Men si è, La libertà non è uno spazio
libero, la libertà è partecipazione. Ta |
Meno si è, meno si esprime la propria vita. Più si ha, più è alienata la
propria
vita. L'impatto dei media sulla vita politica e
sociale ci pone l'interrogativo di come la mente si rappresenti oggi
nell'ambiente esterno.
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G.G. In uno spazio-tempo popolato di oggetti umani plastici, tu, eri un bicchiere di cristallo. Singolare e prezioso per forma e materia. Toccare la tua corona circolare con moti armonici ti mandava in risonanza, vivendo slanci di vita acuti. Fragile e puro, sempre alla ricerca di vino prezioso e forte, degno della tua forza in forma e materia. Leggero, ti alzavi in volo, quando mani sicure ti afferravano con grazia, mentre il vino ti colorava profumando tutto intorno a te. La tua purezza ti ha condotto verso mani non umane, più degne, che meglio sapranno toccarti, alzarti, guidarti e suonarti per riempirti di vino santo. 9 Giugno
2022
Parigi in autunno Nel tuo corpo elegante la dolce proporzione tra il dentro e il fuori, la bellezza della cura del dettaglio, la magnificenza dell'incontro della natura con l'umano. Vivi silente, eppure popoli le tue viscere di urli tribali ed esistenziali. I tuoi cunicoli sotterranei sono pieni di culture di mondi antichi e
moderni, nel tuo volto la maestosa bellezza dei tuoi perenni litigi interiori. La forza della ragione, lume di crescita, si alterna e con fatica si miscela alla follia della creazione, matrice di bellezza e felicità. Così vivi e ti trasformi, ti trasfiguri nei tuoi opposti figli, albergando, simultaneamente, in un libero corpo nudo e in un elegante abito, in una leggera sfilata di alta moda e in un testo di letteratura alta, nel rigore dell'ingegno e nei fluidi colori dell'impressionismo e
dell'astratto, nei caldi sapori della tavola e nei duri conflitti di piazza, in una musica malinconica e in un urlo liberatorio. Ti vivo nei viali alberati dove le foglie sdraiate prendono il sole, sei la palpabile esistenza dei miei
pensieri. 25 Novembre
2021
Lontano Veniamo dal tempo di sempre, regalandoci sapore e forma, insieme ci trasformiamo. Siamo cristalli di sale che consumano, lentamente la vergine materia, scolpendo anime rocciose e dando sapori forti a tenere creature mediterranee. Dietro il vetro di questa finestra l'immensità marina, acqua fredda che avvolge piedi nudi caldi d'amore. 29 Aprile
2021 Maradona Girato di spalle sei uscito dalla nostra vita, come nelle tue uscite dallo stadio. Il sogno è finito l'arbitro ha fischiato. Genio senza fine, bambino vivace e fragile a cui è stato consegnato il peso di questo
mondo iniquo. Sogno vivente, vestito di mantello d'oro sei diventato la voce degli ultimi la gioia delle vittorie impossibili. Dentro te le anime di tutti noi. Ci conoscevi ad uno ad uno, ci possedevi, gli stadi servivano a travasare i cuori. Senza paura e senza tregua hai creato bellezza, magia e lotta, liberazione. Diego Armando Maradona, la tua umanità seppur fragile ha insegnato il valore della dignità, la forza della libertà, la voglia di vincere contro i potenti
prepotenti. A testa alta hai prima abbracciato e poi preso in
braccio le tue figlie Argentina e Napoli portandole fino al gradino più alto. Hai difeso il tuo popolo strapazzato con orgoglio, gratitudine e passione, come un guerriero. Stanco di mille battaglie silenzioso ti sei seduto. Dolore e solitudine hanno preso il sopravvento ti hanno portato via da noi, ancora una volta, per l’ultima volta. Al tuo popolo non resta che affidare ai figli il tuo grande nome. 25 Novembre
2020 Anime nude e volti coperti La vita a volte si srotola come un tappeto rosso sotto i piedi scalzi. L'amore in noi cresce come in un passaggio di stato evolve, cambia forma ed energia, come le meccaniche e le biologie, si complessa e cresce, si espande. L'intimo silenzio veste e spoglia la verginità di una innocenza che non smette di imbarazzarsi. La bocca mima parole in volti liquidi mai coperti. Il vapore stocastico della vita partorisce particelle nuove e disordinate. La nascita di imprevedibili anime vaporose. 15 Luglio 2020 Meta-Respiri Quando senti l'amore battere le mani, ti senti come alla recita di un figlio sul palco della vita, orgogliosamente miri e sospiri. Supina sulla terra nuda guardi le stelle in cielo. Tra la terra e il cielo una collina d'aria calda. Quando l'aria si muove, tocca e sposta. Quando è ferma, puoi respirarla e sentirla dentro. 7 Febbraio 2020 L'attesa... Il giorno stretto e lungo si riempie di calma tempestosa, nell'aria mi circonda la presenza della tua assenza. Su una giacca di pioggia pantaloni di lana fredda e scarpe di fatica, mi incravatta l'eco della tua luce, mentre in silenzio disegno con cuore rosso su fogli di lenzuola bianche l'abbraccio dell'incontro sotto un cielo di coperte. 6 Febbraio 2019 Anime ribelli Ho sentito le tue anime multiple e ribelli risuonare come uno schiaffo sulla guancia. Ho letto la tua spirale ombelicale ricca di tornanti golosi, pericolosi archi temporali affamati di slanci ipotetici e ciniche realtà. Navigo tra le tue ansie ancorato alle mie certezze, dentro e fuori il divenire, tra compleanni passati e futuri in anime che vogliono nascere. 6 Dicembre 2018 Là Chiocciola nata da un bacio di nuvole tra cielo e terra, custodisci l'amore. Ti alzi in volo come un aquilone, nuca all'indietro e il naso all'insù, occhi chiusi e cuore spalancato. Come una 'L' ti muovi tra cielo e terra, tra padre e madre, a te si attaccano le stelle cadenti, a te si legano le lettere nella poesia. Vivi in più dimensioni, Là ti ho vista e letta, Là mi sei salita in braccio, tra cielo e terra, come una 'à' che si siede
sulla 'L'. 7 Dicembre 2017 Casa Archi di saperi antichi si abbandonano con grazia su colonne di rigore, bellezza dell'ingegno. Sotto il naso della storia la bocca del futuro, sopra uno sguardo di speranza. 22 Giugno 2017 Nevica La neve arriva improvvisamente, non sai fermare il suo tuffo ovattato eppure sai leggere
i suoi cristalli più intimi. Vedi dalla finestra coppie di fiocchi innamorati che si prendono e rotolano felici, prima di sciogliersi nell'ultimo liquido abbraccio. Sai aspettare alla finestra, come una lacrima calda appanni il vetro freddo. Muta parli leggendomi, piangi e ridi, entri nella complessità senza bussare. Basta un bacio e alla vita canti la vita. 21 Gennaio 2017 29 Settembre Capelli lisci che si arricciano sotto la pioggia, anima nuda che
fuma una sigaretta seduta al sole in un freddo e secco giorno di inverno. Sogni quel
bambino che verrà in un sorriso amniotico. Asintoto, verticale sguardo verso il cielo orizzontale camminare
verso il mare. Sei la gioia oltre il campo di esistenza. Sei come la mia follia. Mi afferri l'anima e bevi il succo della complessità mangi l'amore e
sputi le ovvietà, ridendo di chi
ne è ormai schiavo. 10 Ottobre 2016 Vento caldo Timido e forte, invisibile e presente, caldo e pieno di terra rossa. Scioglie l'inverno e le notti di bora come sale su strade, tetti e balconi. Circonda i pensieri violacei, bagna le labbra secche con sciroppo di comete. Veste di oro rosso il respiro del grano di argento la luna che si specchia nel mare. La notte, ancora caldo per la doccia di sole diurno culla dalla stratosfera, asciuga con un telo di stelle, batte i colpi del cuore e sbatte porte e finestre. Sa di buono, quando finalmente scirocco, si spoglia e si spande nell'intinità della casa. Cammina in punta di piedi, accarezza e chiude le palpebre stanche, manda un eco all'universo che disegna un domani zuppo di ieri. Sa di te, che con labbra pronunciate soffi tra i miei respiri mentre soffri per l'attesa. 4 Luglio 2016 Buonanotte Prima di dormire stringo i tuoi versi tra le mani, come fossero mani sul volante. Corro, vivo e mi graffio con grani di grande bellezza con un profumo di scarpe rosse mai comprate. Mi siedi accanto e sorridi come un pesco a primavera. Sai di buono, Piccola energia senza massa. Piedi nudi sempre freddi mani unite sulla faccia testa calda sotto le coperte. Buonanotte ai tuoi occhi stanchi profondamente vergini, alla tua rosa bocca amara. Buonanotte a te che con me credi nel possibile. Buonanotte a me che sono venuto nella tua vita. Buonanotte a te che sei venuta con me. 4 Maggio 2016 Cavanera In queste mura calde si sente il ventre dell'uva nera, è sera di vino rosso un calice grande e labbra piccole. Si coglie il sapore delle ceneri sul capo, ti sento tremare, ridere e piangere. Si sentono i piedi nudi che calpestano l'uva, si muove la bocca alla ricerca del calice. 24 Aprile 2016 Piove Bocca di chi cerca, occhi di chi ha trovato. Mani leggere esperte e colorate. Chioma ribelle, lunga e appassionata, con capelli in tacco a spillo che camminano sul mio ventre, mentre fuori piove. Autunno 2015 La mia isola Ti sei seduta, spalle al mare. Una ripa alta e dritta la tua schiena, una cala tonda come natiche. I lunghi capelli delle morbide palme mosse al caldo scirocco, naturali archi di roccia e timo come braccia, le tue gambe, aperte a me, una bocca di porto sicuro. 24 Agosto 2015 Signora di Pantelleria Indossi e vivi la tua isola da madre. Tetti bianchi e cielo azzurro come cappello da mare, uno scialle lungo arancio e blu al tramonto, una collana di pietra lavica e folta vegetazione per la sera. Il piovoso inverno e il sale nutrono la terra, che poi ti nutre. Sapori e odori bandiscono la tua tavola insieme ai tuoi affetti, Giorgio siede sempre a capotavola. 21 Agosto 2015
Pina Grano vivo oro puro e tempestoso, forza di fulmine, luce senza scarica. Amica di Sofia compagna delle passioni, madre dei bambini, angelo di Dio. Ventre creativo, chiocciola in spirali di innocenza. Sempre tu nell'altro, china per la lavanda dei piedi. 20 Ottobre 2014 Chiocciola Guardi dai miei occhi neri, le mani mie lunghe che disegnano linee colorate su questo foglio di tempo bianco, come i nostri primi capelli maturi. Voli dentro i miei disegni come fossi filigrana, spazzoli l'orizzonte. Dea degna di pettinare i capelli di Dio. Sali il mio corpo come sangue rosso e caldo, scorri nelle vene con in bocca l'ossigeno, vita nella vite, vino dei miei giorni. 29 settembre 2014 Santina Occhi lucidi che ridono, gioia calda che respira, carità che corre in città per aiutare tutti. Madre della bella Napoli, figlia dei suoi dolori, elegantemente vivi. Tulipano rosso tra tanta erba secca. 4 Maggio 2014 La donna di Giorgio Auguri Donna vestita nuda, cavallo senza zoccoli, quadro senza cornice, gabbia senza uccelli, bambina senza età. Seno senza reggiseno, energia senza massa, labbra rosse senza trucco, follia senza pazzia, occhiali senza vetri, seta di gambe senza calze, cravatta senza nodo, piacere senza fine. 4
Settembre 2013 La Piazza Rotoli di fieno nei campi Fieno appena falciato disteso al sole, sosta di un contadino che riscalda il sangue con spirali gialle, rotoli di fieno nei campi. Rincorsi dall'aria umida si intrecciano il raggio di sole e lo stelo d'erba, senza muovere le ali, come l'innocenza che vola con il naso all'insù. 3 Maggio 2013 Dea Sguardi ricamati su lenzuola di lino, corredo di sposa. Vino di baci in calici di affetti, risa di porpora rossa. Casa di carezze partorite dal vento, fuoco del mio camino. Abito di pesco fiorito in bocca alla primavera, lacrima che sa di accarezzare. 18 Marzo 2013 Ricamo di capelli La tua mano destra, elegante come un becco appuntito disegna archi sospesi, penetra l'elastico che diviene bracciale. Il polso è vinto, stretto accelera il sangue e trasforma le mani in ali di uccello. I capelli pesanti, afferrati tra le ali si alzano, leggeri come ago e filo tra le mani, si sutura l'elastico e si denuda il collo. 23 Febbraio 2013 Dentro Dentro te le piante sorridono e parlano agli uomini. La paura di vivere si addormenta su un'amaca bianca col cappello di mare e le scarpe di cielo stellato. Gli uccelli parlano alle mele mentre nella culla di luce piange un bambino che non lascerà orme camminando sulla sabbia. 5 Febbraio 2013 Perla Ventre caldo, nido di versi disordinati figli di parole liquide che si scambiano il posto. Paura elegante, cravatta di seta abbracciata al mio collo. Sensibilità di madre figlia di mia figlia. Sorriso bagnato che si nebulizza in pioggia per divenire perla alla bocca dei pori della mia pelle. Anima dell'aria nel mio sangue che non è più mia. 20 Gennaio 2013 Collina E' silenzio, guardo due occhi di nuvola la bocca di lago e una collina che si tinge di naso tondo. L'aria rossa del crepuscolo allunga le mie mani che accarezzano da lontano. E' notte, sento il vento scirocco mentre il naso diventa prima seno e poi grembo materno. 12 Gennaio 2013 Castiglione del Lago Voce dipinta ad olio da toni pennelli, muro del suono, onda luminosa che passa. Ellisse di labbra rosse, morbido tuffo in acqua, slancio di un cipresso toscano, seni di papaveri carezzati dal vento, gioia dell'erba verbe al
Trasimeno 29 Settembre 2012 Principessa Capelli di legno e rame, specchio per sottili riflessi, muto concerto di vento in capriccio diurno, sbatti linee irrequiete, batti suoni paralleli e pettini i miei sensi increduli. Tenera notte, carne di latte ai denti, odore di vecchi piedi nudi sull’erba umida e giovane che vuole essere madre. Ordine del disordine, realtà della realtà, seni bachi di seta che saranno farfalle, anfore di latte per una bocca senza denti. 11 Agosto 2012
Mariuccia Occhi di galassie che formano spirali ascendenti, cupole di dammuso. Dipinta da una bambina sei un cuore, nel semispazio destro il mare in quello sinistro la casa. Acqua in cui nuotano foglie, figlie e figlie delle figlie, onda che si tende tra realtà e immaginazione, trasporti sapori, vento e fiori. Con Giorgio, pendolo antico e preciso oscilli senza tempo, mentre tutti ti guardano per capire cosa fare. 8 Agosto 2012 La notte Avvolta in un mantello di silenzio senza mai essere pigra, l’odore dei tuoi seni scuote l’etere pigro. Come una bocca dipinta da occhi di bambino canti, balzi e scintilli in aria calda di notte estiva. Suoni come plasma al pianoforte di forme mai viste, fasciata di lessico geometrico unta di pudore, carne e sudore. Al timido cantico si dilata il cuore nella gabbia di petto nell’attesa che al mattino arrivi la gioia del risveglio. 24 Luglio 2012 Telo bianco Ellisse Ellisse di
labbra, Ulisse siede nei
tuoi fuochi vortici di carne
rossa. Celesti le mani
che tremano come mare, veliero a piedi
nudi in amore legato come fili
in una maglia, possiedi il mio
corpo giacente a letto
vinto da una febbre liquida. Gigante vergine
dalle mani lunghe massaggi tempie,
piedi e gambe. Strumento di ossa
e carne eco dell’uno nell’altro suoni seguiti di
slanci divergenti e
quantici, luogo di infinito
segreto ombra generativa
di passione, arte e grammi di eternità. 3 Febbraio
2012 Monella |
12
Agosto 2011 |
Ventre d'anima
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Giorgio |
Pantelleria |
Monica |
Carmela Viso custode di pace naso che non sa mentire capelli sottili e lunghi che sognano la
libertà, sorrisi tattili e sguardi sonori. Sempre mamma, nonna, malinconica e partigiana, chioccia senza marito sola tra la folla. Donna alta e statura bassa figlia delle paure che non sanno parlare madre di onestà. 17 Dicembre
2010 |
Inverno Nel sole c'è quel sorriso che le coperte mi regalano la sera dell'inverno, quando cerco te, alla frontiera, in fondo al respiro, tra la paura di me e te. 30 Novembre
2010 |
Maestro Eduardo, 27 Ottobre
2010 |
Legno antico Il tuo corpo è pregiato tavolo antico, mi allungo nelle braccia e mi poggio nel ventre, scrivo poesie. La mia spalla di penna posa sul tuo volto di carta. Un inchiostro di lacrime, colore dei tuoi occhi che non si abbassano, come un batuffolo di olio bagna la tela. 09 Ottobre
2010 |
La legge fisica Un elegante poeta siculo ama le note chiassose dell'universo femminile, dice che sono canti, profumate onde di particelle nell'aria. Questo spazio senza occhi questo tempo senza naso questo scritto senza bocca mondo muto fu, senza legge fisica. 25 Agosto 2010 |
A colazione I capelli si muovono accarezzati da grosse mani vento, gli occhi neri caffè sembrano avere ancora sonno, le labbra sono gonfie come fossero state punte da insetti, il volto giocondo oscilla con grazia in armoniche funzioni di prosa e descrive questo giorno pigro che è appena nato e che ora so come finirà. 23 Agosto 2010 |
