Festa del Giglio

01-06-04

Home Le feste simili

  IL GIGLIO

 La festa del Giglio

 

La festa si celebra, di norma,  la terza domenica di giugno in onore di Maria S.S. del Buon Consiglio.

In pratica la manifestazione  è identica a quella di  Nola,  anche se alcuni riti,  come   le corporazioni,  "l'alzata della borda" e  "l'abbattimento"  a Crispano  non sono praticati.

Non esiste una data precisa della prima festa, tuttavia  fonti popolari parlano di circa 135 anni trascorsi dalla prima “alzata” .  La tradizione vuole che il Giglio sia stato importato dai cosiddetti  “viaticali”,   durante i loro traffici  con la città di Nola.   In effetti,  come si evince dalle cronache storiche della festa di Nola, esisteva in questa città un importante  mercato d’animali e generi alimentari (Fiera di san Paolino).      

 

 

 Crispano  non conserva molti documenti scritti, ma  tiene ugualmente, alla pari di Nola e Brusciano,   viva la passione per questa caratteristica festa. 

 

L’origine dei gigli

(Geom. Salvatore Giuseppe Savariso)

 

L’origine di questa Macchina da Festa  è tuttora incerta, infatti, se navigherete  nei siti  internet relativi a Nola,  si  evince, chiaramente,   che la genesi di questi obelischi   è basata su supposizioni soggettive.

Il fatto più noto, che giustificherebbe la sagra  è la storia di San Paolino,  vescovo di Nola,  che dopo la prigionia in Africa, ritorna in  terra campana.   Qui  i  suoi  compaesani  lo accolgono, felici ed entusiasti,   con lo sventolio di fiori di giglio,  in particolare,   stando alla tradizione nolana,  la storia  che origina i gigli è  descritta nel 3° libro dei «Dialoghi»,  di San Gregorio Magno, tra l’altro santo patrono di Crispano,  il quale raccolse la tradizione dagli stessi nolani del secolo VI, vale a dire il secolo successivo all'avvenimento.  Ecco la descrizione: 

