichi,
non cercarmi,
ché già ti avrò dimenticato.

Se consideri lungo e pazzo
il vento di bandiere
che passa per la mia vita
e ti decidi
a lasciarmi alla riva
del cuore in cui affondo le radici,
pensa
che in quel giorno,
in quell'ora,
leverò in alto le braccia
e le mie radici usciranno
a cercare altra terra.

Ma
se ogni giorno,
ogni ora
senti che a me sei destinato
con dolcezza implacabile.
Se ogni giorno sale
alle tue labbra un fiore a cercarmi,
ahi, amor mio, ahi mio,
in me tutto quel fuoco si ripete,
in me nulla si spegne n' si oblia,
il mio amore si nutre del tuo amore, amato,
e finché tu vivrai starà tra le tue braccia
senza uscir dalle mie.
               
Pablo Neruda

                       
              

            

       

La vita è Amore.

                        

Così l'Uomo disse alla Politica:

                                                       

”..T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno..”

Pablo Neruda

             

 

              

          

SONO SOLTANTO DIVERSA

  

 

A Lidice stavo allo specchio

con occhi ricolmi di gioia.

Ma il cuore

che stride qui dentro

lo specchio del tempo frantuma.

Le cose si son capovolte

non sono la stessa di prima.

 

Avevo il terrore dei topi

nel mondo trascorso di prima

dei topi

che corrono in casa.

Allegro rideva il mio Joska

del dolce mortale spavento

cingendomi il braccio alla vita.

 

I topi mi davano senso

e udirli squittire il disgusto

dell’unghia

che lacera il petto.

Chiamando il mio Joska in aiuto

correvo a chiudermi dentro

coi piedi strillando sul letto.

 

Avevo il terrore dei topi

nel tempo trascorso di prima.

 

Ed ora?

Ed ora chi sono?

Adesso che il tempo stridendo

in questo lager si consuma

e i topi carezzo tranquilla?

Non batte più il cuore di prima.

 

Adesso non provo ritegno

neanche a scoprire

il bianco mio seno tornito

e mostro in silenzio le cosce

e i fianchi scomposti.

Di sera alla sala da gioco

che è sopra la mensa ufficiali.

 

Mi danno la carne bollita

la carne

mangiata in cucina

con l’acqua pulita da bere.

Ed anche mi lavo nel bagno

di fresca lavanda odorosa

che copre i miasmi del mondo.

 

Né più mi spaventano i topi

non sono la stessa di prima.

 

E dopo che ho fatto godere

i corpi sdraiati sul letto

mi danno

di nuovo la carne

la carne col brodo in cucina

il pane

più bianco e verdure

verdure cagliate col burro.

 

Mio Joska non dirmi ti prego

che sono una donna perduta.

Or sono

soltanto diversa

da come mi hai conosciuta.

Non guardo

riflesso lo specchio

col cuore ricolmo di gioia.

 

I topi squittiscono in gruppo

mi girano intorno alla branda

nel giorno

che è uguale alla notte.

Ho l’anima e il corpo segnati

e il ventre

che sempre somiglia

a un rivo di sangue bagnato.

 

Le cose si son capovolte

la stessa non sono di prima.

 

La fame l’orrore del campo

mi stringono un nodo alla gola

e vedo ogni giorno

sparire persone

persone

gettate nel niente

nel fondo di un grande silenzio.

 

Non voglio sentire il silenzio

non voglio mio Joska morire.

Ancora non voglio

morire.

Non voglio morire.

Non voglio non voglio

morire?

Ancora non voglio morire?

Pur anche alle bestie legate

è duro ogni giorno soffrire.

 

Eppur la fatica del campo

adesso è leggera.

Rimango sul tornio a limare

un tempo minore di prima.

Mi posso persino curare

col brodo

di carne bollita.

 

Ed anche non tutte le sere

son messa alla casa da gioco

di sopra il comando ufficiali.

Non sono portata ridendo

al tavolo pieno in cucina

con sopra

fumante la carne.

 

A Lidice stavo allo specchio

il cuore ricolmo di gioia.

 

Ed ora?

Ed ora chi sono?

Adesso che il tempo stridendo

in questo lager si consuma

ed è frantumato lo specchio?

La stessa non sono di prima.

 

E resto così sulla branda.

Distesa.

Sospesa.

Coi topi che girano attorno.

Li guardo squittire sul legno.

 

E resto

distesa sospesa

le palpebre chiuse sul viso

disteso sospeso nel buio.

E l’unghia che il cuore mi scava

consuma il riflesso del giorno.

 

Adagio trattengo il respiro

distesa sospesa

nel vuoto

coi topi che girano attorno.

Li sento squittire sul legno.

Sto ferma nel buio e non penso.

Non penso.

Non penso più a niente.

     

 

Rino Malinconico, ORATORIO PER LIDICE

 

          

       

                

Follia, chi è costei? 

             

 

E' magrissima. Lo sguardo allampanato, arrossato, come di chi ha troppo pianto o di chi è troppo drogato.

Disegna su foglietti a quadretti cerchi concentrici e piccole saette.

Mi racconta del giardino della Madonna, dove assai spesso si reca con la mente. Le immaginette dei Santi si sovrappongono agli affetti ed ai rancori familiari, e dal caos della memoria sbuca ogni tanto l'orrore per la peluria maschile.

E' ancora giovane ma è già vecchissima.

Quando si agita sprigiona una forza impensabile. Ma è solo un passerotto con le ali spezzate.

Spezzate dal male, ma anche dai medici e dalle medicine. Non ricorda esattamente quanti elettroshock ha subito, ma conosce le dosi micidiali di psico-farmaci che inghiotte giorno dopo giorno.

Più che magra mi sembra scavata, sepolta viva.

Un giorno, in piena crisi, mi ha domandato: "ma se tu non avessi mai conosciuto l'amore, l'affetto di un'altra persona, non saresti impazzito?"

Io ho pensato a quel verso di Pierpaolo Pasolini che dice: "Bisogna essere folli per essere chiari".

 

          

Pasquale Barra

      

     

                                    

L’arcobaleno

                 

          

Il piccolo Diego?

Un drogato, un ragazzo di bontà infinita e di immensa dolcezza che si è annullato senza volerlo, e solo ora mi manca.

Mi manca il suo caldo sorriso, la sua voglia di una vita leggera, il profumo della sua anima…

Mi raccontò in un pomeriggio di qualche anno fa, che scappava da una “selva oscura”, da un “buco nero” alla ricerca di qualcuno, di qualcosa che la droga non gli aveva saputo dare, così come promesso. Cercava, infatti, un dolce star bene, simile al turbamento che prova un cieco al quale viene mostrato un mondo tutto colorato: il calore del rosso, la leggerezza dell’azzurro, la purezza e il profumo del bianco…

Sì, era un bravo ragazzo, un uomo che sognava un mondo semplice in cui danzare per la sola presenza di un arcobaleno, poiché immensa è la gioia che si prova nel vedere fratello Sole far l’amore con sorella Acqua.

Ed io?

Ascoltavo, ma non capivo.

La droga? Il drogato?

Oggi penso ai volti che conosco, alle tante storie che ho incrociato, ai tanti Diego.

Uno pensa a quella casa di pena che è il buco: l’eclissi della speranza, il non senso, la droga è un ago che affonda e cuce silenzi a brandelli di carne viva.

E dietro?

Dietro ogni buco, un vissuto, una persona.

In trasparenza il loro “disagio”, un’incapacità o un’impossibilità a condividere il nostro “agio”, il nostro correre nel tempo.

Che il problema stia forse nella qualità e nelle forme del nostro “agio”?

Che il “disagio” sia forse solo l’indizio di un grande “buco” che avvolge tutti?

Il buco non è un fantasma.

E’ un gesto palpabile, quasi sempre banale.

E’ un urlo silenzioso, è uno spavento.

Rimbalza sul nostro quotidiano, talvolta apre voragini e “buca” tante nostre certezze.

E’ giusto? E’ possibile nascondere quel “buco”?

O va colmato di terra fertile su cui germoglierà il seme della vita, restituendo un orizzonte più nitido al sentimento del vivere?

Io ho imparato che serve la lingua della solidarietà, dell’imparare a scegliere, del provare a rialzarsi da terra quando si è inciampato.

Non mi rifiuterò di piantare un seme in quel “buco nero” che fratello Sole e sorella Acqua nutriranno al cospetto dell’Arcobaleno.

Io penso che non vi sia salvezza possibile se non recuperando il cielo aperto della libertà e della dignità: ed è per questo che sono “claustrofobico”.

E tu?

 

   

Nunzio  Cennamo

     

                         

    

                   

Ho fame dalla tua bocca

            

Ho fame della tua bocca, della tua voce, dei tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l'alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.

Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani color di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.

Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
il naso sovrano dell'aitante volto,
voglio mangiare l'ombra fugace delle tue ciglia

e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine di Quitratúe.
 

Pablo  Neruda

 

          

         

L'Interrogativo che stimola la Ricerca

Quanto l'Amore cambia l'Essenza di una Persona e quindi del vivere sociale?

                                                       

                                                                         

                          

              

E sono viva

                                 

Sono viva perché soffro,
perché ancora verso dolci lacrime
che lentamente scorrono il mio viso.

Sono viva perché i miei occhi ancora vedono,
le mie labbra ancora gustano,
i  miei arti  ancora muovono, nonostante la stanchezza…

Sono viva nel tuo sguardo che ancora penetra,
nelle tue mani che ancora stringono,
nella tua voce che forse, ancora chiama.
       

E.D.

                    

                                                         
    

Alcune Poesie di Pasquale...

          

La storia non ne parlerà

 

Madre! Chi mai saprà

Gli stenti

In mezzo ai quali hai cresciuto

I tuoi figli?

La storia non ne parlerà

La storia

Che è fatta, soprattutto

Di piccole eroiche oscurità.

 

 Barra  Pasquale

   

Che ti importa

 

Che ti importa se il fiore

Muore appena sbocciato

Se la fonte è inquinata

E gli uccelli rifuggono la terra

Se il mare si è riempito di sargassi

E l’odio ha preso il posto dell’amore

L’uomo s’affanna e rincorre il potere

Ammucchia nel forziere

Scavando nel suo cuore la sua fossa

Che ti importa

Tu, che hai mirato il sole

Puoi sempre ricordarne lo splendore.

 

 Barra  Pasquale

    

Quale regalo

 

Per il tuo ottantottesimo compleanno

Ci chiedevamo quale regalo farti

Come se tu avessi mai voluto da noi

Un regalo

Oltre quello d’amarti.

 

Barra  Pasquale

 

La luna   si fermò

 

Se una stella si stacca

E cade sulla terra

È perché un desiderio vuol fiorire

Se una frase d’amore si interrompe

È perché un bacio l’ha fatta tacere

Quando la luna si ferma e sosta in mezzo al cielo

Vuol dire che due amanti

Hanno bisogno di una notte più lunga per essere felici

E  ieri sera si fermò per noi.

 

Barra  Pasquale

 

Madre terra

 

Figli!

Febbre senza piaga

Che non amate più la battaglia

Addormentati nel chiuso

Steli persi in una paglia

Sparsa al vento

Nei vostri cuori non c’è più il fango che vi fa tutti uguali?

Fanciulli!