Cava grande Acqua è fresca, vive con roccia, sembrano due corpi, si abbracciano muti poi sorridono e cantano. Intorno ai loro ventri attorcigliati come capelli, un riccio verde ossigeno disegna pareti e cupole con curve linee di maternità. Acqua bagna roccia, si muove tra le sue braccia, entra ed esce dalle sue viscere come aria nella bocca. 22 Agosto 2010 |
La città di Noto Cerchi in cerchi cadono dal chiodo, si tendono e sorreggono. E' una catena di rame, una donna magra col ventre che sporge dove sorge la vita. E' una lampada ad olio, uno sguardo, spoglio il pianto di una madre che ha appena partorito. 21 Agosto 2010 |
Villa Adriana Un vestito di verde prato, palme nane come bottoni e un quasi retto scollo, ricamo di allineate piante di ulivo. Un cappello dipinto dal sole, coppi antichi paglino e travi di legno marroncino. Sulle calde spalle uno scialle di pareti morbide Pachino tufo di seta. 19 Agosto 2010 |
Un temporale
estivo Sabbia è umida e distesa la sua pelle accapponata, pioggia è scesa e in essa si è distesa. Ogni goccia un corpo a metà, ogni segno sulla sabbia l'altra metà del corpo. La città del sole, ipotetica, come un cerchio d'acqua, nasce dal mare sale in cielo cresce tra le nuvole scende e penetra la terra. 17 Agosto 2010 |
Il Bacio 14 Luglio 2010 L'anfora Anfora di vetro inclinata, come la testa di un uccello punti al sole e ti tendi. In te mi verso, inclinato liquido dipinto rosso. Le pareti si baciano, bagnato l'interno suda l'esterno, la cavità si riempie. Il vino rosso espande la bocca che muta stringe le labbra beve e si colora. Ora l'anima non è più sola. 10 Luglio 2010 La mia testa La mia testa è calda al tatto mi reca dolore e capogiri, nella cavità cranica azioni e reazioni biochimiche. E' una nuvola piena di acqua che si comprime nella sua materia grigia per rinnovarsi in fiocchi rossi, disegni di un pazzo eco olio dell'anima. E' una antica botte cinetica di liquidi suoni che battono tra un ventre antico di arazzi e uno di
legno. 4 Luglio 2010 Michele Rideva senza muovere le labbra, ti era amico senza conoscerti, era il viscerale disordine di tutti noi. Piangeva senza lacrime, fumava senza fumo. Nel paese era il rumore, conosciuto senza essere noto, un pezzo di noi spalmato sull'asfalto. I cani per strada lo avvistavano pur non avendolo mai visto, gli facevano festa come a quel padrone che non c’è. 10 Giugno 2010 La sedia Una stoffa rosso scuro le copre il ventre, delicata paglia bionda la schiena, nobili braccia di legni curvi, bacino e gambe incisi a mano, l'abbraccio materno come seduta. 23 Maggio 2010 Maggio
15 Maggio 2010 25 Aprile
25 Aprile 2010 Campagna Occhi di prato in fiore bocca ulivo naso di ruscello profumi inebrianti di ventre nebulizzato mani di argilla seni frutti maturi piedi di cielo. 10 Aprile 2010 La Primavera Seduti sulla primavera tra profumi e colori ascoltiamo gli uccelli che cantano al sole timido delicate armonie stocastiche, che baciano mentre il sole tocca la voce si ingrossa il volto si arrossa si prendono labbra di porpora rossa. 3 Aprile 2010 Celeste Cielo a fasce orizzontali bianche e blu, 27 Febbraio 2010
La mia eternità Posso chiedere te al banco della vita, mi costerà monete di tempo sguardi sicuri di libertà. Una firma come cappello la tua anima il mio mantello, due lacrime e uno strillo il tuo petto come spillo. 14 Febbraio 2010 Iride Donna iride che disegna follie ricche di debolezze risa matita su carta profumo di capelli lunghi e curvi fiocchi leggeri che cadono pesanti, ogni capello un elastico moto disordinato perduta emotività, pendolo oscillatore armonico di animalità e carnalità. 11 Febbraio 2010 Una notte di latta 6 Febbraio 2010 L'etere luminifero 2 Febbraio 2010 Gennaio Il freddo in gennaio è una colomba bianca, il vento invernale soffia come battito d'ali spaventa e chiude in cappotti corpi grammi d'anima. Il bianco gelo trasforma i liquidi in solidi, le paure in cristalli fragili, le passioni di salsedine si mischiano a fiocchi di neve, un uccello cammina su lastre di acqua e
ride. 31 Gennaio 2010 Mani Silenzio acquerello 28 Gennaio 2010 La mia terra Sono tra pensieri di carta li
tocco come fossero pelle vogliosa e fragile. Calco l’inchiostro come vagassi per i campi alla ricerca del fiore della mia esistenza. Fiore dallo stelo lungo e disordinato profumo di terra e anima, vissuto senza paura di morte. 23 Gennaio 2010 Pioggia Adoro la pioggia La sua insistenza, a volte devastante a volte imbarazzante, è il Piacere. Un sapore creatura meravigliosa, amaro o dolce che sia. 9 Gennaio 2010
L'origine del
mondo 3 Gennaio 2010 Montmartre 29 Dicembre 2009
28 Dicembre 2009 27 Dicembre 2009
gabbiani senza il peso delle piume. 26 Dicembre 2009
Inaspettata
serenità I tuoi occhi, sono due veli tristi. Ti guardo, complice, mentre alzi, come occhiali, questi lunghi veli occhiali. Dormono, nei nudi occhi neri, come due colonne di luce, collane di fiaccole, paralleli binari di vita, sdraiati su lenzuola petali di rosa. Scivolano quelle parole coppi simboli curvi, bocche calici d'amore. 23 Dicembre 2009 Gaia Sole e luna, risa, urla e pianti di bambini. Freddo e caldo toccano, l'azzurro penetra. Le mani, sbattono come ali che battono sul petto. Labbra e seni, rossi e gonfi, infiammati d'amore come in una madre che condivide il corpo col figlio. 14 Dicembre 2009 Respiro Odore di sorriso, bolla di felicità, respiro di mare in polmoni umidi. Ti vivo, si gonfia il petto e sono felice. 02 Dicembre 2009 Manchi La mia mano 19 Novembre 2009 Optoelettronica Vedo una luce, più mi avvicino, più mi riscalda e mi bagna di fotoni e poi mi nutre di sapori. Vive e rosa mi posa le mani calde sul petto. 08 Novembre 2009 Il tempo Il tempo non affanna, 02 Novembre 2009 Presenza liquida
Castello Labbra membrane che suonano, La mia natura morta Disegni di carne viva 7 Ottobre 2009 Una stanza di tela Luce opaca, colori olio su tela un piccolo specchio alla tela un letto di note antiche su tela. Ginocchia sul letto come pietre angolari seni battiti d'ali capelli furia di nera mandria selvaggia labbra di occhi innamorati urti come teneri schiaffi grida di dolci carezze. 3 Ottobre 2009 Femmina Pervaso dal benessere 1 Ottobre 2009 La luna sull'acqua La donna, mare in notte d'autunno liquida e distesa. L'uomo, luna in punta di piedi spalle grandi e ventre piatto. Donna mare che indossi la camicia del tuo uomo luna distesa, ti lasci sbottonare dallo sguardo del tuo uomo luna che ora si tende e stende. 26 Settembre 2009 L’ulivo Un maturo albero verde senza alcuna possibilità di evasione intorno pareti di ulivi, siepi e bianche
rocce 20 Settembre 2009 Tu Tu, Poesia cuore caldo caldo liquido seminale, disegnami con la tua lunga lingua a punta rima stretta e unta. Tu, Poesia madre colostro e latte di bianchi seni trulli, colorami di liquide passioni. Tu, Poesia paura fredda incidimi alla tua clitoride solitudine, cancellami di pioggia scrivimi in gioiosi pianti e strilli. 14 Settembre 2009 L'estate Sboccia il sole tra le nuvole profuma di corpi caldi oleati distesi, riposati, bagnati e poi sudati, disincantati, magari innamorati. E' estate, le nudità sono vibrazioni gli spazi si popolano di passioni le dita vivono tra pagine di libri in
erezioni sfogliano, distendono e liberano emozioni, crollano le rigide protezioni sudano e traspirano le sensazioni che computano liberazioni. Strillano le repressioni, funzioni di relazioni bagnano di
commozioni. 05 Settembre 2009 Il cielo in una stanza 30 Agosto 2009 L'atto Gli odori incantano i dolori si placano le forze si spalmano. Le scarpe si slacciano i vestiti ripiegano le carni avanzano. Ti prendo, ti stendo ti sbatto e ti ribatto ti ovatto e ti allatto nel tuo piacere mi incravatto. Rivestito delle tue paure le strappo, poi ritratto così mi incarto, ne prendo atto. Ti risbatto e gridi mi bagni e ridi. 25 Agosto 2009 Il mare Risa di creature nascoste in gabbiani
bianchi, su un materasso di sabbia piatta tra cuscini di schiuma bianca ovatta i gemiti di un vento, che veemente sbatte e ribatte il mare. Un aquilone gioca con dei fanciulli una coppia si tiene per mano senza toccarsi il poeta si perde in particolari astrali una conchiglia si rotola in disegni
ancestrali il pittore immagina suoni orchestrali mentre dipinge gerani rossi al mare con sua figlia batuffolo rame che lo tiene tra la terra e il mare. 23 Agosto 2009 Alda Merini Capelli di mare in tempesta occhi di seno che allatta bocca donna nuda, che cammina sola in casa tra parole di silenzio. Naso di una bambina che colora braccia di lunghe vite che si intrecciano in una speranza sola. Gambe di maestre che parlano e si
distendono ventre liquido, che si ghiaccia per sciogliersi tra mani calde. 20 Agosto 2009 La prematura
morte il
12 non è una dozzina di rose e
l’amore non è il sapore della vita.
Pareti di cielo
rosa La sera La scoperta MF (Maria
Francesca)
Passaporto per
un viaggio
Tu, tra me e la
vita
La casa di acqua
e sale
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Nido di ovatta
arancio 4 Agosto
2009 |
Forme e tessuti Nuda sdraio di carne viva, leggera piuma curva manifesto di corpo supino a letto concavo da triangoli rettangoli di braccia
e schiena. La pelle liscia e tesa, tessuta con bocche circolari che tendono le labbra e respirano. Occhi neri che guardano, silenzi che strappano, bocche calamite che si orientano nel campo magnetico dei miei occhi. Punte a volta che puntano, sparse punte basse e due punte alte, acquerellano una curva piuma di carta vetrata.. 2 Agosto
2009 |
Autobiografia 27 Luglio 2009 |
Il mare 26 Luglio 2009 |
Notte di mezza
estate 19 Luglio 2009 |
Una cipolla mi
ha irradiato gli occhi 14 Luglio 2009
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Il bacio in acqua Una riga uniforme d'acqua e due colonne, 11 Luglio 2009 |
Il rumore del silenzio
Cadono come pietre antiche sull'acqua 4 Luglio 2009 |
E' estate
Una mano, veloce, 26 Giugno 2009
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La foglia 20 Giugno 2009 |
A Raffaele In silenzio, In silenzio, In silenzio, 20 Maggio 2009 *** Raffaele, non più da te, dolce amico, udrò il verso Il Partito della Rifondazione Comunista 20 Maggio 2009 |
Van Gogh Il buio che mi circonda sembra un po' di nero tra colori pastello. La mente canta silenzi, gli occhi, dipingono carezze, tra pennelli di lunga
ciglia umidi di acquerelle lacrime. Una mano, come vento, mi accarezza i pensieri, mi copre la pelle, scrive il domani e cancella il presente. 10 Giugno 2009
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A letto 1 Giugno 2009 |
Domenica Labbra rosse come campo di papaveri seni erti come palma nana capelli lunghi e caldi quasi fossero la terra che li ospita. Occhi tristi, ma che si illuminano, come la terra che sente le mani dell’uomo che la nutre, la tocca così ti lasci arare e poi amare. 24 Maggio 2009 Cielo La bocca è della mezza luna, il naso è di bianca nuvola, gli occhi delle nuvole di stelle... 17
Maggio 2009 |
Cala Campi Leggera, come la tua schiuma bianca, forte, come un'onda grande, profonda, umida, salata e chiara come una
cala, grande e misteriosa, come l'orizzonte. Tempestata di nei come questi sassi, rotonde quelle isole sono seni, ti vedo muovere libera, come presa dal
vento, mentre mi immergo tra le tue particelle... 2
Maggio 2009 |
Dissonanze molecolari Ci sono occhi che sembrano 25 Aprile
2009 |
Tra stelle liquide le mie mani agitano il buio della notte. 14 Aprile 2009 Matrici bianche Queste righe fatte di tante colonne unitarie non potranno mai descrivere questo mio desiderio di carne bianca e di miele e latte sotto la lingua. di quel petto tutto d'avorio, tempestato di zaffiri.. 9 Aprile 2009 |
Stavo osservando che esistono spazi vuoti in cui c'è materia e materia in cui invece c'è il
vuoto dentro. 26 Marzo 2009 Il faro Sento la costa, mentre il mare, lungo e agitato, si scaglia contro tra insenature e prosperità. Tra il mare e la costa un faro di luce bianca che ruota e salva. Quel faro sei tu. 22 Febbraio 2009 |
Sole e altre stelle Piccola, Non voglio sbagliare ancora e sempre, senza false illusioni o previsioni. dalla tua sicurezza nella bontà delle cose e della vita. 20 Febbraio 2009 |
Piove La pioggia cade, sembra una cesta di frutti che maturi e grossi vengono giù dall’albero della vita. Questa frutta di sapori, ricca e liquida, cade senza remore, senza risparmiare la terra, senza paracadute, come un tuffo ovattato tra soffici onde marine… 26 Gennaio
2009
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Slanci di vita 14 Gennaio 2009 |
L'Antico Palazzo Le pietre di tufo sembrano vive, gialle come fossero assolate, ruvide come il vissuto. Tra queste pietre di tufo, come il cemento che le tiene, mi incastro alle tue grazie, calde come fossero assolate, tenere e soavi come il vissuto... 9 Gennaio 2009 |
La Punta Guarda oltre quel muro, c'è una macchia verde, uno sfondo grigio e un mare blu. Guarda bene oltre quel muro, guarda, c'è un triangolo di cemento tra scogliere basse e piatte. Quel triangolo è la punta della penna che scrive la terra sul mare. Oggi, in quel punto, mentre ascoltavo le voci della sera, mi sono prima seduto e poi sdraiato. Come una punta appunta una superficie piana, così quella punta ha inciso il mare con la terra verde che scuoteva e reggeva. 30 Dicembre
2008 |
Sento te Sento te, che ami le forme della vita racchiuse nelle galassie
delle forme. Sento il fuoco della legna che arde, le fiamme che diventano carezze, il suono di un calore che viaggia come la luce nello
spazio come le nuvole nel semispazio, come la macchina tra i colli, come il mio senno dal
finestrino della macchina. Sento la tua voce che canta leggere prose, che respira, che cerca il fresco piacere dell'aria fredda che tocca
la gola calda. Sento Noi due, come due atomi pazzi d'amore che si amano saltando da
un monitor all'altro Sento l'anima tua che accarezza la mia cute, la mia pelle che innamorata si accende e si alza sulle punta dei piedi. Sento te, come se tu accendi il giorno e spegni la notte. Come fossi una foglia d'acqua sulla cute in un
pomeriggio afoso estivo, così ti lasci andare... sulla mia pelle, come fuoco libero nell'aria, come liquida, come pioggia che innaffia, come scintille che saltano e gridano, come energia che scoppia, come vento che soffia, come il poeta che succhia l'anima e graffia, come il pittore che guarda, soffre e prende i colori e
li gonfia. 26 Dicembre
2008 |
Ode e aroma alla vita che sale I tuoi occhi sono due labbra di rosa, il tuo naso una spina di rosa. I capelli neri e lunghi, una pioggia di petali caldi e dolci che
cadono. La tua bocca è la via del campo che porta alla luce di una rosa che nasce e che cresce per essere solo amata. 5 Ottobre
2008
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Mora Le pietre bianche abitano la punta delle sue lunghe dita. La sua bocca è ormai tutta ricoperta di porpora rossa. La sua pelle è olivastra e scura ricca e stellata notte estiva e mediterranea. La matita che tocco ha penetrato le sue nere narici. Agosto 2008 Analisi Cercai nuove forme |
Un "biosensore" di attimi Aprile 2007 |
La mia rosa |
L'Istruzione è la più alta
difesa della Libertà. Osservazioni Se una
scuola di analisi funzionale produce una equazione integro differenziale per
descrivere e comunicare una realtà, allora in essa, come in tutti i linguaggi
formali, esistono elementi di sintassi, semantica e pragmatica. Se
una scuola di pittura o letteratura produce una corrente artistico-letteraria
che descrive e comunica la realtà, allora in essa, come in tutti i linguaggi
formali, esistono elementi di sintassi, semantica e pragmatica. Gli
uomini al cospetto di un quadro o un testo letterario sono sottoposti a una
diversa pragmatica funzione del loro vissuto, così come una equazione
differenziale è funzione delle sue condizioni al contorno. Nella risoluzione
di un dipinto, di un testo letterario o di una equazione differenziale,
quindi, chi determina la soluzione sono le condizioni al
contorno. Allora,
il quesito è: Se in tutte le scienze umane esiste un unico modello descrittivo generale,
che racchiude in se regole di sintassi, semantica e pragmatica, nell’animo
umano quale è la diversità comunicativa esistente tra un dipinto, una poesia,
un testo e una equazione integro differenziale? Nunzio Cennamo, 8 Dicembre 2008
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"...è da tempo che per lavoro non
riesco a scrivere piccoli bit orientati ai tuoi muti sorrisi
chiassosi, alle tue leggiadre musiche antiche e
ai dipinti dei tuoi occhi neri caldi e ricchi al cuore. Se solo questo tempo digitale potesse
codificare quel che provo ora, qui, al tuo virtual
cospetto... ne saresti complice."