«Nel tempo ch'Italia era infestata dal furor de' Vandali, dopo aver presa Roma, e posta a' sacco tutta la contrada che Campagna si chiama, con miserabile ruina presero anco Nola. E molti furono menati schiavi da questa Città all'Africa. Onde avendo dato Paulino vescovo di quella Città quanto aveva a' poveri, e à cattivi, senza perdonare à quelle cose, che appartenevano all'uso della sua Chiesa, ne restandoti à fatto altra cosa, da dare a' chi ce l'avesse domandata, venne un giorno una vidua (vedova) à dirgli come un suo figliuolo unico era stato preso dal genero del Re de' Vandali; che perciò il pregava, che l'avesse dato tanto, quanto bastasse à redimerlo. Ma l'uomo santo avendo un pezzo cercato, e pensato, che cosa avesse potuto dare a colei, altro non trovò presso di se, che se stesso: onde alla donna, che tuttavia il pregava, rispose: Io non ho altro, che darti, che me, me ti prendi, e ponemi in servitù, accioché il tuo figliuolo ottenga la libertà. Intendendo questo la donna dalla bocca d'un tanto grand'uomo, giudicò, che volesse più tosto burlarla che compatirla, e aiutarla. Ma il Santo come eloquente, ch'era facilmente persuase colei à credere quanto ei diceva. Andarono dunque ambi nell'Africa, e trovarono il genero 'del Re, e appresso di cui era schiavo il figliuolo della vedova, la quale fatteseli avanti il pregò, che avesse voluto dargli il figliuolo: ma l'uomo barbaro, e per le passate vittorie superbo non volse ne anco sentirla; Allora soggiunse la donna, e disse: Ecco quest'uomo, che lascio in luogo del mio figliuolo. Vedendo il Barbaro allora un uomo di venerando aspetto, li domandò qual'arte sapesse fare: a cui rispose il S. Vescovo, io non sò fare altr'arte, che coltivare gli orti. Il che avendo inteso il barbaro, come che li dilettassero gli orti, il prese di buona voglia, e alla donna restituì il figliuolo, che allegra tornassene a casa, restando al governo dell'orto il S. Vescovo. Soleva il genero del Re entrar spesso nell'orto, e a ragionarli accorto, cominciò à prenderli affezione, e ai ragionarli spesso; e trovandolo ogni giorno via più dotto, abbandonò gli amici, co' quali soleva aver conversazione, e solo dei ragionamenti del suo Ortolano si compiaceva. Soleva ogni giorno il Santo (perché così l'era stato ordinato) mentre il suo padrone mangiava, portarli alla mensa molte cose dell'orto, come ó erbe, ò fiori, ò frutti, e ricevuto per sé il cibo tornassene al suo lavoro, restando ciascuno ammirato della diligenza dell'Ortolano, che nel più rigido inverno faceva, che' il suo orto tali cose producesse. Accadde un giorno, che il Santo parlando col suo padrone, li disse, che provvedesse à fatti suoi, e stesse avvertito, perché il Re Guntario suo suocero fra breve morirebbe, succederebbe Genserico di lui fratello; il che intendendo colui, e dando fede alle parole dell'Ortolano, narrò al suocero quanto del suo Ortolano uomo savio aveva inteso. Volse il Re vederlo e appena l'ebbe veduto, che cominciò da capo à piedi a tremare, e chiamato in disparte il genero,   li disse: Io questa notte in sogno ho veduto i giudici,  che sedevano al tribunale per condannarmi tra quali il tuo Ortolano anco sedeva, per sentenza de' quali il flagello, ch'in mia mano teneva m'era tolto. Chiamarono poscia Paolino e li dimandarono chi fusse. Son vostro ortolano, rispose il Santo rimasto in luogo del figliuolo di quella donna. Non vogliamo sapere, soggiunsero coloro, chi al presente tu sei ma chi lo passato sei stato. Alla fine non potendo il Santo più celarsi, confessò essere il Vescovo di Nola. Il che intendendo il genero del Re, se li buttò à piedi, e chiesto il  perdono, lo pregò, che presosi ciò  che voleva, con ricchi doni libero se ne tornasse à casa sua. Ma Paolino altro non volse, se non, che li fussero restituiti tutti i suoi Cittadini, che schiavi si trovavano nell'Africa; laonde furono ritrovati, e liberi con il loro Vescovo se ne ritornarono alle loro case ».

Il primo documento riguardante lo svolgimento vero e proprio della "festa dei gigli"  ci viene descritto dallo storico nolano Ambrogio Leone, il quale, nel suo volume: " Nola, terra natian, oltre a ricordare il racconto dei " Dialoghi " di  San Gregorio Magno, ci fa una ricca esposizione di come si svolgevano i festeggiamenti sul principio del XVI secolo.  Ecco come il Leone, descrive la festa:

......."Il maestro del mercato ... dura otto giorni, quando si fa la fiera e la festa di S. Paolino... Egli il primo giorno adunque fa pompa della sua autorità; giacche, preso dalla reggia il vessillo del Conte, uscendo con un lungo seguito, procede solenne per tutta la città.   Il settimo giorno, il giorno prima della festa di San Paolino, si fa un altro giro per la città: prima vanno i contadini con le falci, seguendo, come fosse il loro vessillo, una grandissima torcia a guisa di colonna, accesa e adorna di spighe di grano. Questa torcia è tanto grande, che un uomo solo non può portarla, onde è portata da parecchi ritta su di una specie di cataletto. Viene fatta col denaro raccolto fra i contadini, ed ogni anno si accresce, non solo viene rifatto ciò che si accende percorrendo la città; la chiamano cereo. Similmente si fa altra torcia da altri, e in processione ciascuno segue la sua, mandandola avanti a sè. Viene poi il cero degli ortolani, adorno di cipolle e di agli, dietro cui vanno gli ortolani, e di poi gli altri ceri degli artigiani. Dopo di questi vengono le file dei monaci e le file dei sacerdoti chierici, l'ultimo dei quali è il vescovo, che porta in mano le reliquie degli Apostoli, del legno della Croce, di alcuni martiri e di S. Paolino, chiuse in una mano d'argento. Accompagnano il Vescovo, il Conte e il maestro del mercato, ai poi i primari cittadini e il rimanente popolo, tutti a piedi. L'ultimo giorno della fiera poi, che è la festa del Santo, si espongono appesi nel portico i premi per i corridori".