Troppo assuefatti agli anniversari

Piegate spesso la vostra fronte sotto il sole squallido

Del mio sangue ormai vecchio

Non sapete più spiare le stelle nel chiarore del cero

Non attingete sotto questo velo la pronuncia del linguaggio vero

La percossa di Cristo non vi fa più male?

Cigni tarlati

La purezza copre il vostro cuore

Erba però non prato

Popolo impotente e macilento

Uno stupido dio il guadagno di un amore senza sofferenza

Ti tiene sotto il suo calcagno

Io sono la madre terra che non sente più il vostro lamento

L’indifferenza non l’ ingiustizia è il nemico del mio grembo.

L'omertà non il sopruso è il mio supplizio.

              

Barra  Pasquale

    

      

      

Osservazioni sulla Poesia

        

                                        

La Poesia è l'arte di usare, per trasmettere il proprio messaggio, tanto il significato semantico delle parole quanto il suono ed il ritmo che queste imprimono alle frasi; la poesia ha quindi in sé alcune qualità della musica e riesce a trasmettere emozioni e stati d'animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa. 

La lingua nella poesia, infatti, ha una doppia funzione di vettore sia di significato che di suono, di contenuto sia informativo che emotivo. 

A questi due aspetti della poesia se ne aggiunge un terzo quando una poesia, invece che letta direttamente, viene ascoltata: con il suo linguaggio del corpo e il modo di leggere, il lettore interpreta il testo, dandogli, inevitabilmente, una dimensione teatrale.

Nunzio Cennamo

        

               

    

      

Crispano, Libera la politica.

  

             

     

Caro concittadino, cara concittadina,

è giunta la Primavera anche nel nostro piccolo paese, Crispano.

I fiori segnano lentamente il tempo che scivola dentro le nostre stagioni.

I soliti dipinti con tema il mare della libertà squarciano l’orizzonte di sempre,

ci portano con te, anni luce lontano, via da qui.

Vuoi vedere che anche questa volta non cambierà nulla?

Non avere timore, forse, è vicino il nostro momento: la libertà è nell’aria, già si respira!

Ci vedono crescere come spicchi di luna e questo li spaventa.

Sono prossimi alle vostre porte,

vi busseranno, sono i potenti del villaggio.

Prepotentemente vi chiederanno la vostra libertà di voto.

Sono quelli che si dicono moderati, quelli che si annidano nella destra e nella sinistra.

Noi non siamo moderati, come direbbe Dario Fo, non siamo forti con i deboli e deboli con i forti.

Noi non fingiamo di risolvere i problemi senza affrontarli.

Questa lettera è una speranza per i nostri figli,

è la possibilità che i moderati di destra e di sinistra smettano di comportarsi in modo da non dispiacere ai cittadini che contano, senza mai concedere la parola a quelli che non hanno voce.

Non lasciamo intristire ancora di più questa nostra città. La vita è bella.

Crispano non è una valle di lacrime, è bacino di intelletto, è cultura alta e monte di legalità.

Crispano è vivo, è ferito ma non è finito.

Vota Rifondazione Comunista il 9 e 10 Aprile 2006, non temere.

Libera la Politica … anche se corri un grosso rischio...

Rischi di trovarti finalmente a vivere in un Paese a misura d’uomo.

         

Nunzio Cennamo

Politiche 2006

        

             

        

                           

            

  

Edoardo Sanguineti

 

 

“..ti esploro, mia carne, mio oro, corpo mio, che ti spio, mia cruda carta nuda,

 che ti seguo, che ti sogno, con i mie seri, severi semi neri, con i miei teoremi,

 i miei emblemi, che ti batto e ti sbatto, e ti ribatto, denso e duro, tra le tue fratte,

con il mio oscuro, puro latte, con le mie lente vacche, tritamente, che ti accendo,

se ti prendo, con i miei pampani di ruggine, mia fuliggine, che ti spiro, ti respiro,

con le tue nebbie e trebbie, che ti timbro con tutti i miei timpani, con le mie dita

 che ti amano, che ti arano, con la mia matita che ti colora, ti perfora, che ti adora,

 mia vita, mio avaro amore amaro:

 io sono qui così, la zampa del mio uccello, di quello

 che ti gode e ti vigila, sono la papilla giusta che ti degusta, la papilla che ti vibra

 e ti brilla, che ti tintinna e titilla: sono un irto, un erto, un ermo ramo, io che

ti pungo, mio fungo, io che ti bramo: sono pallida pelle che si spella, mia bella, io

passero e pettirosso del tuo fosso: io la piuma, io l'osso, che ti scrivo: io, che ti vivo.”

 

     

 

      

              

        

                                        

L'AMORE

                       

Che hai, che abbiamo,
che ci accade?
Ahi il nostro amore È una corda dura
che ci lega ferendoci
e se vogliamo
uscire dalla nostra ferita,
separarci,
ci stringe un nuovo nodo e ci condanna
a dissanguarci e a bruciarci insieme.

Che hai? Ti guardo
e nulla trovo in te se non due occhi
come tutti gli occhi, una bocca
perduta tra mille bocche che baciai, più belle,
un corpo uguale a quelli che scivolarono
sotto il mio corpo senza lasciar memoria.

E che vuota andavi per il mondo
come una giara di color frumento,
senz'aria, senza suono, senza sostanza!
Invano cercai in te
profondità per le mie braccia
che scavano, senza posa, sotto la terra:
sotto la tua pelle, sotto i tuoi occhi,
nulla,
sotto il tuo duplice petto sollevato,
appena
una corrente d'ordine cristallino
che non sa perché corre cantando.
Perché, perché, perché,
amore mio, perché?

       

Pablo Neruda

        

 

               

 

           

  Così giunsi ai giorni della Resistenza
senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza
di sole. Non poté mai sfiorire,
neanche per un istante, neanche quando
l' Europa tremò nella più morta vigilia.
Fuggimmo con le masserizie su un carro
da Casarsa a un villaggio perduto
tra rogge e viti: ed era pura luce.
Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro: ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce......

Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia.
La luce è sempre uguale ad altra luce.
Poi variò: da luce diventò incerta alba,
un'alba che cresceva, si allargava
sopra i campi friulani, sulle rogge.
Illuminava i braccianti che lottavano.
Così l'alba nascente fu una luce
fuori dall'eternità dello stile....
Nella storia la giustizia fu coscienza
d'una umana divisione di ricchezza,
e la speranza ebbe nuova luce.
  

  

Pier Paolo Pasolini

   

           

                                                                                                                  

La Pace

                             

La mia pace
si distende su di te
mio prato fiorito,
poggia il capo
sulla fresca erba
appena rasa,
che il mio respiro
lentamente muove.
     
  

E.D.

   

                                                     

                       

              

           

            

 

       

Appunti critici sulla 

Riforma delle scuole superiori

di Rino Malinconico

                 

Gennaio 2006

                       

                         

               

         

VECCHIO

                                             

Era un freddo mattino d’inverno,

ancor prima che il sol sorgesse,

tra il buio e la fitta nebbia,

intravidi da lontano una figura

che, lentamente, veniva verso di me.

Fu allora che mi fermai,

tra lo stupore e lo stato semicosciente

di chi è appena sveglio.

Aspettai e più aspettavo

più quella figura mi si avvicinava.

Si avvicinava timidamente,

aveva un passo lento e spossato,

il capo chinato ed il corpo semicurvo.

Solo quando giunse a me, mi accorsi

che era un signore, un signore molto anziano.

Allora, mi avvicinai a lui e gli dissi:

Buongiorno, ma dove andate di buon

mattino e con tanto freddo?

E lui, in dialetto napoletano e con voce roca ,

mi rispose:

Buongiorn guagliò, addò vad? Vac à piglià

chilli quatt sold e pension putè campà.

Ed io: ma a quest’ora?

E lui: Si a chest’or! 

Guagliò quando sei vecchio pe  sta società

si sol nu pes’, primm muor e megl’ è!

Nu  cont chell che fatt’ o chell che rat,

ma solo quello che può dà.

Ma che può dà    vecchio comm a me a sta società?

Allora, tant’è meglio à murì

tant a chi import nient?

Si allontanò, lentamente, e più si allontanava

più il mio cuor si restringeva.

Avrei voluto confortarlo, dirgli che non era vero,

anche se nel mio cuore sapevo che era la pura verità.

Avrei voluto dirgli grazie,

grazie per tutto ciò che tu e gli altri avete fatto per la Libertà. Grazie se oggi siamo uomini liberi,

se possiamo esprimere la nostra opinione.

Grazie se oggi la possiamo pensare

diversamente dagli altri.

Ma non ebbi il coraggio di fare niente di tutto ciò.

Di una cosa, però, son certo,

che quando avrò quel coraggio,

solo allora, capirò che non è mai troppo tardi...

 GRAZIE VECCHIO.

              

 Mattia Cosentino

              

   

                                

             

                   

Quando ho fame

Ogni anno muoiono 6 milioni di bambini,

ogni mese ne muoiono 500mila, ogni giorno più di 15mila, ogni ora quasi 700

     

                   

Un pesce se ha fame

può cercare in ogni goccia

Un gabbiano se ha fame

può pescare in ogni mare

Un lepre se ha fame

può pascere in ogni pascolo

Un uomo può mangiare

quando ha soldi per pagare

Quando ho fame mi fermo

e disperatamente muoio.

 Barra Pasquale

                        

               

I giovani di Parigi

 

Di chi sono figli i giovani

Che luridi gridono e corrono

Vandalici in mezzo alla piazza?

Chi crea quei gran disonesti, feccia

Che subito sanno rubare

Picchiare, insultare comunque?

Chi aiuta quei cani bastardi

Che ringhiano a gente perbene

Vergogna di tutta la gente?

Di chi sono figli i giovani di Parigi

Che luridi gridono e corrono

Vandalici in mezzo alla piazza?

Sono figli dei mostri che abbiamo dentro!

      

Barra Pasquale

 

                

            

        

Una Donna di Pace

 

E’ nata.

E’ nata Anna.

E’ finita la guerra.

Ne ha fatta di strada la Piccola.

Era già vita,

quando piccola più di un puntino,

batteva dentro l’amore.

E’ il frutto.

La sua voglia di vivere

batteva il tempo per qualsiasi musica

e sotto quel ritmo danzava la gioia.

Era già pace.

Piccola, fragile, indifesa.

Quasi non sento quel corpicino

quando la sera la stendo a dormire.

Per ogni suo pianto o sorriso tutto si ferma.

E’ un sogno.

Incantato contemplo i suoi gesti,

i suoi occhi dai mille sguardi,

il suo viso dai mille sguardi.

E’ dolcissima.

E’ forte Anna.

E’ parte di me, è tutt’uno.

Sento la sua voce attraverso le sue manine,

mentre mi stringe le dita,

sembra dirmi non mi lasciare.

E’ mia figlia.

Anna ama i colori.

Amate Anna,

perché Anna è una Donna di Pace.

   

Fusco Raffaele

      

                     

   

     

  

        

A Giordano Bruno Nolano Italiano

                          
   «Tu, così insigne, così grande che in te si son riversati,

Tutti insieme, i doni di tutti gli Dei.

Tu che possiedi tutti i doni del ricco tesoro della natura,

Uno solo dei quali è dato di possedere a ciascun altro.

O essere sublime, oggetto di meraviglia per tutti,

Dinanzi a cui stupisce la stessa natura, superata dall’opera sua:

O fiore d’Ausonia, Titano della tua splendida Nola,

Decoro e delizia dell’uno e dell’altro cielo:

Posso forse tentar di parlar di te con un mio carme,

Di te, di cui nessuno, in un carme, può parlare degnamente?