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Paura dei tuoi occhi Paura dei tuoi occhi, di quel vertice puro
entro cui batte il pensiero, paura del tuo sguardo nascosto: velluto
d'algebra col quale mi percorri, paura delle tue mani: calamite leggere che
chiedono linfa, paura dei tuoi ginocchi: che premono il mio grembo e poi
ancora paura sempre sempre paura, finché il mare
sommerge questa mia debole carne e io giaccio sfinita su te che diventi
spiaggia e io che divento onda che tu percuoti e percuoti con il tuo remo
d'Amore. Alda Merini Lirica Antica Caro, dammi parole di fiducia Alda Merini |
Mosca, 1959 Ti amo come se mangiassi il pane spruzzandolo di sale quando il crepuscolo scende su Istanbul poco a
poco 1949
Nazim Hikmet
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Da "I versi del
capitano" Pablo Neruda L'infinità Vedi queste mani? Han misurato Il vasaio Tutto il tuo corpo ha Quando non posso guardare il tuo volto Quando le tue mani vengono, Toglimi il pane, se vuoi, Appena ti ho lasciata, Pablo Neruda |
Caracol "La lumaca costruisce la delicata
architettura della sua conchiglia aggiungendo una dopo l'altra delle spire sempre più grandi..." Ivan
Illich |
Caffè letterario Il tavolo è posto tra noi due, è sito in un angolo in cui si vede il
camminare, è tra quattro fasi del giorno di Don Chisciotte che, appesi ai
quattro angoli del luogo, ci mirano in silenzio. Abbiamo appena ordinato due
caffè, di cui uno macchiato, due torte con le fragoline e un bacio.
Quest’ultimo ce lo siamo già servito. Le torte sono arrivate: rosse… appetitose…. più invitanti che mai.
Eguaglieranno mai la dolcezza del bacio appena assaporato? Il mattino ha un
altro sapore se trascorso così… soprattutto se strappato dal suo corso
ordinario. La mia sensazione, che vorrei narrare, è che siamo come stretti da una
corona forte e dolce che ci avvolge ai piedi del costato. Quasi ci toglie il
respiro. Siamo come ossigenati da sapori mai provati. La gente qui intorno sembra pura coreografia. Caffè Gambrinus
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Lentamente,
rincorre e poi scorre.
Cara Iris......come stai? Volevo scriverti tante cose.... Le
mani scorrono ed affondano su questa tastiera molle.... sembra quasi di
toccare il tuo ventre caldo e molle..... Penetra ma
non troppo... al tatto tutto appare delicato ed elastico. Ineluttabile cerco tra le parole quanto la
vita mi ha regalato..... ma giammai riuscii ad
elevare i testi ai resti della mia vita, che come un’elica si avvolge..... Si avvolge e muove le acque in moti laminari che..... sembrano disegnare strani canti lirici…. che come
pianti..... emozionano e lasciano il cuore
restringersi, intrecciarsi, fino a stare male... Si soffoca avvolti da quelle spire che
sempre più grandi risucchiano e succhiano l'esistenza fino alla aitante morte
che arriva in punta di piedi. Allora, tutti si ricorderanno che eri e che
fosti... e che sei più…. e che sei più dell'ordinario e che non ci sei più. Provo a raccogliere quello che resta dopo
il risucchio..... dopo che il vortice della carità
mi ha trafitto ancora l'anima e.... nulla più mi turba perché ho visto
l'Amore negli occhi e non ho abbassato lo sguardo.
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Metodo THOR. La scienza già ha risolto la questione
rifiuti. Perché la politica non lo utilizza? Alla luce del recente piano Di Gennaro che di fatto conferma
la volontà di risolvere il problema rifiuti con l’apertura dell’inceneritore
di Acerra, “napolinord.com”
ha intervistato in esclusiva l’ingegnere Nunzio Cennamo,
ricercatore presso la Facoltà di Ingegneria della Seconda Università di
Napoli. Con lui cercheremo di capire quali sono le cause di questa crisi e le
possibili soluzioni. Il metodo THOR per il riciclo completo dei rifiuti
domestici è una tecnologia tutta italiana e si
basa su di un processo meccanico e ad inquinamento zero. Resta da capire perchè chi gestisce le politiche ambientali non la
sponsorizza adeguatamente. 1. Ingegnere, quali sono, secondo
lei, le cause della crisi dei rifiuti in Campania? 2. Da più di un decennio la Campania
sta costruendo l’inceneritore ad Acerra, lei pensa che questa sia la
soluzione ideale per lo smaltimento dei rifiuti nella nostra regione? 3. L’inceneritore di Acerra potrebbe
essere causa di tumori ? 4. Attualmente i
mass media vogliono farci credere che l’inceneritore è l’unica
soluzione possibile, è davvero così? Quali potrebbero essere le
soluzioni alternative? 5. Prima ci ha parlato di questa
nuova invenzione scientifica, tutta italiana, THOR, ma cos’è di preciso? Potrebbe
essere la soluzione per le eco-balle, che di “eco” non hanno nulla (perché si
è scoperto che sono state prodotte con una procedura scorretta e non si
possono neanche incenerire)? E’, forse,
semplicemente, geniale. www.napolinord.com, Sabato 26 gennaio 2008, Arcangelo Munciguerra |
Dopo la pioggia Dopo la pioggia viene il sereno,
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" Una certa Resistenza non è
mai finita. C'è sempre da resistere a qualcosa,
a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi... " Enzo Biagi |
Arriva, per chi guarda le piccole cose, le
meravigliose… …La Lumaca Procede lenta nel rispetto dei geni, ai confini del mare o in cima ai monti, tra rocce bagnate da perle d'argento... Raggiunta è la meta, il cuore è contento. Tu, uomo che osservi, impara veloce ad andar piano giacché il tempo vola e, se poi vuoi goderne tutti i sapori, rispettalo e gustalo a dosi minori.
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PICCOLE COSE Spunta qua e là tra i sassi della strada qualche ciuffetto d’erba e qualche stelo. Vi brilla su una goccia di rugiada e in quella goccia si riflette il cielo. Se guardi bene le piccole cose, trovi le grandi, le meravigliose. Lina Schwartz |
Velo rosso Come lingua di fuoco nell’aria svolazzante, veemente ed intenso, imprigiona l’istante. Sensuale e fluttuante, morbido e suadente, sul mio corpo si adagia e un brivido mi prende. Gli occhi socchiusi, la bocca fremente, il tuo braccio avvolgente al mio corpo si fonde. Ma un colpo di vento mi ha tolto l’istante e da un bacio mancante la fiamma si perde |
DISCIPLINA
E LIBERTA' Associarsi a un movimento vuol dire
assumersi una parte della responsabilità degli avvenimenti che si preparano,
diventare di questi avvenimenti stessi gli artefici diretti. Un giovane che
si iscrive al movimento giovanile socialista compie un atto di indipendenza e
di liberazione. Disciplinarsi è rendersi indipendenti e liberi.
L'acqua è acqua pura e libera quando scorre fra le due rive di un ruscello o
di un fiume, non quando è sparsa caoticamente sul suolo, o rarefatta si libra
nell'atmosfera. Chi non segue una disciplina politica è appunto materia allo
stato gassoso, o materia bruttata da elementi estranei: pertanto inutile e
dannosa. La disciplina politica fa precipitare queste lordure, e dà allo
spirito il suo metallo migliore, alla vita uno scopo, senza del quale la vita
non varrebbe la pena di essere vissuta. Ogni giovane proletario che sente
quanto sia pesante il fardello della sua schiavitù di classe, deve compiere
l'atto iniziale della sua liberazione, iscrivendosi al Fascio giovanile
socialista più vicino a casa sua. Antonio Gramsci
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La natura inumana di UMBERTO GALIMBERTI
Fu allora che l'uomo, congedatosi dagli dèi e da Dio, prese a costruire
argini e spesse mura e, imitando i processi della natura, tentò di arginare
la sua potenza con la tecnica: tecnica medica per evitare, come dice
Ippocrate, la morte evitabile, la tecnica ingegneristica per costruire difese
che impedissero catastrofi, la tecnica previsionale che allontanasse il più
possibile l'inquietudine dell'imprevedibile. (
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Dateci i colori che le nostre lacrime hanno dipinto mescolandosi alla terra
Lunga è la notte
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Dal Carcere di Regina
Coeli Roma, 12 Aprile 1944 Ai miei cari figli. Amatevi l’un l’altro, miei cari, amate vostra madre e fate in modo che il
vostro amore compensi la mia mancanza. Amate lo studio e il lavoro. Una vita
onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell’amore per l’umanità fate una
religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei
vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere
pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in
schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la
patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri
fratelli. Siate umili e disdegnate l’orgoglio; questa fu la religione che seguii
nella vita. Muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà
presto per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la
morte. Pietro Benedetti |
Una pillola di Resitenza di Giancarlo
Pajetta Il prigioniero politico Colombi era un
ottimo carcerato, uomo vivo e militante, quando a Civitavecchia lo chiamavano
6840. Colombi era arrivato al tribunale speciale con le ossa fatte. Era già
stato in galera, poco più che ragazzo, per essersi battuto contro i fascisti,
aveva militato nel partito comunista italiano e in quello francese, aveva
viaggiato e studiato ed era uno dei dirigenti del partito. Sentiva
il peso della sua responsabilità ed aveva una specie di fastidio invincibile
per ogni forma di retorica; era sereno ed ottimista per sé e gli altri. Aveva
organizzato la sua vita in carcere e voleva organizzare la nostra in modo
che, osservando tutte quelle norme, che erano dei dati oggettivi della nostra
esistenza, si potesse spezzare l’unica catena che sarebbe stata pesante
davvero, quella dell’inerzia intellettuale e della rinuncia a lavorare, anche
in prigione, per il partito. Spesso
polemizzavamo: io sostenevo che si poteva rischiare una punizione, rompere un
anello della monotonia quotidiana violando un articolo del regolamento o
prendendo in giro un secondino. Colombi non era d’accordo: sosteneva che rispondere
ad una guardia era darle importanza e che i proletari non hanno bisogno di
punzecchiare l’avversario. Era corretto, un detenuto modello, avrebbero
potuto citarlo come un esempio di disciplina, ma c’era un piccolo ma,
sentivamo che dove era lui ci sarebbe stata sempre resistenza, sempre
organizzazione, che quelli che erano con lui sarebbero usciti comunisti se
non lo erano e sarebbero diventati più comunisti di prima se lo erano già
stati. Leggeva
con interesse libri di ogni sorta, ma era sempre padrone delle pagine, dei
pensieri e dei libri che a volte sembrava avvinghiare i detenuti in un
inestricabile groviglio. Studiava e organizzava lo studio. Viveva e lavorava
non dimenticando mai, secondo un espressione
abituale, di essere un proletario comunista. Quando
era malato a lungo e gravemente, gli misero accanto un vecchio piantone che
aveva visto, in una vita turbinosa, tanto mondo e tante cose. Un giorno potei
chiedere come stava 6840 ed il piantone: “ vuol far tutto da solo, gli secca
di farsi servire. Sa tante cose, ma bisogna dire che un operaio resta sempre
un operaio”. E
fu quello certo il complimento che poteva piacere di più a Colombi. Chiedemmo
a Colombi di scrivere delle pagine sulla sua prigionia, così le scrisse,
forse perché ha pensato che potessero essere utili, che altri compagni le
avrebbero lette con interesse e profitto. E queste pagine sono, anche nello
stile, diverse dalle “prigioni” degli altri, perché nessuno vive nella stessa
prigione di un altro. Ma noi comunisti, qualunque sia la nostra provenienza,
qualunque sia la nostra età, quali che siano gli impeti, le passioni, gli
interessi particolari, siamo contenti di sentire che queste sono anche le
nostre prigioni. Prigioni fatte di serenità e di fierezza, di solidarietà e
di lavoro, di amore per la classe operaia, di disciplina per il nostro
partito e di una immensa fede nella giustezza della nostra causa. Leggendo
queste pagine, ho ricordato un compagno che passava le ultime ore del
carcere, dopo cinque anni di prigionia, leggendo i libri che fuori non avrebbero
forse potuto trovare; ricordo i giovani che ci chiedevano se, dovendo
rimanere solo due o tre anni con noi, avrebbero potuto imparare abbastanza;
ricordo i nostri morti che se ne sono andati sereni come se avessero già
visto la liberazione e le vittorie che riporteremo ancora. Per
questo credo che abbiamo fatto bene a chiedere a Colombi queste pagine e ha
fatto bene lui a scriverle: per questo devono leggerle i compagni e tutti gli
antifascisti. Sono una testimonianza di lotta prima che di sofferenza. Oggi,
mentre leggo queste pagine migliaia di militanti nuovi hanno già una nuova
dolorosa esperienza, e questo è triste per noi. Ma queste pagine escono dopo
che centinaia e migliaia di comunisti hanno già dato nel sacrificio prova
delle loro virtù. E questa è una cosa bella per noi, per noi vecchi carcerati
di Civitavecchia, convinti che l’essersi comportati da uomini, da proletari,
da comunisti, da antifascista ha trovato risposta in uomini, in proletari, in
comunisti, in antifascisti.
Crispano, 25 Aprile
2007
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RAIMONDO LULLO e l’arte combinatoria. L'opera di Raimondo Lullo, nato a Palma di Maiorca nel 1235, è innervata
da spirito missionario . Dopo aver condotto una vita mondana , nel 1262
abbandona moglie e figli e decide di consacrarsi alla conversione degli
infedeli . Studia l' arabo e la logica per potere affrontare con successo la
discussione di problemi religiosi con i musulmani . Durante un pellegrinaggio
sul monte della Verna , riceve una rivelazione sull'arte da impiegare per
convertire gli infedeli . Appoggiato dal re di Maiorca , Giacomo II , fonda
nel 1276 il collegio di Miramar per lo studio dell'arabo e la formazione di
missionari. A partire dal 1274 compone moltissimi scritti filosofici, mistici
e poetici, in latino e in catalano e alcuni anche in arabo. Dal 1280 compie
vari viaggi in Asia e soprattutto in Africa , soggiorna più volte a Parigi , dove
riceve il titolo di maestro delle Arti, ma essendo sposato e privo degli
ordini sacri, non può diventare maestro in teologia. Nel 1292 diventa
terziario francescano, ma nè l' università nè i papi lo appoggiano nei suoi programmi missionari.
Solo il re di Francia, Filippo il Bello, gli manifesta qualche interesse e
per lui Lullo scrive l' "Albero della filosofia di amore". Nel 1311
presenta una richiesta al Concilio di Vienne per far vietare l'insegnamento
dell'averroismo,
riprendere la crociata e creare collegi per lo studio delle lingue orientali.