 

Come si può  notare, dal racconto di A. Leone,  i gigli erano  diverso da quelli di oggi  è venivano  denominati "ceri".

 

Un'ipotesi plausibile  è quella che vede il giglio  come la trasformazione, nel tempo, delle  macchine da guerra  ossia le torri mobili,   d'altro canto la stessa "Antica Bottega D'Arte Vecchione", di Nola,  definisce  il giglio come “Macchina”. 

Nel giglio la flessibilità della struttura lignea, dove ogni elemento sembra essere messo al posto giusto, conferisce alla macchina la giusta agilità, tipica delle torri d'assedio.

Da ricordare che il massimo sviluppo degli assedi si ebbe in epoca medioevale,  in tal senso è da ricordare che esistono, in giro per l’Italia,  costruzioni simili;  come la Macchina di Santa Rosa a Viterbo,  la Rua di Vicenza,  il Carro di Ponticelli (NA),  il Carro di Fontanarosa (AV)  oppure  lo stesso  giglio di  Recale (CE).

Quanto detto, però non giustifica  l'esistenza del bel rivestimento  (colonne),  probabilmente,  introdotto in epoca barocca,  nel periodo delle feste impartite, dagli allora regnanti di Napoli,  per alleviare le disastrose condizioni sociali dei sudditi.

 

Un’altra ipotesi, che non esclude la prima, riguarda le analisi dei moderni studiosi.  Questi  considerano la  festa come:  "Trasformazione" di un rito pagano,  secondo il quale,  grandi alberi sacrali inghirlandati,   con vari simboli, erano portati in processione.   Di seguito, con l'avvento del cristianesimo, a questi "alberi"  fu tolto il  significato pagano,  aggiungendo, ad essi,  immagini sacre e di santi cristiani, come il caso delle croci celtiche,  dove  nelle figure  incise, si fondevano elementi druidici e cristiani.

In altri termini, l’origine dei gigli potrebbe avere una matrice barbara, anche perché l’epoca delle invasioni,  coincide con il periodo della legenda di Nola .

 

Verosimilmente, già nell’ottocento,  qualcuno più autorevole credeva che molte feste e  tradizioni italiane discendessero dagli antichi riti  barbarici.

Al  tempo del Goethe,  una  numerosa schiera di dotti viaggiatori  visita l'Italia centro-meridionale.  Questi  ricercavano le proprie radici storiche, attraverso  le tradizioni folkloristiche italiane,  direttamente derivate dai  riti tribali dei loro predecessori germanici. 

Uno dei più famosi “Viaggiatori” fu Ferdinad Gregorovius;  storico tedesco nato a Neidenburg, nella Prussia orientale, nel 1821,   cittadino onorario di Roma nel 1876 e socio straniero dei Lincei nel 1881. 

Gregorovius realizzò studi  sui misteriosi cerimoniali del folklore italiano,  soprattutto quelli che avevano a che fare con i fiori. Di fatti; nel 1853  è a Nola, dove ne descriverà la festa nella sua opera “Passeggiate in Campania e Puglia”,   nel 1854 è a Nettuno per assistere alla  festa della   croce cosparsa di  garofani,   e  nel 1864 lo ritroviamo a Genzano, in  provincia di Roma,  per la famosa Infiorata.    

 Nella sua pellegrinazione, Gregorovius, visito molti luoghi in cui è  particolarmente  sentito  il culto verso San Michele Arcangelo,  a tal proposito è da ricordare che San Michele,  nella conversione dei popoli  nordici al cristianesimo, rappresenta l'esempio fondamentale dell'integrazione delle antiche credenze barbariche  con il cristianesimo, infatti, l'arcangelo con la spada sguainata,  figurativamente, è quello che più si avvicina,  all'immagine del  dio Wotan  (Odino),  non a caso  San Michele è, tuttora, il santo patrono della Germania.