Non io: tu vinci la bocca e la lira dello stesso Apollo,

Né alle Muse è concesso saper cantare di te.

Che cosa posso dunque io dir di te, a meno che non dica

Solo questo: che di te non posso dir nulla?

Che debbo fare? Ma ti basti, o grandissimo uomo,

Questa lode: da nessun carme puoi venir lodato abbastanza». 
 

Valens Acidalius, Helmstedt 1589 

 

            

                                    

Poesia ed Arte nell’era dei Metamateriali

                                                     

La filosofia che stimola una ricerca non guidata dalla logica del profitto è poesia e pertanto arte e dunque suona...  (Nunzio Cennamo)

                  

Crispano, Caffè letterario  16 Settembre 2005

                                                                    

                  

                         

Intervista al Compagno  Cennamo Biagio 

Presidente del Consorzio Zona PIP  “Sviluppo Crispano”

              

Il centro destra locale sembra aver appreso amaramente la notizia  del suo incarico, vista anche la sua militanza nel Partito della Rifondazione Comunista, come mai è stata scelta proprio la sua persona?

 

La carica di Presidente non mi è stata data per caso e/o per favoritismo politico, ho sempre creduto in questo progetto: sto svolgendo un ruolo di interprete dei problemi e di ideatore di soluzioni dal lontano 1998.

In merito alla destra locale, vorrei dedicargli una battuta: siate meno cattivi nell’animo ed un po’ più “europei”, sia il sottoscritto che il C.D.A. lavorano con passione e senza scopo di lucro per dare un futuro migliore ai nostri ed ai vostri figli.

Nella Regione Campania la “cultura dei progetti”, introdotta dalla Comunità Europea, include un nuovo concetto per la tutela dei diritti: le Azioni di Monitoraggio e Valutazione sono parte integrante della progettualità.

 

 

Perché ha accettato l’incarico?    

                                                            

Gli amici mi dicono che è un compito difficile, ma io, forse, proprio per questo, credo di aver accettato l’incarico.

Sì, senz’altro le ragioni per cui ho accettato sono la capacità di accogliere con positività le prove difficili e la paura che le dinamiche politico-economiche legate allo sviluppo della zona PIP fossero sottovalutate e/o valutate in termini di felicità privata anziché pubblica.

Allora, come comunista e come artigiano-lavoratore ho sentito il dovere di accettare.

Il mio incarico, infatti, avrà come unico obiettivo la tutela dei colleghi e della Collettività e per realizzare ciò useremo Commissioni di monitoraggio e valutazione gestite direttamente dall’Istituzione Comunale, così come da Cultura Europea.

 

 

Ci può descrivere brevemente la cronistoria della zona PIP a Crispano?

 

Nell'allora vigente Piano di Fabbricazione, approvato con Decreto Regionale del 12 Dicembre 1978, fu individuata come zona destinata ai nuovi insediamenti produttivi a carattere artigianale e per il potenziamento delle attività produttive già esistenti nel territorio comunale, la zona posta lungo la strada Provinciale Aversa-Caivano, a nord dell’abitato.

Il Piano Regolatore Comunale, approvato con D.R. n° 2458 del 24 Febbraio 1983, prevedeva espressamente la formazione del P.I.P. e l’area interessata dall’insediamento produttivo era ed è di mq 203.814.

Per la realizzazione di tutto il P.I.P. la spesa prevista era di £ 3.616.664.450 così ripartita:

Acquisizione suolo, urbanizzazione delle opere primarie (strade, parcheggi, rete fognaria, rete idrica, rete antincendio, rete elettrica, rete di Pubblica illuminazione, etc.) e secondarie (spazzi di uso pubblico, attrezzature sociali, etc..).

In quel periodo l’indennità di esproprio, per le aree esterne ai centri edificati, commisurata al valore agricolo, era di £ 11.400 al mq.

Era un progetto economicamente accessibile sia per gli artigiani che per le piccole imprese locali; con pochi fondi si poteva realizzare già all’epoca qualcosa di veramente innovativo per la qualità del lavoro sul nostro territorio.

Oggi, dopo più di 20 lunghi anni, in un mercato dinamico e veloce le imprese di Crispano stanno ancora aspettando i lenti e poco utili tempi della Pubblica Amministrazione.

Comunque, dopo diversi anni, nel 1998, grazie all’insediamento di una coalizione di centro-sinistra, capeggiata da Carlo Esposito, si riprese il Progetto della zona industriale, partendo ancora dai lavori e dalle esperienze svolte nel 1983.

Fu chiamata una società di esperti per elaborare il piano ed il prezzo dell’operazione mentre gli esponenti politici della coalizione di Centro-Sinistra si riunivano, frequentemente, per trovare una soluzione Politico-Economica alla zona P.I.P.

La soluzione fu quella di avviare il progetto con i fondi comunali, ma, simultaneamente, si attivava anche un’esplicita richiesta di fondi alla Regione Campania per finanziare il progetto.

Il Progetto ci fu finanziato dalla Regione Campania con più di £ 10.000.000.000. Con questi fondi Regionali, gestiti direttamente dal Comune, sono state realizzate le opere primarie e secondarie del P.I.P.

Come opere secondarie sono state realizzate un edificio adibito ad uffici, una sala convegni, un bar e  due fabbricati da destinare a giovani imprenditori per progetti innovativi.

Contemporaneamente all’approvazione del Progetto, a seguito di un bando di selezione, furono presentate centinaia di domande per la richiesta di assegnazione dei lotti; lotti che una Commissione Tecnica ha provveduto ad assegnare a 40 imprenditori-artigiani.

Il passo successivo, coordinato e promosso dal sottoscritto e da Pasquale Amoroso, fu l’ideazione e l’approvazione dello Statuto Costitutivo e del Consorzio “Sviluppo Crispano”.

La mia nomina a Presidente del Consorzio è poi storia recente…

   

  

Quali sono le sue idee per “Sviluppo Crispano”?

 

I miei colleghi artigiani-imprenditori sono prima di tutto dei lavoratori, come il sottoscritto; infatti, gli assegnatari sono quasi tutte ditte a carattere familiare. Ci rendiamo conto che oggi ci vuole la qualità totale nei prodotti per essere competitivi sul mercato mondiale, qualità che cercheremo di ottenere con l’istituzione di corsi professionali e con l’introduzione delle nuove tecnologie nei processi di produzione semi-industriale.

Questa è la strada che “Sviluppo Crispano” seguirà per portare un lavoro serio, non precario, alla nostra collettività: ai nostri operai ed ai nostri figli vogliamo offrire una Crispano migliore di quella in cui siamo cresciuti noi.

Innovazione, Internazionalizzazione ed Occupazione, queste sono le parole chiavi di “Sviluppo Crispano”.

Forse ci sarà un nuovo tempo in cui Crispano sarà famosa in ambiti internazionali non perché ha il più alto tasso di epatiti al mondo ma per i suoi prodotti artigianali e per la qualità della vita...

  

 

Ma questo è un sogno?

 

Anche una festa di Liberazione a Crispano lo era fino a ieri, oggi è realtà…

Ci vuole progettualità ed impegno!

                       

           

                                 

Il mondo è nelle nostre mani

                              

 

                                                      

                          

Alla bandiera rossa

 

Per chi conosce solo il tuo colore,

bandiera rossa,

tu devi realmente esistere, perché lui esista:

chi era coperto di croste è coperto di piaghe,

il bracciante diventa mendicante,

il napoletano calabrese,

il calabrese africano,

l'analfabeta una bufala o un cane.

Chi conosceva appena il tuo colore,

bandiera rossa,

sta per non conoscerti più, neanche coi sensi:

tu che già vanti tante glorie borghesi e operaie,

ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli.

         

                           

PierPaolo Pasolini

               

                              

Garofani
Per i caduti del Lager

        

Per la piccola ebrea

    

     

Quel giorno che entrò in cella
era morbida, bella
e per l'amore matura.
Ma nel viso, pieno
di paura,
sbatte due occhi carichi di un dolore
che si sprofonda in secoli di pena.
L'hanno gettata
sopra il tavolaccio,
l'hanno lasciata sola,
qualche giorno,
finché una sera
Misha e Otto
si sono chiusi a chiave nella cella nera
e ci sono rimasti una notte intera.

E dalla cella viene per ore e ore
un lamento stanco di bimbo morente.
Da quella notte non ha più parlato,
da quella notte non ha più mangiato.
È là, accucciata in terra, muta, quieta,
nel buio della cella
che aspetta di morire.

             

Egidio Menegetti matr. 10568

                                                                  

          

                  

LIBERTA' DI VIVERE

          

Dove finiscono i limiti dello spazio,

si erge il monte dell’inquietudine.

Siamo sazi di guardare nubi vagare e dissolversi

nell’intenso traffico del cielo.

Avrai visto le stanze della mia anima

senza stupore.

Il mio grido risveglia i tuoi pensieri

somiglianti ad ombre selvagge

al cospetto delle tenebre.

Lasciati raccontare un’altra bugia,

implora i venti

di scuotere gli alberi solitari delle foreste.

Incredibile ci sembra la melodia degli uccelli

quando vaghiamo per sentieri estranei.

Il giorno annulla la paura

di blandire i segreti della notte,

la notte accende il fuoco del nostro amore.

Prova a camminare

con le braccia incatenate e gli occhi chiusi,

prima di rinserrarti nella prigione della solitudine.

Qual è la tua fine?

Hai guardato attraverso le sbarre

per fissare il mondo che ti eri inventata.

Stringiti a me, urla il bisogno di trovare un luogo

dove celare i segreti,

oltrepassa il muro che hai eretto

per non far entrare la malinconia.

Il mare dei sogni potrà trascinarti ovunque,

nello spazio e nel tempo,

non pregare che Dio spinga la tua barca,

lotta per la gioia di vivere,

segui il destino per goderti la libertà. 

     

Andrea Salerno

  

   

                

           

                                 

Saggio breve di Rino Malinconico sul Nazismo

                        

                              

       

Offeso

Sono offeso,

il mio paese è teatro di cose buffe: su un giornale locale ho visto recitare i pettegolezzi quotidiani di un consiglio comunale che sembra “la gatta cenerentola”.

Sono offeso,

i miei amici, stanchi e delusi, hanno smesso di sognare, in essi diversità di volti ma una è l’espressione.

Vorrei vederli nella diversità dei carismi sorridere ancora per un’intuizione, ma ormai uno solo è l’atteggiamento.

Sono offesi, allora

“dillo pure che sei offeso
da chi distrugge un entusiasmo
da chi prende a calci un cane
da chi è sazio e ormai si è arreso
da tutta la stupidità.
Chi si offende tradisce il patto
con l'inutile omertà
rimane senza la protezione
del silenzio, dell'assenso
del tanto dobbiamo sopravviverci qui dentro.
Quando vivere diventa un peso
quando nei sondaggi il tuo parere non è compreso
quando dire amore diventa sottinteso
quando la mattina davanti al sole
non sei più sorpreso.” (Niccolò Fabi)
Lo so, ti senti offeso,

quando cerchi complicità per progettare e ricevi solo complimenti e commenti da chi è troppo occupato nella diversità dei suoi mestieri.