Solo quest'ultimo punto viene accolto e tali lingue diventano oggetto di
insegnamento nelle università di Parigi, Bologna, Salamanca e Oxford e presso
la curia papale. Ormai vecchio, Lullo intraprende un nuovo viaggio in Africa,
dove, secondo una tradizione forse leggendaria , viene lapidato dalla folla;
grave, é imbarcato su una nave genovese sulla quale
muore nel 1316. Il problema di Lullo é trovare il
modo di far accettare la verità rivelata a tutti coloro che consentono di
collocarsi sul piano dell'indagine e della discussione razionale. A tale
scopo, egli escogita una tecnica, esposta per la prima volta nel 1274 , in
uno scritto intitolato "Ars magna", rimaneggiato più volte e
riesposto in vari scritti posteriori. Il punto di partenza devono essere
concetti fondamentali, noti a tutti e che nessuno può respingere. Essi sono
rappresentabili mediante lettere e simboli, combinabili tra loro secondo
determinate regole in modo da dar luogo a concetti complessi. Attraverso
tutte queste combinazioni sarà possibile ricavare i principi di tutte le
scienze e quindi tutte le verità possibili: nasce così quella che viene
chiamata arte combinatoria, fondata sull'idea di un linguaggio artificiale e
perfetto. Quindi, mentre per Aristotele
i principi non si basano su dimostrazioni ma derivano dall'esperienza e dall'induzione, Lullo crede di
risolvere ogni problema con precisione matematica: parte dal presupposto che
ogni proposizione sia riducibile a termini e i termini complessi siano
riducibili a più termini semplici o principi. Supposto di aver completato il
numero di tutti i termini semplici possibili, combinandoli in tutti i modi
possibili si otterranno tutte le proposizioni vere possibili: l'arte
combinatoria (la prima macchina combinatoria, il primo computer). Essa é anche una forma di mnemotecnica, in quanto facilita il
possesso e il recupero mnemonico delle nozioni fondamentali del sapere e
delle loro relazioni. Con questo insieme di concetti, espressi medianti
simboli e figure geometriche, é possibile costruire
argomenti incontestabili, cercare la verità e costruire la scienza universale,
alla quale chiunque non potrà non aderire. In tal modo, l'ars magna appare
dotata, contrariamente alla logica aristotelica, di una funzione
principalmente euristica. Per Lullo, l'insieme delle scienze che essa copre
si configura come un albero, articolato in parti diverse, ma tutte collegate
tra loro. La trama dei concetti e dei simboli riflette, infatti, la struttura
della realtà del mondo e di Dio. Lullo costruisce una serie di cerchi
concentrici, che rappresentano Dio al centro, poi i suoi attributi, l'
umanità e il mondo. Gli attributi di Dio possono essere conosciuti
attribuendo a Dio stesso in grado massimo le proprietà riscontrabili nelle
cose del mondo, come bontà, grandezza, potenza e così via. Dal momento che in
Dio tutti gli attributi sono identici, essi si mostreranno allo stesso modo
negli effetti che egli produce; occorre, quindi, respingere come false le
dottrine che fanno leva su un solo attributo di Dio, riducendo l' importanza
degli altri. Così é per la dottrina, già
aristotelica, ma diffusa dai pensatori arabi, dell'eternità del mondo: essa
infatti privilegia la potenza di Dio più che la sua bontà. Facendo uso della
nuova arte combinatoria sarà dunque possibile, secondo Lullo, convertire gli
infedeli e diffondere la fede. Il lullismo, fondato
sull'idea di un linguaggio e di una scienza universale costruibile mediante
quest'arte combinatoria, continuerà ad avere grande fortuna nell'età del
Rinascimento sino a Leibniz . Diego Fusaro |
Una vita nel silenzio della sera. di Raffaele Fornelli La
sera è fonte di rinnovamento, è riflessione. La
cerco mentre il giorno mi consuma. Poi,
lieve, arriva e incontro me stesso,
sono presente a me stesso, mi accorgo che non sono più solo ma circondato e
amato dal mio “angelo”; quello con cui entro in una muta e mutua
conversazione. Come un bimbo che si addormenta sul seno della madre, così
trovo riposo. Confortato dalla dolcezza, nell’abbraccio del cuscino, la mente
lascia il corpo. Il
giorno così muore e rinasce tra le mie braccia e tutto m’appare nuovo,
diverso. Poi
il risveglio, mi ritrovo ad essere quello della mattina del giorno prima: un
uomo che si lascia coinvolgere in mille cose, in mille affari e che ad ogni
tempo non rende conto. Il
tempo non è denaro. Oggi,
siamo cresciuti e sappiamo che la sera verrà e con essa il nostro conto che,
si badi, non è un rendiconto. Ho
deciso, ai miei figli non chiederò mai un rendiconto! Ai miei
figli dirò di non giudicare il mio conto, ma gli chiederò di leggerlo. E a
me stesso? Di
essere silente e mai più assente!
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Occhi di marzo Comincia tutto, la dove tutto finirà Edoardo De Crescenzo
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Dai il meglio di te...
Madre Teresa di Calcutta
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Perché il socialismo? di Albert Einstein E' prudente per chi non sia esperto in materia economica e sociale esprimere
opinioni sul problema del socialismo? Per un complesso di ragioni penso di
sì. (Monthly Review, New York, maggio 1949) |
Se ci fosse un uomo
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Gennaio 2007
Gennaro Ippolito, luce inestinguibile e pensiero dinamico. Uomo e compagno che ha sempre lottato per
“abolire lo stato di cose presente”. Gennaro, condotta e coerenza che rimarrà linfa
vitale per le nostre coscienze, spinta ideale nel difficile cammino della Liberazione
degli uomini dallo sfruttamento e dai soprusi. Gennaro Ippolito, un Comunista.
Con affetto e gratitudine, a circa dieci anni
dalla sua morte, i Compagni di Crispano.
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Depressione di Niccolò Dionisi La strada è buia e silenziosa e, questo, può sembrare un inizio scontato,
ma non lo è. |
Antonio Gramsci - Indifferenti “Odio gli indifferenti. Credo che
vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino
e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è
vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della
storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente,
ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge
i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che
strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti,
avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia
promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al
potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra
l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun
controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché
non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e
tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale,
un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e
chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi
indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano
oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio
dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò
che è successo? Odio gli indifferenti anche per
questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo
conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto
e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non
ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia
pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle
coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la
mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in
essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente
opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a
guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano.
Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
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XLIV sonetto Saprai che non t'amo e che t'amo Pablo Neruda |
A Napoli servono lavoro e ricchezze invece vogliono mandare i soldati. I governi della destra storica, nella
seconda metà dell’ottocento, di fronte al fenomeno del brigantaggio che
rendeva insicuro il Mezzogiorno d’Italia, trovarono una sola strategia: i
carabinieri, l’esercito. Furono spediti al Sud 120.000 uomini armati, fu
varata una legge speciale (la legge Pica), che sospendeva i diritti, in pochi
anni ci furono più morti di tutti i morti nelle tre guerre del Risorgimento.
Mezzo secolo dopo, più o meno, toccò a Mussolini intervenire in Sicilia dove
il fenomeno mafioso si stava allargando, e metteva a repentaglio l’autorità
dello Stato. Inviò un prefetto che si chiamava Cesare Mori, polso di ferro ed
enormi capacità organizzative, lealissimo allo Stato (tanto era stato leale
che nel ’22, a Ferrara, aveva sbarrato il passo alle squadracce fasciste di
Balbo e aveva impedito loro di entrare in città...): Mori usò le sue doti di
soldato, e la forza militare che gli era stata messa a disposizione, per dare
un colpo alle cosche. Produsse buoni risultati la via militare,
nell’ottocento, e poi durante il fascismo? Dipende da come si vedono le cose.
Non si fece nessun progresso nella lotta contro l’arretratezza del
Mezzogiorno d’Italia. Le distanze tra il Nord e il Sud via via si
allargarono. Ricasoli e Rattazzi (e più tardi Mussolini) erano convinti di
avere avuto un buon successo, ma semplicemente resero più difficile il
problema del rapporto tra Nord e Mezzogiorno. Cosa sta succedendo a Napoli? Chi conosce
la città, i suoi umori, la sua struttura, il suo modo di viversi, ci dice che
siamo in presenza di una crisi gravissima, di un livello, forse, mai
raggiunto. Che ha vari aspetti. Gli aspetti strutturali sono due. Il primo,
evidentissimo, è la mancanza di ricchezze e di politiche economiche. Il
secondo è l’emergere di una gioventù vastissima, senza speranze e senza
futuro. Non esistono - per una società - due elementi così destabilizzanti
come la mancanza di ricchezze e la perdita della gioventù. La mancanza di
ricchezze - che riguarda tutto il Mezzogiorno - è frutto anche di una
politica che da dieci anni ha negato l’esistenza di una questione meridionale
- di uno squilibrio, di una gravissima diseguaglianza territoriale - anche
perché era tutta dentro una logica di mercato-mercato (di esasperato
liberismo, che chiede al profitto di decidere le sorti delle collettività e
ai governi di rifuggire da ogni tentazione di intervento sull’economia e di
programmazione). Ormai gli economisti e i sociologi di tutto il mondo sanno
che questo meccanismo porta a un aumento delle disparità. Nel mondo
globalizzato aumentano, ovunque, le disuguaglianze tra gli individui, tra i
ceti, tra le nazioni, e naturalmente anche tra le aree geografiche. La seconda grande questione, quella
giovanile, è più specificamente napoletana. Napoli è la città più giovane
d’Europa, un terzo della sua popolazione (della città e della enorme area
metropolitana) è sotto i 28 anni. E la fascia giovanile della popolazione è
quella più colpita dall’insicurezza sociale. Quella che sente più forte il
morso della precarietà, cioè del nuovo assetto del mondo del lavoro, deciso
dal mercato e sancito - nell’ultimo decennio - da varie leggi e dal rifiuto
dell’intervento pubblico. La precarietà come condizione stabile della propria
vita - e dunque del rapporto con la collettività e con la produzione e con
l’economia - produce una insicurezza di massa che può travolgere ogni
barriera e legame sociale. Vedete bene la grandezza dei problemi. E la
certezza che se non si affrontano questi problemi, con politiche serie, i
problemi cresceranno ancora e spingeranno Napoli - e forse le altre metropoli
del Mezzogiorno - verso crisi molto simili a quelle delle megalopoli - per
esempio - dell’America latina. L’invio dell’esercito - cioè la riduzione a
problema di “sicurezza fisica”, di ordine pubblico, della gigantesca
questione della “sicurezza di vita” di una popolazione - può aiutare in
qualche modo la città? No, può danneggiarla. La scelta di affrontare
l’emergenza-Napoli come si affronta una situazione di tensione fuori dallo
stadio di calcio, è prova di una cecità che può portare alla rottura
definitiva. Un gabinetto di emergenza che voglia affrontare la
questione-Napoli, deve trovare delle risorse da investire, mettere a punto un
piano di politiche economiche, urbanistiche e culturali che entrino dentro il
problema per quello che è - il disfacimento di un tessuto sociale - e non si
limitino a guardare come si possa “isolare” il problema in modo da salvare un
pezzetto della città. L’idea di mandare l’esercito corrisponde esattamente al
progetto di isolare il male e ghettizzarlo. Appunto, come a San Paolo del
Brasile, dove la furia e il devastante degrado infernale delle favelas è
tenuto lontano da un pezzo “sacro” di città che può continuare a prosperare,
fare affari, garantire un dignitoso menage alla
borghesia. Rifondazione Comunista ha lanciato la
proposta di una grande mobilitazione di popolo per Napoli. Cioè - dice -
mettiamo insieme una forza politica, una forza d’urto, che possa frenare la
criminalità e imporre un impegno vero del governo. I sindacati ieri hanno
rilanciato la proposta di Rifondazione. Siamo a questo bivio. L’alternativa è
tra chi vuole trattare Napoli come Ricasoli trattò i briganti, e chi sceglie
la via della politica. Piero Sansonetti
(Liberazione, giovedì 2 novembre 2006) |
Fotogrammi di un'idea della vita |
Supplica a mia madre E' difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore. Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere: è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia. Sei insostituibile. Per questo è dannata alla solitudine la vita che mi hai data. E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame d'amore, dell'amore di corpi senza anima. Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù: ho passato l'infanzia schiavo di questo senso alto, irrimediabile, di un impegno immenso. Era l'unico modo per sentire la vita, l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita. Sopravviviamo: ed è la confusione di una vita rinata fuori dalla ragione. Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire. Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile… Pier Paolo Pasolini |
L'Informazione
è Arte?
L’informazione stravolge il principio di
conservazione. Mentre l’energia emessa da una sorgente si
ripartisce tra i destinatari, l’informazione può riprodursi identicamente
a sé stessa. È infatti proprio del pleroma, nelle sue
manifestazioni di materia ed energia, disperdersi, alfine, nell’universo, ed è
proprio della forma riflettersi inalterata, immutabile.
Quando il Pensiero di Dio trabocca, sono le Arti e le Scienze a raccoglierlo. Solo un eccesso di carità può, infatti,
consentire la comprensione della bellezza della forma, sia che essa dia vita a una linea, sia che animi la perfezione di una legge
matematica. Claudio Mola
|
Se un giorno potessi distruggere la mente, Che nome bizzarro ho scelto stasera Ricordo o esperienza, è un grosso dilemma
|
SE TU MI DIMENTICHI Voglio che sappia |
La vita è Amore. Così l'Uomo disse alla Politica:
”..T'amo come la pianta che non fiorisce e reca T'amo senza sapere come, né quando, né da dove, che così, in questo modo in cui non sono e non sei, Pablo Neruda
|
SONO SOLTANTO DIVERSA A Lidice stavo allo specchio con
occhi ricolmi di gioia. Ma
il cuore che
stride qui dentro lo
specchio del tempo frantuma. Le
cose si son capovolte non
sono la stessa di prima. Avevo
il terrore dei topi nel
mondo trascorso di prima dei
topi che
corrono in casa. Allegro
rideva il mio Joska del
dolce mortale spavento cingendomi
il braccio alla vita. I
topi mi davano senso e udirli
squittire il disgusto dell’unghia
che
lacera il petto. Chiamando
il mio Joska in aiuto correvo
a chiudermi dentro coi
piedi strillando sul letto. Avevo
il terrore dei topi nel
tempo trascorso di prima. Ed
ora? Ed
ora chi sono? Adesso
che il tempo stridendo in
questo lager si consuma e i
topi carezzo tranquilla? Non
batte più il cuore di prima. Adesso
non provo ritegno neanche
a scoprire il
bianco mio seno tornito e
mostro in silenzio le cosce e i
fianchi scomposti. Di
sera alla sala da gioco che
è sopra la mensa ufficiali. Mi
danno la carne bollita la
carne mangiata
in cucina con
l’acqua pulita da bere. Ed
anche mi lavo nel bagno di
fresca lavanda odorosa che
copre i miasmi del mondo. Né più
mi spaventano i topi non
sono la stessa di prima. E
dopo che ho fatto godere i
corpi sdraiati sul letto mi
danno di
nuovo la carne la
carne col brodo in cucina il
pane più
bianco e verdure verdure
cagliate col burro. Mio
Joska non dirmi ti prego che
sono una donna perduta. Or
sono soltanto
diversa da
come mi hai conosciuta. Non
guardo riflesso
lo specchio col
cuore ricolmo di gioia. I
topi squittiscono in gruppo mi
girano intorno alla branda nel
giorno che
è uguale alla notte. Ho
l’anima e il corpo segnati e
il ventre che
sempre somiglia a
un rivo di sangue bagnato. Le
cose si son capovolte la
stessa non sono di prima. La
fame l’orrore del campo mi
stringono un nodo alla gola e
vedo ogni giorno sparire
persone persone
gettate
nel niente nel
fondo di un grande silenzio. Non
voglio sentire il silenzio non
voglio mio Joska morire. Ancora
non voglio morire. Non
voglio morire. Non
voglio non voglio morire? Ancora
non voglio morire? Pur
anche alle bestie legate è
duro ogni giorno soffrire. Eppur
la fatica del campo adesso
è leggera. Rimango
sul tornio a limare un
tempo minore di prima. Mi
posso persino curare col
brodo di
carne bollita. Ed anche
non tutte le sere son
messa alla casa da gioco di
sopra il comando ufficiali. Non
sono portata ridendo al
tavolo pieno in cucina con
sopra fumante
la carne. A Lidice stavo allo specchio il
cuore ricolmo di gioia. Ed
ora? Ed
ora chi sono? Adesso
che il tempo stridendo in
questo lager si consuma ed
è frantumato lo specchio? La
stessa non sono di prima. E
resto così sulla branda. Distesa. Sospesa.
Coi
topi che girano attorno. Li
guardo squittire sul legno. E
resto distesa
sospesa le palpebre
chiuse sul viso disteso
sospeso nel buio. E
l’unghia che il cuore mi scava consuma
il riflesso del giorno. Adagio
trattengo il respiro distesa
sospesa nel
vuoto coi
topi che girano attorno. Li sento
squittire sul legno. Sto
ferma nel buio e non penso. Non
penso. Non
penso più a niente.
Rino Malinconico,
ORATORIO PER LIDICE |
Follia, chi è costei?