Prima di concludere,  consigliamo la lettura degli scritti di questo storico.  

 

Terminiamo dicendo che l'attuale  giglio  può non  essere  frutto di  una singola  popolazione, ma   figlio d’interrelazioni fra  varie comunità,  con alla base radici storiche comuni.  In altri termini,  l’integrazione tra  riti barbari  è  cristianesimo,  si è evoluta di secolo in secolo; infatti,  agli alberi inghirlandati con  figure  cristiane,  sono sostituiti  o perfezionati  dalle macchine da guerra.

 

Cronache da Nola

(estratto da sito internet)

 

Anno 1644

Il secondo documento ci viene offerto da Andrea Ferraro il quale, nella sua opera: "Del cemeterio nolano con le vite di alcuni santi", così la descrive: "Intendendo i Nolani, che il suo Pastore sen tornava alla Patria, con le navi piene d'un gran turba de' Cittadini liberati, risplendente d'una immortal corona, e trionfando con gloria così rara d'aver dato se stesso in servitù per un uomo popolare, facil cosa è a pensare con qual allegrezza e applauso mischiato di lagrime fosse ricevuto dai suoi Cittadini, i quali di tutte l'arti, e professioni l'uscirono all'incontro; qual costume osservasi fino à nostri tempi; impercioché nelle prime vespere della sua festività tutte l'arti ciascuno col suo cereo accompagna per tutta la città le reliquie del Santo poste entro una statua d'argento".

Anno 1747

Verso la metà del '700, Gianstefano Remondini, nella sua poderosa opera "Della Nolana Ecclesiastica Storia", così descrive la festa: "Si sparse appena per la città di Nola la giocondissima novella del ritorno dall'africana schiavitù... Ed a perpetua festevolissima rimembranza dell'incomparabile giubilo, che provò la città, e la Chiesa Nolana in sì felice occasione costumò dipoi, e lo osserva esattamente anche al dì d'oggi di far nel XXI giorno di giugno solenne processione, nella quale portano alcuni Artefici certi Mai, o Gigli, come volgarmente son detti, e son certe macchine in forma di globi, di piramidi, di navi, o simil altre cose, tutte adorne d'innumerevoli garofani, tra quali è situata la particolare insegna di ciascheduna di quelle arti, che le fanno. ...Si fa, dissi, nel mentovato giorno in Nola una solenne processione con l'intervento di tutto il Clero sì secolare, che regolare, e di molti Artigiani, i quali portano certe sublime macchine, e che Mai appellano, composte di ben concertati lavori d'innumerevoli garofani, ed altri fiori, tra' i quali pende l'insegna di lor'arte in memoria, che sparsasi per la Città la grata novella... gli uscirono impazientemente incontro li Cittadini in quell'abito, in cui trovaronsi, e gli Artigiani con quel strumento, che in mano aveano per l'ansietà di veder subito il loro Pastore, e liberi i di loro amici e parenti.

Anno 1840

Un breve frammento dell'accurata descrizione fatta dallo storico Carlo Augusto Mayer e pubblicato nella sua opera: " Vita popolare a Napoli nell'età romantica".

"...sono portati in processione per le strade, a passo accellerato, da uomini che camminano nascosti sotto tappeti, palchi di cinque piani e di venti piedi di altezza, riccamente dipinti e decorati, e ornati di fiori e bandiere. Nel piano più basso si vede una banda di musicisti che tra il giubilo generale lancia la strepitosa marcia".

Anno 1847

Descrizione della festa dei gigli di G. Regaldi e pubblicata nell' opera: "Tradizioni italiane per la prima volta raccolte in ciascuna provincia d'Italia".