Sei offeso, allora

“dillo pure che sei offeso
dalle donne che non ridono
dagli uomini che non piangono
dai bambini che non giocano
dai vecchi che non insegnano.
Se hai qualcosa da dire dillo adesso
non aspettare che ci sia un momento
più conveniente per parlare”.
(Niccolò Fabi)

   

 

Fusco Raffaele

                  

            

Poesie di Antonio Sibilio

             

Il coraggio

Piccola e minuta,
dal carattere dolce,
grande nell'anima e forte di temperamento.
Elena è il suo nome,
per anni, nella vita,
ha subito le violenze del marito,
uomo rude ed assai forzuto
che sfogava su di lei
l'ira veemente del suo fallimento.

La forza Elena l'ha trovata
quando questo dannato
anche con sua figlia
aveva cominciato,
è stato un attimo...
e poi tutto è terminato.

Lei è vero ha pagato,
però sua figlia si è salvata,
questo solo oggi conta,
e quando lo racconta
non si rende ancora conto
del coraggio che ha avuto
nell'affrontare quell'uomo bruto.

                            

           

L'attesa

Eccoti lì, distesa sulla sedia,
con il viso rilassato,
una luce ti pervade,
sembra illuminare
la tua sagoma sensuale.

E' proprio vero,
l'attesa di un figlio
esalta la bellezza,
ed è un piacere ammirarti
in questa tua grandezza.

Se l'amore per la vita
è una cosa innata,
l'amore mio,
per te io l'ho donato,
così le diremo,
quando sarà nata,
che noi l'abbiamo sempre
desiderata.

Ancora sulle sue poesie...

              

                

                                                                                                            

 

                                     

        

Lettera ai figli di Ernesto "Che" Guevara

Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernestino, se un giorno dovreste leggere questa lettera, è perché non sarò più tra voi. Quasi non vi ricorderete di me e i più piccolini non mi ricorderanno affatto.

Vostro padre è stato un uomo che agisce come pensa ed è certamente stato fedele alle sue convinzioni.

Crescete come bravi rivoluzionari. Studiate molto per poter dominare la tecnica che permette di dominare la natura. Ricordatevi che l'importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, da solo, non vale niente.

Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un rivoluzionario.

Arrivederci, bambini miei, spero di rivedervi ancora.

Un grande bacio e abbraccio da papà.

                   

           

Fede e Liberazione

 

Difficile e misterioso è il cammino della fede.

Io sono cattolico e comunista.

Non vado a Messa, se non per ricorrenze particolari, ma prego. In silenzio. Amo la figura di Gesù di Nazareth, che considero un grande, immenso rivoluzionario.

Nell’agonia di Giovanni Paolo II, per me, c’era Cristo in croce. Spesso  ho dei dubbi: davanti alle ingiustizie del mondo, alla fame, alle guerre, ai bambini che muoiono nella disperazione, nella dimenticanza. Ma poi, mi ritrovo a sperare: in quel Mondo dove, un giorno, rivedrò i miei cari, potrò dare, finalmente i tanti abbracci non dati.

Ho sempre guardato con ammirazione al Pontefice venuto dalla Polonia. E quell’ultimo suo grido muto è stato per me il grido muto di milioni e milioni di persone senza voce, di emarginati, di sfruttati: senza volerlo Giovanni Paolo II è stato il più grande politico della storia.

I miei idoli sono Martin Luter King, Madre Teresa di Calcutta, Mahatma Ghandi, San Francesco d’Assisi, Ernesto Che Guevara…

Io li vedo simili, e spesso ho pensato di peccare.

Mistici, santi, un guerrigliero?

Mi è venuto incontro il domenicano Frei Betto, esponente di primissimo piano della Teologia della Liberazione. Ha scritto “Questi hanno rinunciato al  benessere che possedevano per abbracciare una dimensione mistica, spinti da un grande amore verso il popolo, verso l’uomo.

Francesco d’Assisi, figlio del ricco  Pietro di Bernardone, ruppe con tutto quello che lo circondava per dedicarsi alla causa dei poveri, senza mai separare l’ecologia dalla lotta per la giustizia(…).

Ed Ernesto Che Guevara poté godere del massimo bene simbolico cui un essere umano possa aspirare.

Studiò medicina, si dedicò ai malati poveri del Guatemala e poi del Messico, si unì ai guerriglieri cubani spostandosi dal Messico a Cuba, lottò nella Sierra Maestra, fu comandante della rivoluzione, ministro e a questo punto, sebbene fosse già in pace con la storia, abbandonò tutto per la liberazione dell’Africa: lottò in Congo e, più tardi, in America Latina.

È la Mistica che spinge due uomini come San Francesco ed Ernesto Che Guevara ad impegnarsi in una causa, a dare alle proprie vite un significato ultimo che sta nella vita della collettività.”

Leggo ancora Frei Betto: “ Beati coloro che governano a favore dei diritti umani, estranei alla macabra logica che fa del bilancio una cassaforte i cui segreti i poveri non conosceranno mai; beati coloro che governano senza attaccamento al potere, facendo della propria vita un servizio nei confronti del prossimo, soprattutto dei più bisognosi.

Dio saprà ricompensarli nella pienezza dell’amore.”.

Posso esprimere questo concetto con altre parole, sperando di aver capito qualcosa dell’insegnamento di Giovanni Paolo II:

"L’orizzonte ultimo della politica è il contenuto della fede. Tutto quello che la fede annuncia può essere incontrato concretamente solo attraverso la politica."

        

di Barra Pasquale

              

  

L’amore e la morte dei nostri tempi

 

L’amore è difficile, tanto più in tempi di crisi organica del capitalismo mondiale. Quel complesso corto – circuito dei cuori e dei corpi si immerge nella quotidianità, porta sulla sua pelle le ferite della storia, misura il “grande freddo” delle moderne solitudini. Vive in bilico, vola e partecipa, sogna l’assoluto e mastica ogni sorta di precarietà.

La morte è sempre cattiva, ospite imprevisto, evento casuale.

La morte è banale nella sua interna dinamica, ma solenne nei riti che la circondano. Ma anche la morte, come la vita, come ogni cosa, muta le sue scansioni, i suoi significati, le sue forme, con il mutare della scena sociale. E se pure la morte è (come dice Totò) una livella che pone tutti dinanzi all’orizzonte del nulla e del mistero, l’esperienza del morire non è affatto uguale per tutti: si muore sempre male, ma c’è chi muore peggio.

Ronald Washington, 45 anni, e Ingrid Autry, 44 anni, intrecciavano le proprie povere esistenze negli interstizi e nei suburbi della capitale nordamericana. Lui facchino, lei disoccupata, pochissimi dollari, nessuna possibilità di farsi un nido (laddove i prezzi di un fitto di casa sono astronomici), qualche nottata trascorsa insieme in un motel, molte altre notti a cercare un giaciglio comune dove capita, dove lo cercano i più reietti tra i reietti, i barboni. Con una fantasia degna di Victor Hugo, si può immaginare un letto per due persino all’interno di un cassonetto per l’immondizia. Migliaia di barboni, negli Usa di questo pirotecnico inizio di secolo, dormono nei cassonetti per l’immondizia: che volete, anche la fulgida bandiera a stelle e strisce ha le sue smagliature, anche il grande sogno americano ha i suoi piccoli incubi.

E cosi anche Ronald e Ingrid dividevano momenti di intimità e di abbandono in compagnia dei cosiddetti rifiuti solidi urbani:come a dire c’è una tenerezza che resiste a qualunque prigione sociale, che cerca un posto caldo pur dentro il ghiaccio dello spaesamento metropolitano.

Ma una notte, un’ultima notte, mentre i due innamorati dormivano nel loro contenitore di metallo, non si sono accorti dell’arrivo del camion della nettezza urbana che ha incapsulato il cassonetto nel suo ventre e ne ha scaricato il contenuto sotto la pressa trituratrice. Quella macelleria meccanica ha ucciso l’uomo e ridotto in fin di vita la donna. Amore e morte, ai tempi della recessione. Eros e Thànatos in chiave americana.

L’azienda che gestisce la pulizia della città americana si rammarica dell’incidente, ma puntualizza che i “tempi produttivi” impediscono un controllo sul contenuto dei container della spazzatura. Che volete, il tempo è denaro. E poi questa è la patria di Capitol e di Beautiful, impazzano gli amori ricchi, i barboni gustano il paesaggio.

 

di Nichi Vendola

             

Racconto di una bella giornata

 

     

Crispano, lunedì 25 Aprile 2005.

Il cielo è velato, si sente un leggero vento fresco, pioviggina.

Il paese riposa, sono le 11.00 a.m., in Piazza Falcone e Borsellino non ci sono molte macchine, non c’è nemmeno la Santa Messa. All’improvviso, come un fulmine, arriva un gruppo di giovani e vecchi partigiani. Sono pochi ma non sembrano spaventati. Ridono, hanno una strana luce negli occhi, tirano fuori delle bandiere, arriva anche una corona di alloro.

Solo pochi minuti e finanche il cielo smette di piangere. Sono armati perfino di macchine fotografiche. La loro gioia ed il loro sentire è coinvolgente, è puro, è partigiano: la piazza è piena eppure non sono tanti.

Nell’aria si avverte la spiritualità dell’evento, si vivono abbracci e sorrisi, si sente il profumo della libertà. Sono venuti per un corteo, vogliono donare ai caduti una corona di alloro, una preghiera, una parola e un sorriso. Così, la pioggia, pulito l’asfalto per l’evento, lascia il posto ad una luce insolita, il vento inizia a sventolare le bandiere, il silenzio dilata la ritualità dell’evento e l’assenza delle macchine non intralcia la marcia che parte.

Fieri e liberi sono finalmente in cammino, sono pieni di Resistenza e di Costituzione. Sono emozionati.

Il rito della Liberazione si incarna nei volti e nella diversità delle espressioni per divenire manifestazione.

E’ il 25 Aprile, è la loro festa!

Marciano, sostano ed onorano. Ci sono comunisti e non, anziani e giovani: c’è la libertà!

Un minuto di silenzio: la solennità del rito carica di emotività le persone presenti, si sente un clima teso, nell’aria si respira la morte dei partigiani per la libertà nella democrazia. Poi, un applauso e la complicità.

E’ il 25 Aprile, è la loro festa è la festa di tutti!

Si abbracciano, comunicano una forza senza limiti, sono armati: hanno centinaia di copie della Costituzione. Sono le ore 12.00 a.m. Inizia la distribuzione della Costituzione, è l’infinito.

            

  

di Nunzio Cennamo

  

Crispano, 25 Aprile 2005

        

          

I ragazzi che si bucano

 

I ragazzi che si bucano sono fragili. Spesso sono bugiardi, fastidiosi, arroganti. Soprattutto turbano la quiete pubblica.

Rubano le autoradio, scippano le catenine d’oro, tendono una mano accattona agli angoli delle strade.

I ragazzi che si bucano sono tanti e diversi, ognuno con il suo nome, con il suo percorso, con il fagotto di sofferenza e solitudine. I loro nomi riempiono i casellari giudiziari, le loro braccia sono mappe di cicatrici, le loro storie sono l’affanno e il brivido di una corsa continua sull’orlo di un precipizio.