E' magrissima. Lo
sguardo allampanato, arrossato, come di chi ha troppo pianto o di chi è
troppo drogato. Disegna su
foglietti a quadretti cerchi concentrici e piccole saette. Mi racconta del
giardino della Madonna, dove assai spesso si reca con la mente. Le
immaginette dei Santi si sovrappongono agli affetti ed ai rancori familiari,
e dal caos della memoria sbuca ogni tanto l'orrore per la peluria maschile. E' ancora
giovane ma è già vecchissima. Quando si agita
sprigiona una forza impensabile. Ma è solo un passerotto con le ali spezzate. Spezzate dal
male, ma anche dai medici e dalle medicine. Non ricorda esattamente quanti
elettroshock ha subito, ma conosce le dosi micidiali di psico-farmaci che
inghiotte giorno dopo giorno. Più che magra mi
sembra scavata, sepolta viva. Un giorno, in
piena crisi, mi ha domandato: "ma se tu non avessi mai conosciuto
l'amore, l'affetto di un'altra persona, non saresti impazzito?" Io ho pensato a
quel verso di Pierpaolo Pasolini che dice: "Bisogna essere folli per
essere chiari".
Pasquale Barra
|
L’arcobaleno
Il piccolo Diego? Un drogato, un ragazzo
di bontà infinita e di immensa dolcezza che si è annullato senza volerlo, e
solo ora mi manca. Mi manca il suo caldo
sorriso, la sua voglia di una vita leggera, il profumo della sua anima… Mi raccontò in un
pomeriggio di qualche anno fa, che scappava da una “selva oscura”, da un
“buco nero” alla ricerca di qualcuno, di qualcosa che la droga non gli aveva
saputo dare, così come promesso. Cercava, infatti, un dolce star bene, simile
al turbamento che prova un cieco al quale viene mostrato un mondo tutto colorato:
il calore del rosso, la leggerezza dell’azzurro, la purezza e il profumo del
bianco… Sì, era un bravo
ragazzo, un uomo che sognava un mondo semplice in cui danzare per la sola
presenza di un arcobaleno, poiché immensa è la gioia che si prova nel vedere
fratello Sole far l’amore con sorella Acqua. Ed io? Ascoltavo, ma non
capivo. La droga? Il drogato? Oggi penso ai volti
che conosco, alle tante storie che ho incrociato, ai tanti Diego. Uno pensa a quella
casa di pena che è il buco: l’eclissi della speranza, il non senso, la droga
è un ago che affonda e cuce silenzi a brandelli di carne viva. E dietro? Dietro ogni buco, un
vissuto, una persona. In trasparenza il loro
“disagio”, un’incapacità o un’impossibilità a condividere il nostro “agio”,
il nostro correre nel tempo. Che il problema stia
forse nella qualità e nelle forme del nostro “agio”? Che il “disagio” sia
forse solo l’indizio di un grande “buco” che avvolge tutti? Il buco non è un
fantasma. E’ un gesto palpabile,
quasi sempre banale. E’ un urlo silenzioso,
è uno spavento. Rimbalza sul nostro
quotidiano, talvolta apre voragini e “buca” tante nostre certezze. E’ giusto? E’
possibile nascondere quel “buco”? O va colmato di terra
fertile su cui germoglierà il seme della vita, restituendo un orizzonte più
nitido al sentimento del vivere? Io ho imparato che
serve la lingua della solidarietà, dell’imparare a scegliere, del provare a
rialzarsi da terra quando si è inciampato. Non mi rifiuterò di piantare
un seme in quel “buco nero” che fratello Sole e sorella Acqua nutriranno al
cospetto dell’Arcobaleno. Io penso che non vi
sia salvezza possibile se non recuperando il cielo aperto della libertà e
della dignità: ed è per questo che sono “claustrofobico”. E tu? Nunzio Cennamo
|
Ho fame dalla tua bocca
Ho fame della tua bocca, della tua
voce, dei tuoi capelli Sono affamato del tuo riso che
scorre, Voglio mangiare il fulmine bruciato
nella tua bellezza, e affamato vado e vengo annusando il
crepuscolo, Pablo
Neruda
|
L'Interrogativo che stimola la Ricerca Quanto l'Amore cambia l'Essenza di una
Persona e quindi del vivere sociale?
|
E sono viva
E.D.
|
Alcune Poesie di Pasquale... La storia non ne parlerà Madre! Chi mai
saprà Gli stenti In mezzo ai quali hai
cresciuto I tuoi figli? La storia non ne
parlerà La storia Che è fatta,
soprattutto Di piccole eroiche
oscurità. Barra
Pasquale Che ti importa
Che ti importa
se il fiore Muore appena sbocciato
Se la fonte è
inquinata E gli uccelli
rifuggono la terra Se il mare si è
riempito di sargassi E l’odio ha preso il
posto dell’amore L’uomo s’affanna e
rincorre il potere Ammucchia nel forziere
Scavando nel suo cuore
la sua fossa Che ti importa Tu, che hai mirato il
sole Puoi sempre ricordarne
lo splendore. Barra
Pasquale
Quale regalo
Per il tuo
ottantottesimo compleanno Ci chiedevamo quale
regalo farti Come se tu avessi mai
voluto da noi Un regalo Oltre quello d’amarti.
Barra Pasquale La luna si fermò
Se una stella si
stacca E cade sulla terra È perché un desiderio
vuol fiorire Se una frase d’amore
si interrompe È perché un bacio l’ha
fatta tacere Quando la luna si
ferma e sosta in mezzo al cielo Vuol dire che due
amanti Hanno bisogno di una
notte più lunga per essere felici E ieri sera si fermò per noi. Barra Pasquale Madre terra
Figli! Febbre senza
piaga Che non amate più la
battaglia Addormentati nel
chiuso Steli persi in una
paglia Sparsa al vento Nei vostri cuori non
c’è più il fango che vi fa tutti uguali? Fanciulli! Troppo assuefatti agli
anniversari Piegate spesso la
vostra fronte sotto il sole squallido Del mio sangue ormai
vecchio Non sapete più spiare
le stelle nel chiarore del cero Non attingete sotto
questo velo la pronuncia del linguaggio vero La percossa di Cristo
non vi fa più male? Cigni tarlati La purezza copre il
vostro cuore Erba però non prato Popolo impotente e
macilento Uno stupido dio il
guadagno di un amore senza sofferenza Ti tiene sotto il suo
calcagno Io sono la madre terra
che non sente più il vostro lamento L’indifferenza non l’
ingiustizia è il nemico del mio grembo. L'omertà non il
sopruso è il mio supplizio. Barra Pasquale |
Osservazioni sulla Poesia
La Poesia è l'arte di usare,
per trasmettere il proprio messaggio, tanto il significato semantico delle
parole quanto il suono ed il ritmo che queste imprimono alle frasi; la poesia
ha quindi in sé alcune qualità della musica e riesce a trasmettere emozioni e
stati d'animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la
prosa. La lingua nella
poesia, infatti, ha una doppia funzione di vettore sia di significato che di
suono, di contenuto sia informativo che emotivo. A questi due aspetti
della poesia se ne aggiunge un terzo quando una poesia, invece che letta
direttamente, viene ascoltata: con il suo linguaggio del corpo e il modo di
leggere, il lettore interpreta il testo, dandogli, inevitabilmente, una
dimensione teatrale. Nunzio Cennamo |
Crispano, Libera la politica. Caro concittadino, cara
concittadina, è giunta la Primavera
anche nel nostro piccolo paese, Crispano. I fiori segnano
lentamente il tempo che scivola dentro le nostre stagioni. I soliti dipinti con
tema il mare della libertà squarciano l’orizzonte di sempre, ci portano con te,
anni luce lontano, via da qui. Vuoi vedere che anche
questa volta non cambierà nulla? Non avere timore,
forse, è vicino il nostro momento: la libertà è nell’aria, già si respira! Ci vedono crescere
come spicchi di luna e questo li spaventa. Sono prossimi alle
vostre porte, vi busseranno, sono i
potenti del villaggio. Prepotentemente vi
chiederanno la vostra libertà di voto. Sono quelli che si
dicono moderati, quelli che si annidano nella destra e nella sinistra. Noi non siamo
moderati, come direbbe Dario Fo, non siamo forti con i deboli e deboli con i
forti. Noi non fingiamo di
risolvere i problemi senza affrontarli. Questa lettera è una
speranza per i nostri figli, è la possibilità che i
moderati di destra e di sinistra smettano di comportarsi in modo da non
dispiacere ai cittadini che contano, senza mai concedere la parola a quelli
che non hanno voce. Non lasciamo
intristire ancora di più questa nostra città. La vita è bella. Crispano non è una
valle di lacrime, è bacino di intelletto, è cultura alta e monte di legalità.
Crispano è vivo, è
ferito ma non è finito. Vota Rifondazione Comunista il 9 e 10 Aprile
2006, non temere. Libera la Politica …
anche se corri un grosso rischio... Rischi di trovarti finalmente a vivere in
un Paese a misura d’uomo.
Nunzio Cennamo Politiche 2006
|
Edoardo
Sanguineti “..ti esploro, mia carne, mio oro, corpo mio, che ti spio, mia cruda
carta nuda, che ti seguo, che ti sogno, con i mie seri, severi semi neri, con i
miei teoremi, i miei emblemi, che ti batto e ti sbatto, e ti ribatto, denso e
duro, tra le tue fratte, con il mio oscuro, puro latte, con le mie lente vacche, tritamente, che
ti accendo, se ti prendo, con i miei pampani di ruggine, mia fuliggine, che ti spiro,
ti respiro, con le tue nebbie e trebbie, che ti timbro con tutti i miei timpani, con
le mie dita che ti amano, che ti arano, con la mia matita che ti colora, ti
perfora, che ti adora, mia vita, mio avaro amore amaro: io sono qui così, la zampa del mio uccello, di quello che ti gode e ti vigila, sono la papilla giusta che ti degusta, la
papilla che ti vibra e ti brilla, che ti tintinna e titilla: sono un irto, un erto, un
ermo ramo, io che ti pungo, mio fungo, io che ti bramo: sono pallida pelle che si spella,
mia bella, io passero e pettirosso del tuo fosso: io la piuma, io l'osso, che ti
scrivo: io, che ti vivo.” |
L'AMORE Che hai, che abbiamo, Che hai? Ti guardo E che vuota andavi per il mondo |
Così giunsi ai giorni della Resistenza Pier Paolo Pasolini |
La Pace
La mia pace E.D.
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Appunti critici sulla Riforma delle scuole superiori di Rino Malinconico
Gennaio 2006
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VECCHIO Era un freddo mattino d’inverno, ancor prima che il sol sorgesse, tra il buio e la fitta nebbia, intravidi da lontano una figura che, lentamente, veniva verso di me. Fu allora che mi fermai, tra lo stupore e lo stato semicosciente di chi è appena sveglio. Aspettai e più aspettavo più quella figura mi si avvicinava. Si avvicinava timidamente, aveva un passo lento e spossato, il capo chinato ed il corpo semicurvo. Solo quando giunse a me, mi accorsi che era un signore, un signore molto anziano. Allora, mi avvicinai a lui e gli dissi: Buongiorno, ma dove andate di buon mattino e con tanto freddo? E lui, in dialetto napoletano e con voce roca , mi rispose: Buongiorn guagliò, addò vad? Vac à piglià chilli quatt sold e pension pè putè
campà. Ed io: ma a quest’ora? E lui: Si a chest’or! Guagliò
quando sei vecchio pe sta società si
sol nu pes’, primm muor e megl’ è! Nu cont chell che fatt’ o chell che rat, ma solo quello che può dà. Ma che può dà nù vecchio comm a me
a sta società? Allora, tant’è meglio à murì tant a
chi import nient? Si allontanò, lentamente, e più si allontanava più il mio cuor si restringeva. Avrei voluto confortarlo, dirgli che non era vero, anche se nel mio cuore sapevo che era la pura verità. Avrei voluto dirgli grazie, grazie per tutto ciò che tu e gli altri avete fatto per la Libertà.
Grazie se oggi siamo uomini liberi, se possiamo esprimere la nostra opinione. Grazie se oggi la possiamo pensare diversamente dagli altri. Ma non ebbi il coraggio di fare niente di tutto ciò. Di una cosa, però, son certo, che quando avrò quel coraggio, solo allora, capirò che non è mai troppo tardi... GRAZIE VECCHIO. Mattia Cosentino
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Quando ho fame Ogni anno muoiono 6 milioni di bambini, ogni mese ne muoiono 500mila, ogni giorno più di 15mila, ogni ora quasi
700
Un pesce se ha fame
può cercare in ogni goccia Un gabbiano se ha fame può pescare in ogni mare Un lepre se ha fame può pascere in ogni pascolo Un uomo può mangiare quando ha soldi per pagare Quando ho fame mi fermo e disperatamente muoio. Barra Pasquale
I giovani di Parigi
Di chi sono figli i giovani
Che luridi gridono
e corrono Vandalici in mezzo alla piazza? Chi crea quei gran disonesti, feccia Che subito sanno rubare Picchiare, insultare comunque? Chi aiuta quei cani bastardi Che ringhiano a gente perbene Vergogna di tutta la gente? Di chi sono figli i giovani di Parigi Che luridi gridono
e corrono Vandalici in mezzo alla piazza? Sono figli dei mostri che abbiamo dentro! Barra Pasquale
|
Una Donna di Pace E’ nata. E’ nata Anna. E’ finita la guerra. Ne ha fatta di strada
la Piccola. Era già vita, quando piccola più di
un puntino, batteva dentro
l’amore. E’ il frutto. La sua voglia di
vivere batteva il tempo per
qualsiasi musica e sotto quel ritmo danzava
la gioia. Era già pace. Piccola, fragile,
indifesa. Quasi non sento quel
corpicino quando la sera la
stendo a dormire. Per ogni suo pianto o
sorriso tutto si ferma. E’ un sogno. Incantato contemplo i
suoi gesti, i suoi occhi dai mille
sguardi, il suo viso dai mille
sguardi. E’ dolcissima. E’ forte Anna. E’ parte di me, è
tutt’uno. Sento la sua voce
attraverso le sue manine, mentre mi stringe le
dita, sembra dirmi non mi
lasciare. E’ mia figlia. Anna ama i colori. Amate Anna, perché Anna è una
Donna di Pace. Fusco
Raffaele
|
|
A Giordano Bruno Nolano Italiano
Tutti insieme, i doni
di tutti gli Dei. Tu che possiedi tutti i
doni del ricco tesoro della natura, Uno solo dei quali è
dato di possedere a ciascun altro. O essere sublime,
oggetto di meraviglia per tutti, Dinanzi a cui stupisce la
stessa natura, superata dall’opera sua: O fiore d’Ausonia,
Titano della tua splendida Nola, Decoro e delizia
dell’uno e dell’altro cielo: Posso forse tentar di
parlar di te con un mio carme, Di te, di cui nessuno,
in un carme, può parlare degnamente? Non io: tu vinci la
bocca e la lira dello stesso Apollo, Né alle Muse è concesso
saper cantare di te. Che cosa posso dunque
io dir di te, a meno che non dica Solo questo: che di te
non posso dir nulla? Che debbo fare? Ma ti
basti, o grandissimo uomo, Questa lode: da nessun
carme puoi venir lodato abbastanza». Valens Acidalius, Helmstedt
1589
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Poesia ed Arte
nell’era dei Metamateriali
La filosofia che
stimola una ricerca non guidata dalla logica del profitto è poesia e pertanto
arte e dunque suona... (Nunzio
Cennamo)
Crispano, Caffè letterario 16 Settembre
2005
|
Intervista
al Compagno Cennamo Biagio Presidente
del Consorzio Zona PIP “Sviluppo
Crispano”
Il centro destra locale sembra aver appreso amaramente la notizia del suo incarico, vista anche la sua
militanza nel Partito della Rifondazione Comunista, come mai è stata scelta
proprio la sua persona? La carica di Presidente non mi è stata data
per caso e/o per favoritismo politico, ho sempre creduto in questo progetto:
sto svolgendo un ruolo di interprete dei problemi e di ideatore di soluzioni
dal lontano 1998. In merito alla destra locale, vorrei dedicargli una battuta: siate meno cattivi
nell’animo ed un po’ più “europei”, sia il sottoscritto che il C.D.A.