"Le macchine non erano tratte da quei buoi poderosi che all'aratro si aggiogano sui pingui campi della Campania, nè da cavalli esercitati su piani delle Puglie; ma sibbene da cinquecento lazzaroni, venuti da Napoli, i quali, sudanti, trafelati, su le spalle recavansi le pesanti macchine, lieti d'uno scudo per ciascheduno e del patrocinio di S. Paolino.

Anno 1853

Ecco la testimonianza dello storico tedesco Ferdinando Gregorovius, che aveva assistito diretta mente alla festa nel 1853 e pubblicata nella sua opera: " Passeggiata in Campania e in Puglia ":

" Davanti alle porte di Nola vidi già una folla di persone che si precipitavano all'interno della città. All' entrata di questa si erano installate numerose bottegucce; le antiche mura della città ed una torre che vi confinava erano ricoperte di giganteschi cartelloni...

Appena entrato nella città fui colpito da uno spettacolo mai visto prima d'allora. Vidi, retta da facchini, una altissima torre, rivestita di oro scintillante, di argento e di rosso; era alta cinque piani, elevata su colonne, adorne di fregi, nicchie, archi e figure, guarnita ai due lati da bandierine colorate e ricoperte da carta dorata e di coperte rosse e variopinte. Scintillavano nel loro rosso metallo le colonne; le nicchie a fondo d'oro, decorate con i più strani arabeschi, le figure, i geni, gli angeli, i santi e i cavalieri vestiti di costumi a vivaci colori. Collocati in piani sovrapposti avevano in mano cornucopie, mazzi di fiori, ghirlande o bandiere. Era un agitarsi, uno sventolare continuo, dato che la torre oscillava di qua e di là sulle spalle di circa trenta portatori. Nel piano più basso sedevano ragazze incoronate di fiori, al centro un coro di musicanti con trombe, timpani, triangoli e cornette eseguivano una musica assordante...

Anche da un altro lato giungeva una musica rimbombante e vidi, sorgere sopra le case, un'altra torre, poi un'altra ancora... Ne vennero nove da direzioni diverse. Avevano tutte la stessa altezza, tranne una che era alta 25 metri e che apparteneva alla corporazione dei contadini. Infatti, ogni " arte" importante presenta un obelisco per la festa. Per prepararlo ci si lavora dai quattro a sei mesi. 1 denari per costruirlo vengono procacciati dalle " arti " e ammontano per ogni torre a circa 6 ducati napoletani. Ogni obelisco ha il suo posto in una strada accanto alla casa di un artigiano famoso. E' lì che lo strano oggetto viene fabbricato sotto un'alta staccionata ricoperta di tela per riparare gli operai ed opere dalle intemperie. Alberi e travi formano il primo scheletro; un piano viene sovrapposto all'altro, poi tre lati vengono ricoperti da carta da parato, mentre quello posteriore viene adornato da rami di mirto, fogliame e da una foresta di bandierine. Alle pareti laterali sono raffigurati su carta colorata, geni alati che portano delle ghirlande. La più grande cura viene dedicata alla parte frontale; infatti se ne occupano con impegno pittori ed architetti.

Un attributo che pende dal fregio della nicchia centrale, indica a quale "arte" appartengono i vari obelischi; sull'obelisco dei mietitori si vedeva una falce; su quello dei fornai due enormi ciambelle; ... dei macellai un pezzo di carne; ... i calzolai una scarpa, i pizzicagnoli un formaggio ed i vinai avevano appesa una bottiglia...

Gli obelischi si dirigevano, ognuno con un coro di musica nel piano più basso, verso la cattedrale... Il corteo dell'obelisco principale era aperto da due obelischi piccolissimi, nei cui piani più bassi sedevano bimbi incoronati. Seguivano poi una nave sulla quale era un giovane vestito da turco con in mano un fiore di melograno. Dietro a questa nave veniva un gran bastimento da guerra su un lembo di mare che gli faceva da fondamento. La galea era equipaggiata alla perfezione. Sul bompresso stava un giovane, in vesti moresche, l'aria divertita, fumando un sigaro. Sul tribordo perO si trovava, inginocchiata davanti all'altare, la figura di S. Paolino.