I ragazzi che si bucano non ce la fanno a non bucarsi. I loro piedi calcano la scena di una precarietà avvolgente e totalitaria, le loro mani sono esperti di rituali che celebrano la miseria metropolitana. Sono coscienze sonnambule e spaurite. Sono vite contratte e spolpate, libri piene di pagine strappate o ancora bianche. Sono gorghi di ansietà e smarrimento, sono secondi scanditi da un dinamismo vorticoso, sono corpi immoti e lentezze che paiano avanzare da deserti secolari: cronometri del girare a vuoto, clessidre dell’inciampo e della paralisi.

I ragazzi che si bucano, bucano le nostre medesime certezze, sono il “noi stessi” capovolto, sono il fantasma di quella debolezza che noi riusciamo a governare o a drogare con il galateo versatile di tutte le nostre vere o posticce normalità, di tutte le nostre placide o codarde compatibilità. All’ombra di ciascun buco ci sono vocabolari spezzati, fonemi sbiascicati, silenzi balbettati: un vero e proprio buco di parole inghiotte tanti nostri ragazzi. Quelle parole mancate non sono un margine di patologie e di devianza da incasellare in una cartella clinica o in un registro penitenziario. Quelle parole mancate sono anche la nostra lingua ufficiale, la cifra delle nostre comunità atomizzate, il frastuono della grande Babele consumista.

I ragazzi che si bucano volano in cieli di banalità e di ossessioni, lambiscono pianeti illegali, dilatano artificialmente i confini invisibili ma blindati della propria monotonia del proprio universo concentrazionario.

Sono tanti, troppi: ma anche un solo ragazzo perduto è tanto, troppo. Sono diversi, non riducibili ad alcun stereotipo, non classificabili con il metro lombrosiano della cronaca nera. Vivono e muoiono accanto a noi. Sono la nostra stessa vita e la nostra stessa morte.

Un mio amico tossicodipendente mi ha detto: “Siamo raggi fuggiti dal sole”. Come dire che c’è un freddo insopportabile che ti cinge, e una dispersione di luce, un’entropia che centrifuga ogni residuo ordine della tua coscienza.

I ragazzi che si bucano non meritano i ceppi e le manette, non devono essere incarcerati e puniti. Pena su pena, il mondo non si può redimere :è già cosi sconfinata la pena del vivere, del camminare da soli, del curarsi ferite sconosciute ai manuali di medicina, del volgere il proprio all’ altrui sguardo, del rialzarsi da terra, del cercare un alito di amicizia. Quel supplemento di pena che offre galera a chi domanda eroina è la più inumana, la più stupida delle risposte. Bisogna cambiare risposta, anche per aiutare i ragazzi che si bucano a cambiare la loro domanda.

  

di Nichi Vendola

      

       

SULLA CONDIZIONE STORICA

DELLA GUERRA E DELLA RIVOLUZIONE

a margine del dibattito sul tema della nonviolenza

di Rino Malinconico

                 

                    

La Pace:   Valore Universale

          

    
Se la democrazia viene dalla cultura greca,
il cristianesimo, dall'ebraismo
e le tecniche di meditazione dall'oriente...
Se i numeri che sommiamo sono arabi,
le lettere che scriviamo, latine
e l'indispensabile ruota, è persiana...
Se l'Asia ci ha dato il riso,
i paesi Mediterranei, il grano
e l'America il mais...
Se la razza umana è di tutti gli umani e le umane della terra...
Perché non lottare affinché tutte le culture 
dialoghino e contribuiscano alla costruzione
di un mondo di giustizia e di pace?
   
       
               

   

SE QUESTO E' UN UOMO

       

      

Voi che vivete sicuri 

Nelle vostre tiepide case,

Voi che trovate tornando a sera

 Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo e' un uomo

Che lavora nel fango 

Che non conosce pace

Che lotta per un pezzo di pane

Che muore per un si' o per un no.

Considerate se questa e' una donna,

Senza capelli e senza nome 

Senza piu' forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo 

Come una rana d'inverno.

Meditate che questo e' stato:

Vi comando queste parole. 

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via

Coricandovi alzandovi; 

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

La malattia vi impedisca, 

I vostri nati torcano il viso da voi.

      

                                                            Primo Levi, sopravvissuto ai lager nazisti.

    

      

        

QUASIMODO  E  LA GUERRA

        

       

«Io non credo alla poesia come "consolazione", ma come moto a operare in una certa direzione in seno alla vita, cioè "dentro" l’uomo. Il poeta non può consolare nessuno, non può "abituare" l’uomo all’idea della morte non può diminuire la sua sofferenza fisica, non può promettere un eden, né un inferno più mite... Oggi poi, dopo due guerre nelle quali l’"eroe" è diventato un numero sterminato di morti, l’impegno del poeta è ancora più grave, perché deve "rifare" l’uomo, quest’uomo disperso sulla terra, del quale conosce i più oscuri pensieri, quest’uomo che giustifica il male come una necessità, un bisogno al quale non ci si può sottrarre... Rifare l’uomo, è questo il problema capitale. Per quelli che credono alla poesia come a un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre per speculare il cosmo, diciamo che il tempo delle speculazioni è finito. Rifare l’uomo, questo è l’impegno.»


Salvatore Quasimodo, 

La Fiera Letteraria, Giugno 1947

           

         

                                 

La Resistenza per la Pace

                

www.opartigiano.it,

uno spazio multimediale aperto, tutto nostro,

cerniera tra la realtà e le idee, tra i progetti e le speranze, tra la piccola provincia ed il mondo.

Crispano, 31 Marzo 2005

   

      

                  

         

               

Non è finito l’infinito

                                                                                             di Raffaele Fornelli

 

        

All’ombra delle indifferenze umane è arrivato, nel ciclo perpetuo della natura, un nuovo cambio di stagione: tutto muta, colori, odori e sapori, mentre l’uomo prosegue nella sua visione dell’esistenza senza limiti né transitori, fatta di razionalità tessuta in progetti per il nostro futuro e per quello dei nostri figli.

Sì, l’uomo del passato, del presente e del futuro senza limiti o confini, regna!

Ma quale futuro regna?

Il venturo può condizionare la vita di chi ci è vicino, perché l’uomo sa, perché può, perché pensa di vivere oltre il tempo consentito?

Oppure, l’uomo è un povero uomo, senza futuro anche se vive ancora: è l’unica creatura, nell’universo naturale delle cose, senza riflessioni, senza sentimenti, senza simboli, perché non sa, o non vuole sapere.

Eppure basta guardare diversamente i nostri figli, i tanti giovani che illuminano la nostra esistenza.

Oggi, un ragazzo di 16 anni,  per gioco forza, dovrà raggiungere la propria maturità, che noi crediamo di aver raggiunto a 47 anni.

Ebbene, tra trent’anni quel ragazzo avrà la nostra età!

Quindi, se il tempo per noi è trascorso senza accorgercene, allora quel ragazzo tra breve avrà 47 anni e noi non saremo più in questa dimensione!

Il tempo è dunque una spartizione astratta dei cicli naturali?

Si, quando un nostro figlio ci chiede un gelato, mentre guidiamo l’auto verso il futuro eterno, fermiamoci alla prima gelateria, accontentiamolo, forse conosceremo il tempo che passa!

Lo ameremo il tempo che passa!

Ci permetterà di abbassare gli scudi umani, allontanerà da noi le paure.

Ci offrirà un’esistenza meno vuota, ancorata ad una dimensione non più finita…

       

                            

LA SOCIETA' DEL COPRIFUOCO
di Nichi Vendola

 

Questo è il tempo di stilare rendiconti e promemoria, per capire cosa gira vorticosamente sulle nostre teste, per leggere tra le righe e sotto le righe quale sia la trama del nuovo Ordine in via di costruzione su scala planetaria, per denunciare il cuore grezzo di quell'Impero che nasce dalle proprie stesse rovine e dalla sua medesima crisi. Occorre guardare con attenzione ogni singolo tassello (di storia, di geografia, di politica, di cultura) senza mai dimenticare il mosaico: che è quello della globalizzazione liberista, della sua progressiva perdita di egemonia, del suo mappamondo incendiato dal dolore sociale, della sua scelta strategica di affidare alla guerra (preventiva, infinita, indefinita) il compito di una ricomposizione materiale del quadro del comando sovranazionale. Poiché questo scenario non consente correzioni "riformiste" - le quali risultano patetiche quando si ingegnano a cercare foglie di fico e coperture legali alla generalizzata "chiamata alle armi" - si capisce bene che qualsiasi opposizione radicale, qualsiasi dissenso di merito, qualsiasi diserzione dalla coscrizione obbligatoria in cui tentano di irreggimentarci, apparirà immediatamente come un atto di cospirazione politica, di sovversione, di insubordinazione alle leggi scritte (codice fascista e norme emergenziali) e alle tante leggi non scritte o in via di scrittura che stigmatizzano persino gli eccessi della libertà di pensiero. Questo sta accadendo sotto ogni latitudine, con buona pace della conclamata e universale vittoria di quella "civiltà liberale" che sembra diventata l'abito della festa: quando il "pensiero unico" diviene arruolamento si cambia abito, che diventa "uniforme" proprio perché ci uniforma, e le sottigliezze di Voltaire e Montesquie vanno a farsi fottere. La verità è che siamo seduti sul cratere di una contraddizione insanabile: il pensiero critico, e il movimento che lo incarna e lo propaga, sono oggettivamente una proposta di "sovversione" dell'ordine costituito (e costituendo).

          

da "Liberazione" del 04.12.02
 

11 Giugno 2004

Caro Enrico, ci manchi tanto..

         

Le ultime parole sul palco di Padova, l' agonia, il bacio commosso dell' amico Sandro Pertini

 


"Compagni, proseguite il lavoro"

        

PADOVA - "Compagni, proseguite il vostro lavoro... casa per casa... strada per strada...". Enrico Berlinguer pronuncia le sue ultime parole con la voce fioca, spezzata, un fazzoletto bianco premuto sulla bocca. Il segretario del Pci, colpito da un ictus, crolla, pallido come un cencio, sul palco di Piazza della Frutta, dove sta tenendo un comizio per la campagna elettorale delle elezioni europee. Berlinguer comincia a morire alle dieci e mezza di una sera fredda, di vento, sotto qualche goccia di pioggia, mentre un maxi schermo trasmette il suo dramma ai cinquemila della piazza. Era giovedì 7 giugno 1984. Il suo cuore cessa di battere quattro giorni dopo all' ospedale Giustinianeo. Berlinguer torna a Roma sull' aereo di Sandro Pertini: "Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta" dice con gli occhi lucidi il Presidente della Repubblica. Berlinguer non sta bene già quando sale sul palco. Accende una super senza filtro mentre parla Gianni Pellicani e aspetta il suo turno, ma la spegne quasi subito. Avverte un senso di nausea e gli gira la testa. "Hai mangiato pesante ieri in Liguria" lo tranquillizza il fido Tatò. Berlinguer toglie l' impermeabile, ha una giacca a quadretti. Si slaccia il primo bottone della camicia, per respirare meglio. Inforca gli occhiali e comincia a parlare, la mano sinistra alzata. La polemica col governo è dura. Il leader comunista attacca i "meschini calcoli di parte", la "ragioneria partitica". Ma lo prende il primo affanno. Si ferma, ricomincia : "La verità è che...". Non ce la fa più. "I partiti se ne infischiano...". Berlinguer lotta contro l' ictus. "Enrico, Enrico" gridano dalla piazza. "A questo stato di cose diciamo basta...". La voce gli esce stonata, fatica a leggere gli appunti. Lo prende un attacco di vomito, chiede un bicchiere d' acqua. Impallidisce, si porta il fazzoletto alla bocca. Adesso tutti capiscono. "Non vedete che sta male" urlano. Ma lui vuole andare avanti. Berlinguer sente che le forze gli mancano, la vista gli si appanna. Salta le ultime otto cartelle del discorso. "Proseguite il vostro lavoro, andate casa per casa, strada per strada..." riesce a mormorare e si accascia. I compagni lo sorreggono, lo fanno scendere dal palco. Berlinguer è uno straccio. Vomita. Lo portano all' albergo, poi di corsa all' ospedale. Sono le undici della sera. Berlinguer è in coma. Nella notte lo operano, ma non c' è niente da fare. La mattina dopo arriva Pertini, che si china sul suo letto di morte e lo bacia sulla fronte fasciata. "E' un uomo giusto" piange il vecchio presidente. Per quattro giorni migliaia di persone vegliano in silenzio nel vecchio cortile del Giustinianeo. Ma Berlinguer non riprenderà più conoscenza. Lunedì 11 giugno il sovrintendente sanitario Francesco Valerio comunica : "L' onorevole Enrico Berlinguer è mancato alle 12.45". "Compagni, la dura notizia è giunta" annuncia Achille Occhetto alla folla radunata davanti a Botteghe Oscure. Il corteo con la bara di Enrico Berlinguer sfila da Padova a Venezia tra due ali di folla lunghe trenta chilometri. Pertini lo porta via con sé.