lavorano con passione e senza scopo di lucro per dare un futuro migliore ai
nostri ed ai vostri figli. Nella Regione Campania la “cultura dei progetti”, introdotta dalla
Comunità Europea, include un nuovo concetto per la tutela dei diritti: le
Azioni di Monitoraggio e Valutazione sono parte integrante della
progettualità. Perché ha accettato l’incarico? Gli amici mi dicono che è un compito difficile, ma io, forse, proprio per
questo, credo di aver accettato l’incarico. Sì, senz’altro le ragioni per cui ho accettato sono la capacità di accogliere
con positività le prove difficili e la paura che le dinamiche
politico-economiche legate allo sviluppo della zona PIP fossero sottovalutate
e/o valutate in termini di felicità privata anziché pubblica. Allora, come comunista e come
artigiano-lavoratore ho sentito il dovere di accettare. Il mio incarico, infatti, avrà come unico
obiettivo la tutela dei colleghi e della Collettività e per realizzare ciò
useremo Commissioni di monitoraggio e valutazione gestite direttamente
dall’Istituzione Comunale, così come da Cultura Europea. Ci può descrivere brevemente la cronistoria della zona PIP a Crispano? Nell'allora vigente Piano di Fabbricazione,
approvato con Decreto Regionale del 12 Dicembre 1978, fu individuata come
zona destinata ai nuovi insediamenti produttivi a carattere artigianale e per
il potenziamento delle attività produttive già esistenti nel territorio
comunale, la zona posta lungo la strada Provinciale Aversa-Caivano, a nord
dell’abitato. Il Piano Regolatore Comunale, approvato con
D.R. n° 2458 del 24 Febbraio 1983, prevedeva espressamente la formazione del
P.I.P. e l’area interessata dall’insediamento produttivo era ed è di mq
203.814. Per la realizzazione di tutto il P.I.P. la
spesa prevista era di £ 3.616.664.450 così ripartita: Acquisizione suolo, urbanizzazione delle
opere primarie (strade, parcheggi, rete fognaria, rete idrica, rete
antincendio, rete elettrica, rete di Pubblica illuminazione, etc.) e
secondarie (spazzi di uso pubblico, attrezzature sociali, etc..). In quel periodo l’indennità di esproprio,
per le aree esterne ai centri edificati, commisurata al valore agricolo, era
di £ 11.400 al mq. Era un progetto economicamente accessibile
sia per gli artigiani che per le piccole imprese locali; con pochi fondi si
poteva realizzare già all’epoca qualcosa di veramente innovativo per la
qualità del lavoro sul nostro territorio. Oggi, dopo più di 20 lunghi anni, in un
mercato dinamico e veloce le imprese di Crispano stanno ancora aspettando i
lenti e poco utili tempi della Pubblica Amministrazione. Comunque, dopo diversi anni, nel 1998,
grazie all’insediamento di una coalizione di centro-sinistra, capeggiata da
Carlo Esposito, si riprese il Progetto della zona industriale, partendo
ancora dai lavori e dalle esperienze svolte nel 1983. Fu chiamata una società di esperti per
elaborare il piano ed il prezzo dell’operazione mentre gli esponenti politici
della coalizione di Centro-Sinistra si riunivano, frequentemente, per trovare
una soluzione Politico-Economica alla zona P.I.P. La soluzione fu quella di avviare il
progetto con i fondi comunali, ma, simultaneamente, si attivava anche
un’esplicita richiesta di fondi alla Regione Campania per finanziare il
progetto. Il Progetto ci fu finanziato dalla Regione
Campania con più di £ 10.000.000.000. Con questi fondi Regionali, gestiti
direttamente dal Comune, sono state realizzate le opere primarie e secondarie
del P.I.P. Come opere secondarie sono state realizzate
un edificio adibito ad uffici, una sala convegni, un bar e due fabbricati da destinare a giovani
imprenditori per progetti innovativi. Contemporaneamente all’approvazione del
Progetto, a seguito di un bando di selezione, furono presentate centinaia di
domande per la richiesta di assegnazione dei lotti; lotti che una Commissione
Tecnica ha provveduto ad assegnare a 40 imprenditori-artigiani. Il passo successivo, coordinato e promosso
dal sottoscritto e da Pasquale Amoroso, fu l’ideazione e l’approvazione dello
Statuto Costitutivo e del Consorzio “Sviluppo Crispano”. La mia nomina a Presidente del Consorzio è
poi storia recente… Quali sono le sue idee per “Sviluppo Crispano”? I miei colleghi artigiani-imprenditori sono
prima di tutto dei lavoratori, come il sottoscritto; infatti, gli assegnatari
sono quasi tutte ditte a carattere familiare. Ci rendiamo conto che oggi ci
vuole la qualità totale nei prodotti per essere competitivi sul mercato
mondiale, qualità che cercheremo di ottenere con l’istituzione di corsi
professionali e con l’introduzione delle nuove tecnologie nei processi di
produzione semi-industriale. Questa è la strada che “Sviluppo Crispano”
seguirà per portare un lavoro serio, non precario, alla nostra collettività:
ai nostri operai ed ai nostri figli vogliamo offrire una Crispano migliore di
quella in cui siamo cresciuti noi. Innovazione, Internazionalizzazione ed
Occupazione, queste sono le parole chiavi di “Sviluppo Crispano”. Forse ci sarà un nuovo tempo in cui
Crispano sarà famosa in ambiti internazionali non perché ha il più alto tasso
di epatiti al mondo ma per i suoi prodotti artigianali e per la qualità della
vita... Ma questo è un sogno? Anche una festa di Liberazione a Crispano lo era fino a ieri, oggi è
realtà… Ci vuole progettualità ed impegno!
|
Il mondo è nelle nostre mani
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Alla bandiera rossa Per chi conosce solo il tuo colore, bandiera rossa, tu devi realmente esistere, perché lui
esista: chi era coperto di croste è coperto di
piaghe, il bracciante diventa mendicante, il napoletano calabrese, il calabrese africano, l'analfabeta una bufala o un cane. Chi conosceva appena il tuo colore, bandiera rossa, sta per non conoscerti più, neanche coi
sensi: tu che già vanti tante glorie borghesi e
operaie, ridiventa straccio, e il più povero ti
sventoli.
PierPaolo Pasolini
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Garofani
Per la piccola ebrea
Quel giorno che entrò in cella E dalla cella viene per ore e ore
Egidio Menegetti
matr. 10568
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LIBERTA' DI VIVERE Dove finiscono i limiti dello spazio, si erge il monte dell’inquietudine. Siamo sazi di guardare nubi vagare e
dissolversi nell’intenso traffico del cielo. Avrai visto le stanze della mia anima senza stupore. Il mio grido risveglia i tuoi pensieri somiglianti ad ombre selvagge al cospetto delle tenebre. Lasciati raccontare un’altra bugia, implora i venti di scuotere gli alberi solitari delle
foreste. Incredibile ci sembra la melodia degli
uccelli quando vaghiamo per sentieri estranei. Il giorno annulla la paura di blandire i segreti della notte, la notte accende il fuoco del nostro amore.
Prova a camminare con le braccia incatenate e gli occhi
chiusi, prima di rinserrarti nella prigione della
solitudine. Qual è la tua fine? Hai guardato attraverso le sbarre per fissare il mondo che ti eri inventata. Stringiti a me, urla il bisogno di trovare
un luogo dove celare i segreti, oltrepassa il muro che hai eretto per non far entrare la malinconia. Il mare dei sogni potrà trascinarti
ovunque, nello spazio e nel tempo, non pregare che Dio spinga la tua barca, lotta per la gioia di vivere, segui il
destino per goderti la libertà. Andrea Salerno
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Saggio breve di Rino Malinconico sul Nazismo
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Offeso Sono offeso, il mio paese è teatro di cose buffe: su un giornale locale ho visto
recitare i pettegolezzi quotidiani di un consiglio comunale che sembra “la
gatta cenerentola”. Sono offeso, i miei amici, stanchi e delusi, hanno smesso di sognare, in essi
diversità di volti ma una è l’espressione. Vorrei vederli nella diversità dei carismi sorridere ancora per
un’intuizione, ma ormai uno solo è l’atteggiamento. Sono offesi, allora “dillo pure che sei offeso quando cerchi complicità per progettare e ricevi solo complimenti e
commenti da chi è troppo occupato nella diversità dei suoi mestieri. Sei offeso, allora “dillo pure che sei offeso Fusco Raffaele
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Il coraggio Piccola e minuta, La forza Elena l'ha trovata Lei è vero ha pagato,
L'attesa Eccoti lì, distesa sulla sedia, E' proprio vero, Se l'amore per la vita
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Lettera ai figli di Ernesto "Che" Guevara Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernestino, se un giorno
dovreste leggere questa lettera, è perché non sarò più tra voi. Quasi non vi
ricorderete di me e i più piccolini non mi ricorderanno affatto. Vostro padre è stato un uomo che agisce
come pensa ed è certamente stato fedele alle sue convinzioni. Crescete come bravi rivoluzionari. Studiate
molto per poter dominare la tecnica che permette di dominare la natura.
Ricordatevi che l'importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, da solo,
non vale niente. Soprattutto siate sempre capaci di sentire
nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in
qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un rivoluzionario. Arrivederci, bambini miei, spero di
rivedervi ancora. Un grande bacio e abbraccio da papà.
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Fede e
Liberazione Difficile e
misterioso è il cammino della fede. Io sono
cattolico e comunista. Non vado a
Messa, se non per ricorrenze particolari, ma prego. In silenzio. Amo la
figura di Gesù di Nazareth, che considero un grande, immenso rivoluzionario. Nell’agonia di
Giovanni Paolo II, per me, c’era Cristo in croce. Spesso ho dei dubbi:
davanti alle ingiustizie del mondo, alla fame, alle guerre, ai bambini che
muoiono nella disperazione, nella dimenticanza. Ma poi, mi ritrovo a sperare:
in quel Mondo dove, un giorno, rivedrò i miei cari, potrò dare, finalmente i
tanti abbracci non dati. Ho sempre
guardato con ammirazione al Pontefice venuto dalla Polonia. E quell’ultimo
suo grido muto è stato per me il grido muto di milioni e milioni di persone
senza voce, di emarginati, di sfruttati: senza volerlo Giovanni Paolo II è
stato il più grande politico della storia. I miei idoli
sono Martin Luter King, Madre Teresa di Calcutta, Mahatma Ghandi, San
Francesco d’Assisi, Ernesto Che Guevara… Io li vedo
simili, e spesso ho pensato di peccare. Mistici, santi,
un guerrigliero? Mi è venuto
incontro il domenicano Frei Betto, esponente di
primissimo piano della Teologia della Liberazione. Ha scritto “Questi hanno
rinunciato al benessere che possedevano per abbracciare una dimensione
mistica, spinti da un grande amore verso il popolo, verso l’uomo. Francesco
d’Assisi, figlio del ricco Pietro di Bernardone, ruppe con tutto quello
che lo circondava per dedicarsi alla causa dei poveri, senza mai separare
l’ecologia dalla lotta per la giustizia(…). Ed Ernesto Che
Guevara poté godere del massimo bene simbolico cui un essere umano possa
aspirare. Studiò medicina,
si dedicò ai malati poveri del Guatemala e poi del Messico, si unì ai
guerriglieri cubani spostandosi dal Messico a Cuba, lottò nella Sierra
Maestra, fu comandante della rivoluzione, ministro e a questo punto, sebbene
fosse già in pace con la storia, abbandonò tutto per la liberazione
dell’Africa: lottò in Congo e, più tardi, in America Latina. È la Mistica che
spinge due uomini come San Francesco ed Ernesto Che Guevara ad impegnarsi in
una causa, a dare alle proprie vite un significato ultimo che sta nella vita
della collettività.” Leggo ancora Frei Betto: “ Beati coloro che governano a favore dei
diritti umani, estranei alla macabra logica che fa del bilancio una
cassaforte i cui segreti i poveri non conosceranno mai; beati coloro che
governano senza attaccamento al potere, facendo della propria vita un
servizio nei confronti del prossimo, soprattutto dei più bisognosi. Dio saprà
ricompensarli nella pienezza dell’amore.”. Posso esprimere
questo concetto con altre parole, sperando di aver capito qualcosa
dell’insegnamento di Giovanni Paolo II: "L’orizzonte
ultimo della politica è il contenuto della fede. Tutto quello che la fede
annuncia può essere incontrato concretamente solo attraverso la politica."
di Barra Pasquale
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L’amore e la morte dei nostri tempi L’amore è
difficile, tanto più in tempi di crisi organica del capitalismo mondiale.
Quel complesso corto – circuito dei cuori e dei corpi si immerge nella
quotidianità, porta sulla sua pelle le ferite della storia, misura il “grande
freddo” delle moderne solitudini. Vive in bilico, vola e partecipa, sogna
l’assoluto e mastica ogni sorta di precarietà. La morte è
sempre cattiva, ospite imprevisto, evento casuale. La morte è
banale nella sua interna dinamica, ma solenne nei riti che la circondano. Ma
anche la morte, come la vita, come ogni cosa, muta le sue scansioni, i suoi
significati, le sue forme, con il mutare della scena sociale. E se pure la
morte è (come dice Totò) una livella che pone tutti dinanzi all’orizzonte del
nulla e del mistero, l’esperienza del morire non è affatto uguale per tutti:
si muore sempre male, ma c’è chi muore peggio. Ronald
Washington, 45 anni, e Ingrid Autry, 44 anni,
intrecciavano le proprie povere esistenze negli interstizi e nei suburbi
della capitale nordamericana. Lui facchino, lei disoccupata, pochissimi
dollari, nessuna possibilità di farsi un nido (laddove i prezzi di un fitto
di casa sono astronomici), qualche nottata trascorsa insieme in un motel,
molte altre notti a cercare un giaciglio comune dove capita, dove lo cercano
i più reietti tra i reietti, i barboni. Con una fantasia degna di Victor
Hugo, si può immaginare un letto per due persino all’interno di un cassonetto
per l’immondizia. Migliaia di barboni, negli Usa di questo pirotecnico inizio
di secolo, dormono nei cassonetti per l’immondizia: che volete, anche la
fulgida bandiera a stelle e strisce ha le sue smagliature, anche il grande
sogno americano ha i suoi piccoli incubi. E cosi anche
Ronald e Ingrid dividevano momenti di intimità e di abbandono in compagnia
dei cosiddetti rifiuti solidi urbani:come a dire
c’è una tenerezza che resiste a qualunque prigione sociale, che cerca un
posto caldo pur dentro il ghiaccio dello spaesamento metropolitano. Ma una notte,
un’ultima notte, mentre i due innamorati dormivano nel loro contenitore di metallo,
non si sono accorti dell’arrivo del camion della nettezza urbana che ha
incapsulato il cassonetto nel suo ventre e ne ha scaricato il contenuto sotto
la pressa trituratrice. Quella macelleria meccanica ha ucciso l’uomo e
ridotto in fin di vita la donna. Amore e morte, ai tempi della recessione.
Eros e Thànatos in chiave americana. L’azienda che
gestisce la pulizia della città americana si rammarica dell’incidente, ma
puntualizza che i “tempi produttivi” impediscono un controllo sul contenuto
dei container della spazzatura. Che volete, il tempo è denaro. E poi questa è
la patria di Capitol e di Beautiful, impazzano gli amori ricchi, i barboni
gustano il paesaggio. di Nichi Vendola
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Racconto di una bella giornata Crispano, lunedì
25 Aprile 2005. Il cielo è
velato, si sente un leggero vento fresco, pioviggina. Il paese riposa,
sono le Solo pochi minuti
e finanche il cielo smette di piangere. Sono armati perfino di macchine
fotografiche. La loro gioia ed il loro sentire è coinvolgente, è puro, è
partigiano: la piazza è piena eppure non sono tanti. Nell’aria si
avverte la spiritualità dell’evento, si vivono abbracci e sorrisi, si sente
il profumo della libertà. Sono venuti per un corteo, vogliono donare ai
caduti una corona di alloro, una preghiera, una parola e un
sorriso. Così, la pioggia, pulito l’asfalto per l’evento, lascia il
posto ad una luce insolita, il vento inizia a sventolare le bandiere, il
silenzio dilata la ritualità dell’evento e l’assenza delle macchine non
intralcia la marcia che parte. Fieri e liberi
sono finalmente in cammino, sono pieni di Resistenza e di Costituzione. Sono
emozionati. Il rito della
Liberazione si incarna nei volti e nella diversità delle espressioni per
divenire manifestazione. E’ il 25 Aprile,
è la loro festa! Marciano,
sostano ed onorano. Ci sono comunisti e non, anziani e giovani: c’è la
libertà! Un minuto di silenzio:
la solennità del rito carica di emotività le persone presenti, si sente un
clima teso, nell’aria si respira la morte dei partigiani per la libertà nella
democrazia. Poi, un applauso e la complicità. E’ il 25 Aprile,
è la loro festa è la festa di tutti! Si abbracciano,
comunicano una forza senza limiti, sono armati: hanno centinaia di copie
della Costituzione. Sono le ore
di Nunzio Cennamo Crispano, 25 Aprile
2005 |
I ragazzi che si bucano I ragazzi che si bucano sono fragili. Spesso sono bugiardi, fastidiosi,
arroganti. Soprattutto turbano la quiete pubblica. Rubano le autoradio, scippano le catenine d’oro, tendono una mano
accattona agli angoli delle strade. I ragazzi che si bucano sono tanti e diversi, ognuno con il suo nome, con
il suo percorso, con il fagotto di sofferenza e solitudine. I loro nomi
riempiono i casellari giudiziari, le loro braccia sono mappe di cicatrici, le
loro storie sono l’affanno e il brivido di una corsa continua sull’orlo di un
precipizio. I ragazzi che si bucano non ce la fanno a non bucarsi. I loro piedi
calcano la scena di una precarietà avvolgente e totalitaria, le loro mani
sono esperti di rituali che celebrano la miseria metropolitana. Sono
coscienze sonnambule e spaurite. Sono vite contratte e spolpate, libri piene
di pagine strappate o ancora bianche. Sono gorghi di ansietà e smarrimento,
sono secondi scanditi da un dinamismo vorticoso, sono corpi immoti e lentezze
che paiano avanzare da deserti secolari: cronometri del girare a vuoto,
clessidre dell’inciampo e della paralisi. I ragazzi che si bucano, bucano le nostre medesime certezze, sono il “noi
stessi” capovolto, sono il fantasma di quella debolezza che noi riusciamo a
governare o a drogare con il galateo versatile di tutte le nostre vere o
posticce normalità, di tutte le nostre placide o codarde compatibilità.