L
a Repubblica - Mercoledì, 8 giugno 1994

 

 

       

               
 
Il Manifesto
       
    
      
E ora tocca 
 
a voi battervi
 
gioventu' del mondo;
 
siate intransigenti
 
sul dovere di amare.
 
Ridete di coloro 
 
che vi parleranno di prudenza,
 
di convenienza, che
 
vi consiglieranno
 
di mantenere
 
il giusto equilibrio.
 
La piu' grande
 
disgrazia che vi
 
possa capitare
 
e' di non essere
 
utili a nessuno,
 
e che la vostra
 
vita non serva
 
a niente.
  
Raoul Follerai
 
          
       

              

Una Preghiera...

    

Rallenta la mia corsa, Signore!

 

Signore, calma il battito del mio cuore,

calmando la mia mente.

Dammi, fra la confusione dei miei giorni,

la pace delle alte cime.

Insegnami l'arte di fermarmi

a guardare un fiore,

parlare con un amico,

accarezzare un cane,

leggere un buon libro.

Ricordami sempre che,

nella fretta,

perdiamo il meglio della vita.

Fammi guardare ai rami

della torreggiante quercia,

e fammi ricordare che è così

perché è cresciuta

lentamente e bene.

Rallenta la mia corsa, Signore,

aiutami ad affondare le mie radici

profondamente,

nel suolo dei veri valori della vita,

così che io possa crescere verso le stelle

del mio più grande destino,

nel nome di Gesù!

          

               

                                 

               

                                          

                           

                       

L'isola di Cuba

   

                                                           

                                                       

Ascolto la sua musica e il mio animo si rasserena.
La mia mente mi porta lontano, lontano da tutto e da tutti,
vedo solo te, sei insieme a me.
Passeggiamo tenendoci per mano
per i vicoli di questa città ferma nel tempo.
Da un angolo, in lontananza, si intravede il mare...
ci accorgiamo del sole che velocemente,
forse più velocemente del solito si abbassa
fino a scomparire dietro la linea dell'orizzonte.
Corriamo, corriamo veloci
per non perdere nemmeno un attimo di quello spettacolo!
Intorno a noi tanta gente.
le donne indaffarate,
i bambini che giocano e si rincorrono,
gli uomini che al bar...fumano.
Questa è la musica che si respira nell'aria,
è la musica che riempie il cuore di questa gente.
Non hanno nulla, niente ori profumi
eppure i loro volti sono sereni,
le loro bocche conoscono il sorriso.
Vorrei vivere anch'io così...
                                           

E. D.

                                                                                            

Una Donna Libera...

                

                       

PER ESSERE EUROPEI
L’essere maturo
 
  

E’ dovere di tutti porsi l’interrogativo:  Come prepararsi alla vita adulta?

Esiste un’età cronologica ed una mentale, che spesso non camminano di pari passo. Un popolo che si dà delle regole per definire la struttura urbanistica del proprio paese è una testimonianza di maturità. Conversare sul rapporto tra salute e territorio, sui diritti di cittadinanza, su coscienza e spiritualità sono tematiche universali che non ci possono essere estranee. Distinguere il diritto legittimo da quello illegittimo, l’economia politica dalla politica economica, un paese a crescita zero da un paese che aumenta vertiginosamente il numero dei propri abitanti è, appunto, la verifica dell’essere maturo oppure del rimanere infantile.

La critica e l’autocritica fanno parte integrante del percorso didattico pedagogico, ed aiutano a formare un cittadino maturo, dotato di una coscienza civile e democratica, capace di distinguere l’aggressore dall’aggredito, che non metterà mai sullo stesso piano l’invasione nazifascista e la difesa di un popolo contro tale invasione.

Tali percorsi stimolano ricerche, conversazioni, relazioni e aiutano a diventare maturi  risparmiando all’umanità tragedie che, anche se ci rattristano, non devono essere cancellate dalla memoria storica: l’Italia attuale è dotata di una Costituzione nata dalla Resistenza contro il fascismo e il nazismo.

Non dimenticare significa insegnarlo con più fede nelle scuole affinché i valori della Costituzione si possano attuare.

Educare alla vita adulta è appunto sforzarci di costruire una società più umana basata sul lavoro per tutti, su un minimo garantito, al di sotto del quale comincia la soglia di povertà, e questo non solo sul piano materiale ma anche sui beni immateriali quali l’istruzione, la capacità di intendere e volere, il distinguere.

La Libertà, il progresso, le riforme vanno preparate attraverso un lento lavoro in cui il ruolo preminente spetta all’educazione e all’Istruzione:  soltanto un popolo educato potrà comprendere appieno il valore di certi ideali, “virtù, gloria, umanità, patria, natura, diritti sono parole vuote di senso in paesi in cui non vi è ombra di educazione”.

Perciò le spese scolastiche non vanno mai considerate improduttive, in quanto sono finalizzate a preparare i futuri cittadini, uomini maturi che sapranno leggere leggi, interpretarle e applicarle correttamente e, se necessario, modificarle quando sono sbagliate.

Più si è maturi più si è utili alla collettività, meno si è maturi più si aggrava il costo della collettività.

Basti pensare che Regioni e Comuni spendono centinaia e centinaia di miliardi per pareri legali: cioè per farsi spiegare le leggi!

Cittadini ben istruiti, eletti nelle Istituzioni, capaci di ricerca ed aperti al confronto sicuramente avrebbero ridotto se non annullato tali spese, riducendo i costi della politica Istituzionale.

E’ nostro dovere ripartire da quei valori nati dalla Resistenza per affermare con forza il diritto alla casa, al lavoro, ad una migliore qualità della vita attraverso la costruzione di infrastrutture quartiere per quartiere.

Sentire l’esigenza di avere leggi chiare, comprensibili, significa capire la necessità di rendere più economica la giustizia e la politica, significa diminuire la spesa repressiva per aumentare quella preventiva.

Diciamo basta al mutismo, alla disinformazione, mobilitiamoci e partecipiamo in massa al risanamento del nostro paese.

  

Giuseppe Cennamo

      

     

    

E’ difficile farsi capire.

E qualche volta non conviene

           
Ogni volta che parliamo, dobbiamo usare un linguaggio appropriato al nostro interlocutore. Non alzeremo la voce nella stanza di un ammalato, non diremo barzellette e non sghignazzeremo a un funerale, non useremo espressioni difficili con i bambini piccoli ed esporremo gradualmente i concetti, aiutandoci con esempi, se dobbiamo insegnare qualcosa di complicato. Ma vi sono dei casi in cui questi vincoli costituiscono uno sbarramento alla nostra possibilità di comunicazione. Immaginiamo di aver risolto un importante teorema matematico e di trovarci in rapporto solo con gente comune. Se ti sforzi di spiegare loro ciò che hai fatto, non solo non capiscono, si stancano, si irritano. E, se insisti, ti considerano pedante, noioso, ti escludono dalla loro compagnia. La tua scoperta puoi raccontarla solo ai tuoi colleghi matematici, ed anche allora con prudenza, solo a quelli disposti a capire.
Lo stesso vale in ogni campo del sapere: la storia, la filosofia, la letteratura, la fine analisi psicologica. La maggior parte della gente non ha voglia di complicazioni intellettuali. In televisione cerca prima di tutto spettacoli di intrattenimento. Nei dibattiti politici non vuol sentire le ragioni degli avversari, ma quelle dei suoi. Non le interessa il perché delle cose, ma consigli pratici, ricette. Per questo ci sono tante trasmissioni di cucina e rubriche di medicina. E, nei talk show , si aspetta che voi siate brillanti, leggeri come nelle conversazioni a tavola, passando da un argomento a un altro. Se volete essere meticolosi, precisi, non vi inviteranno più.
Quanto più l'esperienza è profonda, tanto più occorre essere prudenti. Non puoi raccontare una esperienza mistico-religiosa, e perciò carica di mistero, a gente che non crede, a cui manca la sensibilità adeguata, perché ti guarderebbe con sospetto, diffidenza e, alla fine, ti deriderebbe e ti screditerebbe socialmente. Devi tenerla dentro di te, segreta, ricavarne la forza con cui resistere alle avversità, con cui fare delle azioni giuste, buone, migliorarti. Potrai parlarne solo eccezionalmente, quando incontri chi ti può capire. Vi riconoscerete immediatamente da una parola, da un cenno. Ma siate sempre riservati perché, se gli altri vi ascoltano, non comprendendovi, possono farvi del male.

Non siate troppo generosi con coloro che non lo meritano. Perché prenderanno la vostra generosità per debolezza, e si convinceranno che sia loro tutto dovuto. E più date, più vorranno, fino a rivoltarsi contro di voi per portarvi via ogni cosa. Se poi siete animati da un ideale e dedicate la vostra vita a creare qualcosa di grande e prezioso, non sperate che gli altri capiscano le vostre motivazioni.
Non mettete mai la vostra opera in mano a persone avide. Più parlate loro di ideali, più vi considereranno un ingenuo e, non appena saranno sicuri di avere in mano il potere, vi attaccheranno, vi distruggeranno per portarvi via ciò che avete fatto e usarlo per i loro scopi egoistici. In Matteo 7,6 sta scritto: «Non date ciò che è santo ai cani; né gettate ai porci le vostre perle, per tema che le calpestino con le zampe e si rivoltino a sbranarvi».

Francesco Alberoni

"CORRIERE DELLA SERA"

Urlo sotto voce

   

Maledetta città,

cara sei stata da quando ho aperto gli occhi, e le mie gambe da sole hanno incominciato a percorrere le tue vie. Adesso che anche il mio io è libero e maturo parlo a te che ogni giorno assisti la mia mente moribonda davanti alla farsa di questa vita sempre più misera di sapore.

Sei l'artefice.

Tu mi sussurri sottovoce ogni giorno le tue verità, difficili da comprendere nel frastuono di questa realtà, quasi impossibili da cambiare nella confusione di quest'epoca.

Io immobile davanti a te, ogni mattino, bagnato di lacrime sotto una tempesta di dispiaceri, aspetto le tue offerte e le tue pretese.

Mentre di notte sono davanti alla luna, che dall'alto ci guarda entrambi, con lo sguardo e il sorriso ironico di chi conosce tutta la verità e incosciente dell'emozione che può darci vede tutta la tua inerzia e i miei pianti.

Sottovoce, i miei urli, sottovoce, non potranno mai cambiare la mia maledetta città.

  

    

  Fusco Raffaele

        

Una favola

 

Questa storia, così come tutte le altre, inizia con c’era una volta...

C’era una volta l’uomo, l’uomo e le sue paure.

L’uomo era avvolto e travolto dalle paure, quando un giorno decise di farla finita.

Spezzò quella catena che dava vita ad una vite che non si avvita.

Paura fu calpestata, ferita, tradita.

L’uomo, ormai forte e prepotente, si mise alla ricerca della verità.

La verità è che l’uomo si sentì subito solo, terribilmente solo.

Così, in un caldo e afoso pomeriggio estivo, l’incredibile uomo assaporò la pace.

In quel lontano pomeriggio l’uomo e la donna stettero insieme per la prima volta.

Bello, meraviglioso.

La pace dei sensi, però, durò poco.

L’uomo, prepotentemente perso, si rimise alla ricerca della verità.

La verità è che l’uomo unito con tutto e con tutti, non ha travato ancora il Signore Iddio.

Oggi, perfino il suo sapere è divenuto distribuito: vive e convive con strani oggetti “intelligenti”.

La rubrica telefonica del cellulare è parte integrante della sua memoria, il navigatore satellitare lo accompagna, la calcolatrice e il calcolatore lo aiutano nell’elaborare dati utilizzando matematiche sempre più complesse.

La verità?

La paura, l’amore, la vite che non si avvita, la tecnologia... sono tutte cose belle della vita, ma la morale della favola è che la vita, tutta bella e colorata, ha bisogno di un Uomo non daltonico, cioè pieno di Iddio.

   

  Nunzio Cennamo

     

      

Il Conto

     

La vita è volano di dinamiche dominanti, rotore di sentimenti, paure ed illusioni.

La vita è un conto.

Il conto, consistenza della nostra vita, del nostro essere stati, del nostro non voler essere stati, è turbamento.

Il conto, verità senza fine, grida di sentimenti mai annunciati, è il nostro non aver saputo amare.

Il conto è l’altro che si è allontanato da noi.

Da noi che non siamo stati capaci di allungare la mano e tirarlo verso di noi.

Il nostro egoismo, la nostra leggerezza, è in conto.

Il conto in un attimo ti avvolge e ti travolge e ti stritola in mille pensieri, in mille rimorsi, in mille lacrime.

Lacrime che lambiscono il nostro volto, che cadono a terra e lì rimangono senza mai asciugarsi. Stanno lì a raccontarci e ricordarci chi siamo stati e cosa non saremo mai, se non anteponiamo l’amore all’egoismo.

Il mio conto lo conosco. Più volte ho cercato di nasconderlo ma come una foglia trasportata dal vento mi spiffera la sua esistenza.

Prima di prendere una decisione, prima di offendere gli altri sentimenti, mi volgo indietro, vedo il mio conto, lo scruto, l’osservo e mi emoziono.

Ho capito!

Il conto è il mio angelo!

Ciao conto.

    

 

Raffaele Fornelli

        

           

L’anno che verrà

    

Auguri ai bambini dell’Iraq, nati e cresciuti sotto le bombe. Auguri ai militari italiani sopravvissuti in Iraq, che portano marchiata a fuoco la notte che scoppiò la bomba, la lunga notte indecente della politica italiana muta e distante. Auguri agli emigranti portati dagli scafi e dalle zattere, agli stranieri che cercano un posto per vivere in pace. Auguri a chi è in cella e misura, ogni giorno, l’angustia opprimente degli spazi e l’immensità senza rete dei tempi di detenzione. Auguri a chi ha perso il lavoro e a chi non l’ha mai trovato, a chi non è più compatibile con le necessità produttive, a chi è graziosamente chiamato “esubero”, a chi è cassaintegrato o in mobilità o nella immobilità coatta di un reparto-lager. Auguri a chi fa i turni di notte e ha sempre sonno, a chi lavora la domenica e non santifica le feste, a chi è flessibile nonostante la schiena rotta. Auguri a chi è solo e senza ombrello e fuori piove a dirotto e non sa dove andare. Auguri ai pensionati al minimo e alla loro minima esistenza quotidiana. Auguri agli ospiti del margine, agli abitanti degli angoli sporchi, ai camminatori sul ciglio dell’esclusione. Auguri a chi si fa le pere e si sente come un libro mai scritto o come una penna senza inchiostro. Auguri a quelli, gialli e neri e meticci, che stanno nel rovescio del mondo, nei sud prolifici e dannati, nei vapori della Patagonia o a cavallo di una bidonville. Auguri a chi aspetta il risultato della Tac, e si esercita con la memoria a fissare ogni brandello della sua storia. Auguri a chi si sente un pesce rosso prigioniero della piccola vasca. Auguri a chi prende partito, a chi sceglie di schierarsi, a chi rinuncia alle comodità della pigrizia e dell’indifferenza. Auguri al comunismo uscito a pezzi dal fuoco del “secolo breve”, ferito nei suoi sogni, dilaniato dalle sue eterne contraddizioni, eppure ancora più necessario per non chiudere la partita tra le ragioni della vita e le ragioni del potere. Auguri a chi governa e non si dimentica delle troppe ferite inferte dal potere. Auguri a me e alle mie ire, auguri a voi e alle vostre passioni.

  

        

 Nichi Vendola

           

           

      

Le due facce

 

 

       

In una discussione, un uomo disse: “Ci sono due facce in ogni questione”. Un altro ribadi: ”E’ vero.

Ci sono due facce anche nella carta moschicida, ma c’è una bella differenza per la mosca scegliere un lato piuttosto che l’altro !

Ci sono due aspetti in tutte le cose ma, mentre uno è positivo l’altro può essere negativo.

L’importante è conoscere la differenza .O sosteniamo una causa o siamo contro. O vogliamo la pace nel mondo o non ce ne occupiamo e lasciamo che i nemici della pace regnino.

Facciamo la nostra parte per la pace, promuoviamo la giustizia e opponiamoci all’iniquità.  “ La pace non si mantiene con la forza. Si può ottenere solo con la comprensione.” ( Albert Einstein).

 

             

 

 

Alla mercè dei pettegolezzi

            

 

In compagnia dei pettegoli, l’uomo è destinato ad avere la peggio, qualunque cosa faccia.

Se è povero, è un cattivo amministratore.

Se è ricco, è perché ha imbrogliato o ha avuto un colpo di fortuna.

Se si occupa di politica, lo fa solo per interesse. Se non se ne occupa, non è abbastanza furbo per avere un incarico governativo.

Se non fa la carità, è un avaro. Se è caritatevole, lo fa per farsi bello.

Se è un uomo di chiesa, è un ipocrita. Se non è membro di qualche gruppo religioso, difficilmente si salverà.

Se dimostra affetto, è un sentimentale.Se è moderato nei suoi affetti, non ha sangue nelle vene.

Se muore giovane, aveva la prospettiva di un grande futuro. Se raggiunge la tarda età, ha fallito la sua missione.

              

 

 

               

Non è facile

         

Non è facile chiedere scusa,

ricominciare da capo,

ammettere di aver sbagliato,

essere generoso,

accettare un sorriso di scherno,

essere perseveranti nelle difficoltà,

imparare dagli errori,

perdonare e dimenticare le offese,

riflettere e agire coraggiosamente,

utilizzare al massimo i doni di Dio,

accettare un rimprovero non meritato,

dominare un temperamento nervoso,

correggere una lingua maliziosa,

mettersi a disposizione della collettività,

difendere la vita.

 

No, non è facile!

Non è facile riempire il cuore umano

con le cose che questo mondo offre.

Il cuore umano è cosi grande da contenere

ogni misura di felicità, ma solo Dio può

appagarlo pienamente.    

                         

Mille e una storia: Briciole di saggezza orientale

di J. Maurus

                 

      
Quattro tipi umani, quattro modi di avere successo

 

Sono quattro tipi di persone che conosco bene, quattro tipi umani, quattro modi di mettersi in rapporto col lavoro, con gli altri, col proprio futuro.

Il primo è un imprenditore. Suo padre era poco più di un artigiano. Lui ha avuto l'idea di creare prodotti più adatti al mercato. Hanno avuto successo, ha investito i guadagni in nuove linee, ha ampliato la gamma di produzione, si è espanso all'estero e oggi controlla un impero industriale. E' estroverso, simpatico, ottimista. Sa ascoltare, sa delegare. Ma è lui il capo indiscusso dell'azienda, anche se ha ottimi manager, anche se vi lavorano figli e parenti. E continuerà a restarlo fino alla morte. Tutti i guadagni, tutte le risorse sono stati riuniti in una società di cui è l'unico possessore. Vi vive come un sovrano dentro la propria reggia.
Il secondo tipo umano è un grande manager. Ha incominciato come consulente, poi è stato direttore generale di un’impresa, l'ha risanata. E' passato ad un’impresa più grande ed anche qui ha fatto molto bene. In seguito è stato amministratore delegato di altre società, ogni volta chiamato a risolvere un problema grave. A differenza del primo, ad ogni richiesta sapeva che sarebbe restato solo alcuni anni e poi se ne sarebbe andato. Che sarebbero arrivate altre persone a prendere il suo posto e, spesso, a prendersi il merito di ciò che aveva fatto. Ma non gli importa. Lui è stato pagato molto bene per il suo lavoro ed oggi è ricco. La sua vita è stata come quella di un capitano di ventura.
Il terzo è un politico. E' stato sindaco, deputato, sottosegretario, ministro, presidente di enti. Ogni volta sapeva che il suo mandato sarebbe durato poco tempo, che, un giorno, uno dell'opposizione avrebbe disfatto quanto aveva costruito. Mi sono domandato dove trovasse la forza per ricominciare ogni volta con energia. Poi ho capito che non si è mai identificato con un compito, non ha mai pensato che il suo futuro dipendesse dallo svolgerlo bene. La carica gli serviva per inserirsi sempre più profondamente, organicamente, in una rete di poteri. Dove ha collocato i suoi uomini, ha creato una rete di scambi, di complicità, di clientele, di alleanze in cui continuerà ad occupare una posizione chiave, di cui tutti dovranno sempre tener conto. E' come il ragno al centro della sua tela.

Il quarto tipo umano si è sempre gettato anima e corpo in un compito. Ha inventato, realizzato cose straordinarie. Ha salvato società ed enti in difficoltà, li ha portati al successo. Ha distribuito ricchezza e fama. Ma, a differenza del primo, non è un re, perché non ha mai costruito un proprio regno. A differenza del secondo non è un capitano di ventura e non ha accumulato ricchezze. A differenza del terzo non ha creato una propria rete di potere. Ha sempre agito per il piacere di fare bene, non ha tenuto nulla per sé. Come il cavaliere errante delle saghe medioevali, compiuta un'impresa gloriosa ogni volta è ripartito, con le sue sole armi ed il suo cavallo, alla ricerca di un'altra meta. Alcuni lo giudicano uno sciocco, altri lo ammirano per la sua nobiltà e generosità d'animo, altri lo odiano perché non ha mai chiesto loro niente e non gli possono chiedere nulla in cambio.