All’ombra di ciascun buco ci sono vocabolari spezzati, fonemi sbiascicati,
silenzi balbettati: un vero e proprio buco di parole inghiotte tanti nostri
ragazzi. Quelle parole mancate non sono un margine di patologie e di devianza
da incasellare in una cartella clinica o in un registro penitenziario. Quelle
parole mancate sono anche la nostra lingua ufficiale, la cifra delle nostre
comunità atomizzate, il frastuono della grande Babele consumista. I ragazzi che si bucano volano in cieli di banalità e di ossessioni,
lambiscono pianeti illegali, dilatano artificialmente i confini invisibili ma
blindati della propria monotonia del proprio universo concentrazionario. Sono tanti, troppi: ma anche un solo ragazzo perduto è tanto, troppo.
Sono diversi, non riducibili ad alcun stereotipo, non classificabili con il
metro lombrosiano della cronaca nera. Vivono e muoiono accanto a noi. Sono la
nostra stessa vita e la nostra stessa morte. Un mio amico tossicodipendente mi ha detto: “Siamo raggi fuggiti dal
sole”. Come dire che c’è un freddo insopportabile che ti cinge, e una
dispersione di luce, un’entropia che centrifuga ogni residuo ordine della tua
coscienza. I ragazzi che si bucano non meritano i ceppi e le manette, non devono
essere incarcerati e puniti. Pena su pena, il mondo non si può redimere :è
già cosi sconfinata la pena del vivere, del camminare da soli, del curarsi
ferite sconosciute ai manuali di medicina, del volgere il proprio all’ altrui
sguardo, del rialzarsi da terra, del cercare un alito di amicizia. Quel
supplemento di pena che offre galera a chi domanda eroina è la più inumana,
la più stupida delle risposte. Bisogna cambiare risposta, anche per aiutare i
ragazzi che si bucano a cambiare la loro domanda. di Nichi Vendola
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DELLA GUERRA E DELLA RIVOLUZIONE a
margine del dibattito sul tema della nonviolenza di Rino
Malinconico
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Se la democrazia viene dalla cultura greca, il cristianesimo, dall'ebraismo e le tecniche di meditazione dall'oriente... Se i numeri che sommiamo sono arabi, le lettere che scriviamo, latine e l'indispensabile ruota, è persiana... Se l'Asia ci ha dato il riso, i paesi Mediterranei, il grano e l'America il mais... Se la razza umana è di tutti gli umani e le umane della terra... Perché non lottare affinché tutte le culture dialoghino e contribuiscano alla costruzione di un mondo di giustizia e di pace? |
SE QUESTO E' UN UOMO Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo e'
un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per un pezzo di pane Che muore per un si'
o per un no. Considerate se questa e'
una donna, Senza capelli e senza nome Senza piu' forza
di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo e'
stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi. Primo Levi,
sopravvissuto ai lager nazisti. |
QUASIMODO
E LA GUERRA
«Io non credo alla poesia come
"consolazione", ma come moto a operare in una certa direzione in
seno alla vita, cioè "dentro" l’uomo. Il poeta non può consolare
nessuno, non può "abituare" l’uomo all’idea della morte non può
diminuire la sua sofferenza fisica, non può promettere un eden, né un inferno
più mite... Oggi poi, dopo due guerre nelle quali l’"eroe" è
diventato un numero sterminato di morti, l’impegno del poeta è ancora più
grave, perché deve "rifare" l’uomo, quest’uomo disperso sulla
terra, del quale conosce i più oscuri pensieri, quest’uomo che giustifica il
male come una necessità, un bisogno al quale non ci si può sottrarre... Rifare
l’uomo, è questo il problema capitale. Per quelli che credono alla poesia
come a un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla
vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre per speculare il
cosmo, diciamo che il tempo delle speculazioni è finito. Rifare l’uomo,
questo è l’impegno.»
La Fiera Letteraria, Giugno 1947 |
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www.opartigiano.it, uno spazio multimediale aperto, tutto
nostro, cerniera tra la realtà e le idee, tra i
progetti e le speranze, tra la piccola provincia ed il mondo. Crispano, 31 Marzo 2005 |
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Non è finito
l’infinito
di Raffaele Fornelli All’ombra delle indifferenze umane è arrivato,
nel ciclo perpetuo della natura, un nuovo cambio di stagione: tutto muta,
colori, odori e sapori, mentre l’uomo prosegue nella sua visione
dell’esistenza senza limiti né transitori, fatta di razionalità tessuta in
progetti per il nostro futuro e per quello dei nostri figli. Sì, l’uomo del passato, del presente e del
futuro senza limiti o confini, regna! Ma quale futuro regna? Il venturo può condizionare la vita di chi
ci è vicino, perché l’uomo sa, perché può, perché pensa di vivere oltre il
tempo consentito? Oppure, l’uomo è un povero uomo, senza
futuro anche se vive ancora: è l’unica creatura, nell’universo naturale delle
cose, senza riflessioni, senza sentimenti, senza simboli, perché non sa, o
non vuole sapere. Eppure basta guardare diversamente i nostri
figli, i tanti giovani che illuminano la nostra esistenza. Oggi, un ragazzo di 16 anni, per
gioco forza, dovrà raggiungere la propria maturità, che noi crediamo di aver
raggiunto a 47 anni. Ebbene, tra trent’anni quel ragazzo avrà la
nostra età! Quindi, se il tempo per noi è trascorso
senza accorgercene, allora quel ragazzo tra breve avrà 47 anni e noi non
saremo più in questa dimensione! Il tempo è dunque una spartizione astratta
dei cicli naturali? Si, quando un nostro figlio ci chiede un
gelato, mentre guidiamo l’auto verso il futuro eterno, fermiamoci alla prima
gelateria, accontentiamolo, forse conosceremo il tempo che passa! Lo ameremo il tempo che passa! Ci permetterà di abbassare gli scudi umani,
allontanerà da noi le paure. Ci offrirà un’esistenza meno vuota,
ancorata ad una dimensione non più finita…
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LA SOCIETA' DEL
COPRIFUOCO Questo è il tempo di stilare rendiconti e promemoria,
per capire cosa gira vorticosamente sulle nostre teste, per leggere tra le
righe e sotto le righe quale sia la trama del nuovo Ordine in via di
costruzione su scala planetaria, per denunciare il cuore grezzo di
quell'Impero che nasce dalle proprie stesse rovine e dalla sua medesima
crisi. Occorre guardare con attenzione ogni singolo tassello (di storia, di
geografia, di politica, di cultura) senza mai dimenticare il mosaico: che è
quello della globalizzazione liberista, della sua progressiva perdita di
egemonia, del suo mappamondo incendiato dal dolore sociale, della sua scelta
strategica di affidare alla guerra (preventiva, infinita, indefinita) il
compito di una ricomposizione materiale del quadro del comando
sovranazionale. Poiché questo scenario non consente correzioni
"riformiste" - le quali risultano patetiche quando si ingegnano a
cercare foglie di fico e coperture legali alla generalizzata "chiamata
alle armi" - si capisce bene che qualsiasi opposizione radicale, qualsiasi
dissenso di merito, qualsiasi diserzione dalla coscrizione obbligatoria in
cui tentano di irreggimentarci, apparirà immediatamente come un atto di
cospirazione politica, di sovversione, di insubordinazione alle leggi scritte
(codice fascista e norme emergenziali) e alle tante leggi non scritte o in
via di scrittura che stigmatizzano persino gli eccessi della libertà di
pensiero. Questo sta accadendo sotto ogni latitudine, con buona pace della
conclamata e universale vittoria di quella "civiltà liberale" che
sembra diventata l'abito della festa: quando il "pensiero unico"
diviene arruolamento si cambia abito, che diventa "uniforme"
proprio perché ci uniforma, e le sottigliezze di Voltaire e Montesquie vanno a farsi fottere. La verità è che siamo
seduti sul cratere di una contraddizione insanabile: il pensiero critico, e
il movimento che lo incarna e lo propaga, sono oggettivamente una proposta di
"sovversione" dell'ordine costituito (e costituendo). da "Liberazione" del
04.12.02 |
11 Giugno 2004
Caro Enrico, ci
manchi tanto..
Le ultime parole sul palco di Padova, l' agonia, il bacio commosso dell'
amico Sandro Pertini
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Il Manifesto E ora tocca
a voi battervi
gioventu' del mondo;
siate intransigenti
sul dovere di amare.
Ridete di coloro
che vi parleranno di prudenza,
di convenienza, che
vi consiglieranno
di mantenere
il giusto equilibrio.
La piu' grande
disgrazia che vi
possa capitare
e' di non essere
utili a nessuno,
e che la vostra
vita non serva
a niente. Raoul Follerai
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Una Preghiera... Rallenta la mia corsa, Signore! Signore, calma il battito del mio cuore, calmando la mia mente. Dammi, fra la confusione dei miei giorni, la pace delle alte cime. Insegnami l'arte di fermarmi a guardare un fiore, parlare con un amico, accarezzare un cane, leggere un buon libro. Ricordami sempre che, nella fretta, perdiamo il meglio della vita. Fammi guardare ai rami della torreggiante quercia, e fammi ricordare che è così perché è cresciuta lentamente e bene. Rallenta la mia corsa, Signore, aiutami ad affondare le mie radici profondamente, nel suolo dei veri valori della vita, così che io possa crescere verso le stelle del mio più grande destino, nel nome di Gesù!
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L'isola di Cuba
Ascolto la sua musica e il mio animo si
rasserena. E. D.
Una Donna Libera...
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PER ESSERE EUROPEI L’essere maturo E’ dovere di tutti porsi l’interrogativo: Come prepararsi alla vita
adulta? Esiste un’età cronologica ed una mentale, che spesso non camminano di
pari passo. Un popolo che si dà delle regole per definire la struttura urbanistica
del proprio paese è una testimonianza di maturità. Conversare sul rapporto
tra salute e territorio, sui diritti di cittadinanza, su coscienza e
spiritualità sono tematiche universali che non ci possono essere estranee.
Distinguere il diritto legittimo da quello illegittimo, l’economia politica
dalla politica economica, un paese a crescita zero da un paese che aumenta
vertiginosamente il numero dei propri abitanti è, appunto, la verifica
dell’essere maturo oppure del rimanere infantile. La critica e l’autocritica fanno parte integrante del percorso didattico
pedagogico, ed aiutano a formare un cittadino maturo, dotato di una coscienza
civile e democratica, capace di distinguere l’aggressore dall’aggredito, che
non metterà mai sullo stesso piano l’invasione nazifascista e la difesa di un
popolo contro tale invasione. Tali percorsi stimolano ricerche, conversazioni, relazioni e aiutano a
diventare maturi risparmiando all’umanità tragedie che, anche se ci
rattristano, non devono essere cancellate dalla memoria storica: l’Italia
attuale è dotata di una Costituzione nata dalla Resistenza contro il fascismo
e il nazismo. Non dimenticare significa insegnarlo con più fede nelle scuole affinché i
valori della Costituzione si possano attuare. Educare alla vita adulta è appunto sforzarci di costruire una società più
umana basata sul lavoro per tutti, su un minimo garantito, al di sotto del
quale comincia la soglia di povertà, e questo non solo sul piano materiale ma
anche sui beni immateriali quali l’istruzione, la capacità di intendere e volere,
il distinguere. La Libertà, il progresso, le riforme vanno preparate attraverso un lento
lavoro in cui il ruolo preminente spetta all’educazione e
all’Istruzione: soltanto un popolo educato potrà comprendere appieno il
valore di certi ideali, “virtù, gloria, umanità, patria, natura, diritti sono
parole vuote di senso in paesi in cui non vi è ombra di educazione”. Perciò le spese scolastiche non vanno mai considerate improduttive, in
quanto sono finalizzate a preparare i futuri cittadini, uomini maturi che
sapranno leggere leggi, interpretarle e applicarle correttamente e, se
necessario, modificarle quando sono sbagliate. Più si è maturi più si è utili alla collettività, meno si è maturi più si
aggrava il costo della collettività. Basti pensare che Regioni e Comuni spendono centinaia e centinaia di
miliardi per pareri legali: cioè per farsi spiegare le leggi! Cittadini ben istruiti, eletti nelle Istituzioni, capaci di ricerca ed
aperti al confronto sicuramente avrebbero ridotto se non annullato tali
spese, riducendo i costi della politica Istituzionale. E’ nostro dovere ripartire da quei valori nati dalla Resistenza per
affermare con forza il diritto alla casa, al lavoro, ad una migliore qualità
della vita attraverso la costruzione di infrastrutture quartiere per
quartiere. Sentire l’esigenza di avere leggi chiare, comprensibili, significa capire
la necessità di rendere più economica la giustizia e la politica, significa
diminuire la spesa repressiva per aumentare quella preventiva. Diciamo basta al mutismo, alla disinformazione, mobilitiamoci e
partecipiamo in massa al risanamento del nostro paese. Giuseppe Cennamo
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E’ difficile farsi capire. E qualche volta non conviene
Francesco Alberoni "CORRIERE DELLA SERA" |
Urlo sotto voce
Maledetta città, cara sei stata da quando ho
aperto gli occhi, e le mie gambe da sole hanno incominciato a percorrere le
tue vie. Adesso che anche il mio io è libero e maturo parlo a te che ogni
giorno assisti la mia mente moribonda davanti alla farsa di questa vita
sempre più misera di sapore. Sei l'artefice. Tu mi sussurri sottovoce ogni giorno le tue verità, difficili da
comprendere nel frastuono di questa realtà, quasi impossibili da cambiare
nella confusione di quest'epoca. Io immobile davanti a te, ogni mattino, bagnato di lacrime sotto una tempesta
di dispiaceri, aspetto le tue offerte e le tue pretese. Mentre di notte sono davanti alla luna, che dall'alto ci guarda entrambi,
con lo sguardo e il sorriso ironico di chi conosce tutta la verità e
incosciente dell'emozione che può darci vede tutta la tua inerzia e i miei
pianti. Sottovoce, i miei urli, sottovoce, non potranno mai cambiare la mia
maledetta città. Fusco
Raffaele |
Una favola
Questa storia, così come tutte le altre, inizia con c’era una volta... C’era una volta l’uomo, l’uomo e le sue paure. L’uomo era avvolto e travolto dalle paure, quando un giorno decise di
farla finita. Spezzò quella catena che dava vita ad una vite che non si avvita. Paura fu calpestata, ferita, tradita. L’uomo, ormai forte e prepotente, si mise alla ricerca della verità. La verità è che l’uomo si sentì subito solo, terribilmente solo. Così, in un caldo e afoso pomeriggio estivo, l’incredibile uomo assaporò
la pace. In quel lontano pomeriggio l’uomo e la donna stettero insieme per la
prima volta. Bello, meraviglioso. La pace dei sensi, però, durò poco. L’uomo, prepotentemente perso, si rimise alla ricerca della verità. La verità è che l’uomo unito con tutto e con tutti, non ha travato ancora
il Signore Iddio. Oggi, perfino il suo sapere è divenuto
distribuito: vive e convive con strani oggetti “intelligenti”. La rubrica telefonica del cellulare è parte
integrante della sua memoria, il navigatore satellitare lo accompagna, la
calcolatrice e il calcolatore lo aiutano nell’elaborare dati utilizzando
matematiche sempre più complesse. La verità? La paura, l’amore, la vite che non si
avvita, la tecnologia... sono tutte cose belle della vita, ma la morale della
favola è che la vita, tutta bella e colorata, ha bisogno di un Uomo non
daltonico, cioè pieno di Iddio. Nunzio Cennamo |
Il Conto
La vita è volano di dinamiche dominanti, rotore di sentimenti, paure ed
illusioni. La vita è un conto. Il conto, consistenza della nostra vita, del nostro essere stati, del
nostro non voler essere stati, è turbamento. Il conto, verità senza fine, grida di sentimenti mai annunciati, è il
nostro non aver saputo amare. Il conto è l’altro che si è allontanato da noi. Da noi che non siamo stati capaci di allungare la mano e tirarlo verso di
noi. Il nostro egoismo, la nostra leggerezza, è in conto. Il conto in un attimo ti avvolge e ti travolge e ti stritola in mille
pensieri, in mille rimorsi, in mille lacrime. Lacrime che lambiscono il nostro volto, che cadono a terra e lì rimangono
senza mai asciugarsi. Stanno lì a raccontarci e ricordarci chi siamo stati e
cosa non saremo mai, se non anteponiamo l’amore all’egoismo. Il mio conto lo conosco. Più volte ho cercato di nasconderlo ma come una
foglia trasportata dal vento mi spiffera la sua esistenza. Prima di prendere una decisione, prima di offendere gli altri sentimenti,
mi volgo indietro, vedo il mio conto, lo scruto, l’osservo e mi emoziono. Ho capito! Il conto è il mio angelo! Ciao conto. Raffaele Fornelli |
L’anno che verrà
Auguri ai bambini dell’Iraq, nati e cresciuti sotto le bombe. Auguri ai
militari italiani sopravvissuti in Iraq, che portano marchiata a fuoco la
notte che scoppiò la bomba, la lunga notte indecente della politica italiana
muta e distante. Auguri agli emigranti portati dagli scafi e dalle zattere,
agli stranieri che cercano un posto per vivere in pace. Auguri a chi è in
cella e misura, ogni giorno, l’angustia opprimente degli spazi e l’immensità
senza rete dei tempi di detenzione. Auguri a chi ha perso il lavoro e a chi
non l’ha mai trovato, a chi non è più compatibile con le necessità
produttive, a chi è graziosamente chiamato “esubero”, a chi è cassaintegrato
o in mobilità o nella immobilità coatta di un reparto-lager. Auguri a chi fa
i turni di notte e ha sempre sonno, a chi lavora la domenica e non santifica
le feste, a chi è flessibile nonostante la schiena rotta. Auguri a chi è solo
e senza ombrello e fuori piove a dirotto e non sa dove andare. Auguri ai
pensionati al minimo e alla loro minima esistenza quotidiana. Auguri agli
ospiti del margine, agli abitanti degli angoli sporchi, ai camminatori sul
ciglio dell’esclusione. Auguri a chi si fa le pere e si sente come un libro
mai scritto o come una penna senza inchiostro. Auguri a quelli, gialli e neri
e meticci, che stanno nel rovescio del mondo, nei sud
prolifici e dannati, nei vapori della Patagonia o a cavallo di una
bidonville. Auguri a chi aspetta il risultato della Tac, e si esercita con la
memoria a fissare ogni brandello della sua storia.