                        

Francesco Alberoni

    

Tutto si muove contro te

 

La Letteratura Italiana, da sempre, ha illuminato.

Oggi, nella società delle tre I  (Internet Informatica e Inglese), non c’è spazio né tempo per essa: la luce del Cavaliere illuminerà questo terzo millennio.

“Silvia,

rimembri ancor..

lascerà il posto a Silvio.

Il mercato del lavoro necessità di uomini pronti per l’uso, questo è quanto!

Così, tra una pizza congelata e un sugo già pronto, ecco l’uomo: un concentrato di cose utili, pronto per l’uso, ottimo per il riuso e disponibile all’abuso.

Ci cambiano le coordinate genetiche per un pezzo di pane; allora mi viene da pensare a tutti quei disperati che si sono lasciati portar via un polmone, un pezzo di vita, per quattro danari.

“Tutto si muove contro te. Il maltempo,

le luci che si spengono la vecchia

casa scossa a una raffica e a te cara

per il male sofferto, le speranze

deluse, qualche bene in lei goduto.

Ti pare il sopravvivere un rifiuto

d’obbedienza alle cose.

E nello schianto

del vetro alla finestra è la condanna.”   (Umberto Saba).

Quante voci, quanti urli silenziosi,

quanto capire per poi patire.

 

  

                               Nunzio Cennamo

        

     

L’abito della sposa

  

Ho visto il senatore Cossiga vestito da cavaliere di Malta, e non era il congresso delle giovani marmotte. Ho visto Monsignor Pio Laghi celebrare messe nere, con un pubblico più abituato ai riti del cappuccio e del compasso che non a quelli delle ostie consacrate e degli aspersori. Ho visto eserciti di vedove bianche e di morti crocifissi alla pressa, alla impalcatura del cantiere in subappalto, o sepolti nelle cave di marmo. Ho visto nella capitale di ogni genere di marginalità, l’abito della sposa più fastoso del mondo, pizzo bianco decorato con 6000 brillanti, e non era una commedia di Eduardo.

Ho visto bambini venduti e comprati sulle bancarelle della carne, messi ai saldi nei sottani del lavoro nero, promossi hai circuiti del cinema hard, oppure vivisezionati e commercializzati nel mercato dei pezzi di ricambio. Ho visto i bambolotti strambi che rallegrano i piccoli d’occidente cuciti ed incollati, giorno e notte dai piccoli d’Oriente.

Ho visto, su internet dei miei nipoti, i dati dell’Unicef  che parlano di un miliardo di persone in questo mondo che non sa né leggere né scrivere.

Ho visto un popolo di esodi, di profughi, di clandestini, fuggire dalla geografia del dolore e finire impigliati nella ragnatela dei vincoli, dei divieti , delle espulsioni.

Ho visto trafficanti di uomini arricchirsi e uomini trafficati svanire nei gorghi dei mari di levante.

Ho visto il soldato Ryan e ho pensato al soldato Ocalan.

Ho visto Bruno Vespa intervistare l’orrore che specchiava le domande di Bruno Vespa.

Ho visto 35000 cassaintegrati FIAT che in nome della cassa si sentivano disintegrati.

Ho visto Biancaneve stuprata dai sette nani.

Ho visto i terremoti e le alluvioni quotate in borsa.

Ho i visto la demenza dei terroristi di ieri e di oggi.

Ho visto smontare la scala mobile e montare il gratta e vinci.

Ho visto Vittorio Sgarbi che recita in un film la parte di Vittorio Sgarbi.

Ho visto il prof. Di Bella e la madonnina piangente di Civitavecchia e padre Fittita portare la comunione al boss latitante.

Ho visto i lingotti d’oro di Licio Gelli nascosti nel fiorire di Villa Wanda, come testimonianza della vocazione botanica della massoneria.

Ho visto patricidi e matricidi mentre scorrevano le immagini dello zecchino d’oro.

Ho visto Pierferdinando Casini in mutande. Ho visto Gigi Marzullo fare i turni di notte, come un qualunque operaio post-fordista.

Ho visto tanto, forse troppo. E se mi chiedete ancora perché sono comunista questa volta vi mando a quel paese.

 

Pasquale Barra

   

  

                           

        

POESIE SULLA GUERRA

        

 

    

 

         

              

Agli amici dell’ex Jugoslavia

 

Che cosa c’è mai successo durante

questa notte, amici?

Non so che cosa fate.

Che cosa scrivete.

Che cosa ci è mai successo durante

questa notte, amici?

Con chi bevete.

Non so più nemmeno

se siamo ancora amici.

 

Izet Sarajlic

      

 

Anh Dai

 

Una donna s’infiamma

ha vent’anni e un corpo pieno di fuoco.

Palpita il ventre

i seni bianchi eretti e incandescenti.

Si contorcono i fianchi

le cosce fremono

Anh Dai

ha il corpo bruciato dalle fiamme.

Ma non è l’amore.

È l’uranio

 

Minerva Salado

           

 

E poi sulla terra intera

 

E poi sulla terra intera a innalzare

monumenti “AI CADUTI”!

Cosi felici di essere caduti!

Ma provate a fissare quei corpi squarciati,

a fissare la loro smorfia ultima

sulle facce frantumate,

e quei occhi che vi guardano.

Provate a udire nella notte

l’infinito e silenzioso urlo degli ossari

- “Uccideteci ancora e sia finita”!

 

            

David Maria Turoldo

           

 

Generale,

il tuo carro armato è una macchina potente

 

Spiana un bosco e sfracella cento uomini.

Ma ha un difetto:

ha bisogno di una carrista.

Generale, il tuo bombardiere è potente.

Vola più rapido d’una tempesta

e porta più di un elefante.

Ma ha un difetto:

ha bisogno di un meccanico.

Generale, l’uomo fa di tutto.

Può volare e può uccidere.

Ma ha un difetto.

Può pensare

 

Bertold Brecht

 

 

Il discorso sulla pace

 

Verso la fine di un discorso

estremamente importante

il grande statista incespicando

Davanti al vuoto di una bella frase

ci casca dentro

e smarrito con la bocca spalancata

ansimante

mostra i denti

e la carie dentaria dei suoi pacifici

ragionamenti

mette a nudo il nervo della guerra

la delicata questione di denaro.

 

 

 

Jacques Prèvert

 

          

In Famiglia

 

La madre fa la maglia

Il figlio fa la guerra

Lei la madre lo trova del tutto naturale

E il padre invece il padre cosa fa?

Lui fa gli affari

Sua moglie fa la maglia

Suo figlio fa la guerra

Lui il padre fa gli affari

E lo trova del tutto naturale

E il figlio

Il figlio lui cosa ne pensa?

Niente non pensa proprio niente il figlio

La madre fa la maglia il padre fa gli affare lui fa la guerra

Quando l’avrà finita

Farà gli affari con suo padre

La guerra continua la madre continua con la maglia

Il padre continua con gli affari

Il figlio muore ammazzato e non continua

La madre e il padre vanno al cimitero

Trovano questo del tutto naturale padre e madre

La vita continua con la sua maglia la sua guerra i suoi affari

Affari e guerra maglia e guerra

Affari affari affari

La vita continua con il suo cimitero.

 

 

Jacques Prévert

 

 

 

Istruzioni per cambiare il mondo

 

 

Si costruisca un cielo piuttosto concavo.

Lo si dipinge di verde o di caffe,

colori belli e terrestri.

Lo si spruzzi di nubi a discrezione.

Appendi con attenzione una luna

piena ad occidente,

a tre quarti sull’orizzonte.

Verso oriente si levi,

lentamente,

un sole brillante e potente.

Riunisci uomini e donne,

parla loro lentamente e con affetto,

cominceranno a camminare da soli.

Contempla il mare con amore.

Riposa il settimo giorno.

Riunisci i silenzi necessari.

Forgiali con sole e mare e pioggia

e polvere e notte.

Con pazienza affila uno dei suoi estremi.

Scegli un vestito marrone

e un fazzoletto rosso

aspetta l’alba

e marcia verso la grande città.

A vederti,

i tiranni fuggiranno terrorizzati,

urtandosi gli uni con gli altri.

Ma … non fermarti! …

La lotta è appena cominciata.

  

  

Subcomandante Marcos

 

 

Labbra tagliate

 

 

 

Avrei potuto raccontarvi

la storia dell’usignolo assassinato

avrei potuto raccontarvi

la storia …

ma mi hanno tagliato tutte e due le labbra.

 

 

Samir Al – Qasim

 

 

Shemà

 

Voi che vivete sicuri

nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

il cibo caldo e visi amici:

considerate se questo è un uomo,

che lavora nel fango

che non conosce pace

che lotta per mezzo pane

che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

senza capelli e senza nome

senza più forza

di ricordare

vuoti gli occhi e freddo il grembo

come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

stando in casa andando per via,

coricandovi alzandovi:

ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

la malattia vi impedisca,

i vostri nati torcano il viso da voi.

 

        

Primo Levi

             

 

                       

Una poesia contro la guerra

 

 

I bambini iracheni giocano

con sagome di mitra di legno.

Le loro pallottole immaginarie fanno male,

anche più male di quelle vere:

le loro non sono pallottole a salve,

esse uccidono l’ideale e ammazzano il futuro.

Ma gli assassini sono coloro che

hanno creato l’idea di quelle sagome.

La fidanzata bacia il marine in partenza.

Tante donne hanno baciato il volto

del loro uomo che partiva e forse moriva.

Adolescenti palestinesi s’addestrano

a scagliare pietre e ad allacciarsi cinture esplosive

che deflagrano nel cuore.

Un figlio attende il proiettile fatale,

acquattato nell’ombra del padre;

anonimi carri armati puntano il cannone,

i cingoli travolgono ogni residuo d’onore dell’uomo

Sul lungomare di una città israeliana,

con ansia quasi liberatoria, s’aspetta

il prossimo arrivo di un uomo-bomba, un pacco-uomo,

fuochi d’artificio di brandelli

di carne umana e coscienza universale.

Qualcuno piange ancora una vittima delle Torri:

una polvere sottile – inesplorata - nell’anima dolente,

e il Potere è sempre insolente.

Prelati benedicono armati bardati.

Mullah recitano versetti inventati di guerre sante...

neonati leucemici, amputati di mine, ospedali da campo...

Ne sono stati uccisi più in nome di dio che altro,

negli infiniti nomi di dio

in tutte le lingue di tutte le genti d’ogni tempo,

eppure nessuno ha mai visto dio

o dimostrato la sua esistenza.

Forse perché non si cerca abbastanza nel cuore.

Però ci sono figli che si sdraiano sui binari per fermare i treni della guerra

 

e fiori colorati di sangue innocente che non appassiscono mai

e pensieri che s’incarneranno in eroi

e amori che sfideranno il tempo

e luci di occhi sognanti

e sopravvivranno anche quando le armi

saranno divenute polvere perduta per sempre.

   

 Alberto Figliolia

 

    

                   

Uomo del mio tempo

 

Sei ancora quello della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

con le ali maligne, le meridiane di morte,

- t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,

alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,

con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

come sempre, come uccisero i padri, come uccisero

gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno

quando il fratello disse all’altro fratello:

“Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,

è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

salite dalla terra, dimenticate i padri:

le loro tombe affondano nella cenere,

gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

 

Salvatore Quasimodo