Auguri a chi si sente un pesce rosso prigioniero della piccola vasca. Auguri
a chi prende partito, a chi sceglie di schierarsi, a chi rinuncia alle
comodità della pigrizia e dell’indifferenza. Auguri al comunismo uscito a
pezzi dal fuoco del “secolo breve”, ferito nei suoi sogni, dilaniato dalle
sue eterne contraddizioni, eppure ancora più necessario per non chiudere la
partita tra le ragioni della vita e le ragioni del potere. Auguri a chi
governa e non si dimentica delle troppe ferite inferte dal potere. Auguri a
me e alle mie ire, auguri a voi e alle vostre passioni. Nichi Vendola
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Le due facce In una discussione, un uomo disse: “Ci sono
due facce in ogni questione”. Un altro ribadi: ”E’ vero. Ci sono due facce anche nella carta
moschicida, ma c’è una bella differenza per la mosca scegliere un lato
piuttosto che l’altro !” Ci sono due aspetti in tutte le cose ma,
mentre uno è positivo l’altro può essere negativo. L’importante è conoscere la differenza .O sosteniamo una causa o siamo contro. O
vogliamo la pace nel mondo o non ce ne occupiamo e lasciamo che i nemici
della pace regnino. Facciamo la nostra parte per la pace,
promuoviamo la giustizia e opponiamoci all’iniquità. “
La pace non si mantiene con la forza. Si può ottenere solo con la
comprensione.” ( Albert Einstein).
Alla mercè dei pettegolezzi In compagnia dei pettegoli, l’uomo è
destinato ad avere la peggio, qualunque cosa faccia. Se è povero, è un cattivo amministratore. Se è ricco, è perché ha imbrogliato o ha
avuto un colpo di fortuna. Se si occupa di politica, lo fa solo per
interesse. Se non se ne occupa, non è abbastanza furbo per avere un incarico
governativo. Se non fa la carità, è un avaro. Se è
caritatevole, lo fa per farsi bello. Se è un uomo di chiesa, è un ipocrita. Se
non è membro di qualche gruppo religioso, difficilmente si salverà. Se dimostra affetto, è un sentimentale.Se è moderato nei
suoi affetti, non ha sangue nelle vene. Se muore giovane, aveva la prospettiva di
un grande futuro. Se raggiunge la tarda età, ha fallito la sua missione.
Non è facile Non è facile chiedere scusa, ricominciare da capo, ammettere di aver sbagliato, essere generoso, accettare un sorriso di scherno, essere perseveranti nelle difficoltà, imparare dagli errori, perdonare e dimenticare le offese, riflettere e agire coraggiosamente, utilizzare al massimo i doni di Dio, accettare un rimprovero non meritato, dominare un temperamento nervoso, correggere una lingua maliziosa, mettersi a disposizione della collettività, difendere la vita. No, non è facile! Non è facile riempire il cuore umano con le cose che questo mondo offre. Il cuore umano è cosi
grande da contenere ogni misura di felicità, ma solo Dio può appagarlo
pienamente.
Mille e una storia: Briciole di saggezza orientale di J. Maurus
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Quattro tipi umani, quattro modi di avere successo Sono quattro tipi di persone che conosco
bene, quattro tipi umani, quattro modi di mettersi in rapporto col lavoro,
con gli altri, col proprio futuro. Il primo è un imprenditore. Suo padre era
poco più di un artigiano. Lui ha avuto l'idea di creare prodotti più adatti
al mercato. Hanno avuto successo, ha investito i guadagni in nuove linee, ha
ampliato la gamma di produzione, si è espanso all'estero e oggi controlla un
impero industriale. E' estroverso, simpatico,
ottimista. Sa ascoltare, sa delegare. Ma è lui il capo indiscusso
dell'azienda, anche se ha ottimi manager, anche se vi lavorano figli e
parenti. E continuerà a restarlo fino alla morte. Tutti i guadagni, tutte le
risorse sono stati riuniti in una società di cui è l'unico possessore. Vi
vive come un sovrano dentro la propria reggia. Il quarto tipo umano si è sempre gettato
anima e corpo in un compito. Ha inventato, realizzato cose straordinarie. Ha
salvato società ed enti in difficoltà, li ha portati al successo. Ha
distribuito ricchezza e fama. Ma, a differenza del primo, non è un re, perché
non ha mai costruito un proprio regno. A differenza del secondo non è un
capitano di ventura e non ha accumulato ricchezze. A differenza del terzo non
ha creato una propria rete di potere. Ha sempre agito per il piacere di fare
bene, non ha tenuto nulla per sé. Come il cavaliere errante delle saghe
medioevali, compiuta un'impresa gloriosa ogni volta è ripartito, con le sue
sole armi ed il suo cavallo, alla ricerca di un'altra meta. Alcuni lo
giudicano uno sciocco, altri lo ammirano per la sua nobiltà e generosità
d'animo, altri lo odiano perché non ha mai chiesto loro niente e non gli
possono chiedere nulla in cambio. Francesco Alberoni |
Tutto si muove
contro te
La Letteratura Italiana, da sempre, ha illuminato. Oggi, nella società delle tre I (Internet Informatica e Inglese),
non c’è spazio né tempo per essa: la luce del Cavaliere illuminerà questo
terzo millennio. “Silvia, rimembri ancor..” lascerà il posto a Silvio. Il mercato del lavoro necessità di uomini pronti per l’uso, questo è
quanto! Così, tra una pizza congelata e un sugo già pronto, ecco l’uomo: un
concentrato di cose utili, pronto per l’uso, ottimo per il riuso e
disponibile all’abuso. Ci cambiano le coordinate genetiche per un pezzo di pane; allora mi viene
da pensare a tutti quei disperati che si sono lasciati portar via un polmone,
un pezzo di vita, per quattro danari. “Tutto si muove contro te.
Il maltempo, le luci che si spengono la
vecchia casa scossa a una raffica e
a te cara per il male sofferto, le
speranze deluse, qualche bene in lei
goduto. Ti pare il sopravvivere un
rifiuto d’obbedienza alle cose. E nello schianto del vetro alla finestra è la
condanna.” (Umberto Saba). Quante voci, quanti urli silenziosi, quanto capire per poi patire. Nunzio Cennamo |
L’abito della
sposa
Ho visto il senatore Cossiga vestito da
cavaliere di Malta, e non era il congresso delle giovani marmotte. Ho visto
Monsignor Pio Laghi celebrare messe nere, con un pubblico più abituato ai
riti del cappuccio e del compasso che non a quelli delle ostie consacrate e
degli aspersori. Ho visto eserciti di vedove bianche e di morti crocifissi
alla pressa, alla impalcatura del cantiere in subappalto, o sepolti nelle
cave di marmo. Ho visto nella capitale di ogni genere di marginalità, l’abito
della sposa più fastoso del mondo, pizzo bianco decorato con 6000 brillanti,
e non era una commedia di Eduardo. Ho visto bambini venduti e comprati sulle bancarelle della carne, messi
ai saldi nei sottani del lavoro nero, promossi hai circuiti del cinema hard,
oppure vivisezionati e commercializzati nel mercato dei pezzi di ricambio. Ho
visto i bambolotti strambi che rallegrano i piccoli d’occidente cuciti ed
incollati, giorno e notte dai piccoli d’Oriente. Ho visto, su internet dei miei nipoti, i dati dell’Unicef
che parlano di un miliardo di persone in questo mondo che non sa né
leggere né scrivere. Ho visto un popolo di esodi, di profughi, di clandestini, fuggire dalla
geografia del dolore e finire impigliati nella ragnatela dei vincoli, dei divieti , delle espulsioni. Ho visto trafficanti di uomini arricchirsi e uomini trafficati svanire
nei gorghi dei mari di levante. Ho visto il soldato Ryan e ho pensato al soldato Ocalan. Ho visto Bruno Vespa intervistare l’orrore che specchiava le domande di
Bruno Vespa. Ho visto 35000 cassaintegrati FIAT che in nome della cassa si sentivano
disintegrati. Ho visto Biancaneve stuprata dai sette nani. Ho visto i terremoti e le alluvioni quotate in borsa. Ho i visto la demenza dei terroristi di ieri e
di oggi. Ho visto smontare la scala mobile e montare il gratta e vinci. Ho visto Vittorio Sgarbi che recita in un film la parte di Vittorio
Sgarbi. Ho visto il prof. Di Bella e la madonnina piangente di Civitavecchia e
padre Fittita portare la comunione al boss
latitante. Ho visto i lingotti d’oro di Licio Gelli nascosti nel fiorire di Villa
Wanda, come testimonianza della vocazione botanica della massoneria. Ho visto patricidi e matricidi mentre scorrevano le immagini dello
zecchino d’oro. Ho visto Pierferdinando Casini in mutande. Ho visto Gigi Marzullo fare i
turni di notte, come un qualunque operaio post-fordista. Ho visto tanto, forse troppo. E se mi chiedete ancora perché sono
comunista questa volta vi mando a quel paese. Pasquale Barra
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POESIE SULLA GUERRA
Agli amici
dell’ex Jugoslavia
Che cosa c’è mai successo durante questa notte, amici? Non so che cosa fate. Che cosa scrivete. Che cosa ci è mai successo durante questa notte, amici? Con chi bevete. Non so più nemmeno se siamo ancora amici. Izet Sarajlic Anh Dai
Una donna s’infiamma ha vent’anni e un corpo pieno di fuoco. Palpita il ventre i seni bianchi eretti e incandescenti. Si contorcono i fianchi le cosce fremono Anh Dai ha il corpo bruciato dalle fiamme. Ma non è l’amore. È l’uranio Minerva Salado
E poi sulla terra
intera
E poi sulla terra intera a innalzare monumenti “AI CADUTI”! Cosi felici di essere caduti! Ma provate a fissare quei corpi squarciati, a fissare la loro smorfia ultima sulle facce frantumate, e quei occhi che
vi guardano. Provate a udire nella notte l’infinito e silenzioso urlo degli ossari - “Uccideteci ancora e sia finita”!
David Maria Turoldo
Generale,
il tuo carro armato è una macchina
potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini. Ma ha un difetto: ha bisogno di una carrista. Generale, il tuo bombardiere è potente. Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante. Ma ha un difetto: ha bisogno di un meccanico. Generale, l’uomo fa di tutto. Può volare e può uccidere. Ma ha un difetto. Può pensare Bertold Brecht Il discorso sulla pace
Verso la fine di un discorso estremamente importante il grande statista incespicando Davanti al vuoto di una bella frase ci casca dentro e smarrito con la bocca spalancata ansimante mostra i denti e la carie dentaria dei suoi pacifici ragionamenti mette a nudo il nervo della guerra la delicata questione di denaro. Jacques Prèvert
In Famiglia
La madre fa la maglia Il figlio fa la guerra Lei la madre lo trova del tutto naturale E il padre invece il padre cosa fa? Lui fa gli affari Sua moglie fa la maglia Suo figlio fa la guerra Lui il padre fa gli affari E lo trova del tutto naturale E il figlio Il figlio lui cosa ne pensa? Niente non pensa proprio niente il figlio La madre fa la maglia il padre fa gli affare lui fa la guerra Quando l’avrà finita Farà gli affari con suo padre La guerra continua la madre continua con la
maglia Il padre continua con gli affari Il figlio muore ammazzato e non continua La madre e il padre vanno al cimitero Trovano questo del tutto naturale padre e
madre La vita continua con la sua maglia la sua
guerra i suoi affari Affari e guerra maglia e guerra Affari affari affari La vita continua con il suo cimitero. Jacques Prévert Istruzioni per cambiare il mondo
Si costruisca un cielo piuttosto concavo. Lo si dipinge di verde o di caffe, colori belli e terrestri. Lo si spruzzi di nubi a discrezione. Appendi con attenzione una luna piena ad occidente, a tre quarti sull’orizzonte. Verso oriente si levi, lentamente, un sole brillante e potente. Riunisci uomini e donne, parla loro lentamente e con affetto, cominceranno a camminare da soli. Contempla il mare con amore. Riposa il settimo giorno. Riunisci i silenzi necessari. Forgiali con sole e mare e pioggia e polvere e notte. Con pazienza affila uno dei suoi estremi. Scegli un vestito marrone e un fazzoletto rosso aspetta l’alba e marcia verso la grande città. A vederti, i tiranni fuggiranno terrorizzati, urtandosi gli uni con gli altri. Ma … non fermarti! … La lotta è appena cominciata. Subcomandante Marcos Labbra tagliate
Avrei potuto raccontarvi la storia dell’usignolo assassinato avrei potuto raccontarvi la storia … ma mi hanno tagliato tutte e due le labbra. Samir Al – Qasim Shemà
Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi: ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi
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Una poesia contro la guerra
I bambini iracheni giocano con sagome di mitra di legno. Le loro pallottole immaginarie fanno male, anche più male di quelle vere: le loro non sono pallottole a salve, esse uccidono l’ideale e ammazzano il
futuro. Ma gli assassini sono coloro che hanno creato l’idea di quelle sagome. La fidanzata bacia il marine in partenza. Tante donne hanno baciato il volto del loro uomo che partiva e forse moriva. Adolescenti palestinesi s’addestrano a scagliare pietre e ad allacciarsi cinture
esplosive che deflagrano nel cuore. Un figlio attende il proiettile fatale, acquattato nell’ombra del padre; anonimi carri armati puntano il cannone, i cingoli travolgono ogni residuo d’onore
dell’uomo Sul lungomare di una città israeliana, con ansia quasi liberatoria, s’aspetta il prossimo arrivo di un uomo-bomba, un
pacco-uomo, fuochi d’artificio di brandelli di carne umana e coscienza universale. Qualcuno piange ancora una vittima delle
Torri: una polvere sottile – inesplorata -
nell’anima dolente, e il Potere è sempre insolente. Prelati benedicono armati bardati. Mullah recitano versetti inventati di
guerre sante... neonati leucemici, amputati di mine,
ospedali da campo... Ne sono stati uccisi più in nome di dio che
altro, negli infiniti nomi di dio in tutte le lingue di tutte le genti d’ogni
tempo, eppure nessuno ha mai visto dio o dimostrato la sua esistenza. Forse perché non si cerca abbastanza nel
cuore. Però ci sono figli che si sdraiano sui
binari per fermare i treni della guerra e fiori colorati di sangue innocente che
non appassiscono mai e pensieri che s’incarneranno in eroi e amori che sfideranno il tempo e luci di occhi sognanti e sopravvivranno anche quando le armi saranno divenute polvere perduta per
sempre. Alberto Figliolia
Uomo del mio
tempo Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, - t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta. E questo sangue odora come nel giorno quando il fratello disse all’altro fratello: “Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore. Salvatore Quasimodo
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