Appena un obelisco era giunto al Duomo co minciava uno spettacolo singolarissimo: la gigantesca torre si metteva a ballare al suono della musica rimbombante. Davanti ai portatori camminava un uomo con un bastone e mentre egli indicava il tempo, quelle torri si muovevano secondo il ritmo, di qua e di là. Poi l' obelisco si fermava davanti alla cattedrale e non appena aveva trovato il suo posto iniziava davanti a questa un girotondo di giovani e uomini. Una ventina di essi circa formava un cerchio, di modo che ognuno posava le sue braccia sulle spalle dei vicini; e mentre in questa posizione si muoveva il cerchio, al centro due solisti ballavano le danze piU graziose. Con le braccia sollevavano un terzo ballerino, facendolo danzare con loro, in posizione giacente. Diventato esausto e, preso da capogiro, lasciava chinare la testa: era morto. Tutto il cerchio intanto circondava, ballando con ritmo sfrenato. Dopo un breve tempo il morto si rialzava e, levato il capo, ridendo, imitava con le dita il suono delle nacchere.

Dovetti pensare al culto di Adone; ...tutto questo spettacolo pagano si svolgeva davanti al Duomo; mentre all'interno, il vescovo di Nola, impassibile e con la più grande calma celebrava la messa cristiana che i fedeli, senza lasciarsi turbare, ascolta vano in ginocchio. Dopo che il ballo degli obeli schi e la messa furono terminati, la cerimonia reli giosa si chiuse con una processione di sacerdoti...

La processione attraversò l'intera città seguita dagli obelischi; sparatorie ed esplosioni continue di bombe a mano si sparsero immediatamente in tut te le strade. A mezzogiorno, le funzioni religiose erano finite, ed il popolo attendeva ai suoi divertimenti...".

Anno 1861

Pochi mesi dopo l'avvenuta Unità d'Italia, la festa continua il suo ciclo. A testimonianza di ciò, un manifesto affisso il giorno 11 giugno 1861 e pubblicato da Pasquale Perna nell'opera: "Il brigantaggio nolano 1860/66".

Questo è quanto si legge nel Manifesto:

Il Sindaco del Comune Capoluogo di Nola.

Previene il pubblico, che la festività di S. Paolino la quale ricadrebbe nel giorno di sabato 22 dello andante mese sarà celebrata in quello di domenica ventitrè dello stesso, giusta la impartita autorizzazione superiore.Verrà preceduta dalla consueta fiera che avrà cominciamento dal giorno 15 del mese medesimo per la durata Sovranamente concessa.Vi sarà la solita processione delle macchine così dette gigli costruite con la più ricercata eleganza, ed al giorno lo spettacolo in uso di due corse di cavalli in giro al Campo Militare alle ore sei pomeridiane precise, col premio di una stoffa per la prima, e di ducati sei per la seconda. Tutti gli avventori troveranno ospitale accoglienza protezione e garenzia da parte di tutte le autorità locali.

 Nola 11 giugno 1861.

 Il Sindaco, Giuseppe del Cappellano

 (P.Perna, Il brigantaggio nolano, vol.I, Marigliano 1985, pag.107)

Anno 1866

Nel 1866 Francesco De Bourcard, nella sua opera: "Usi e costumi di Napoli e contorni...", così descrive la festa:

"...al nominare dei "sangiovannari" molti dei nostri lettori corrono per avventura col pensiero alla bella festa popolare detta de' gigli che da costoro recansi in ispalla nel 22 giugno, in cui la Città di Nola celebra la festa del suo vescovo e protettore S. Paolino. Queste piramidi o gigli, avanzando di tempo in tempo, sono arrivati oggidì ad una tanto considerevole mole e smisurata altezza che sovrastano i tetti de' più alti edifizi della città.

Ciascun lato di essi gigli è adorno di fiori, bende, nastri, festoni, statuette di carta pesta e simiglianti cose. La macchina è divisa in più ordini, nel primo dei quali è collocata l'orchestra... Gli altri ordini sono occupati da popolani ne' loro abiti di festa e le donne si rivestono de' migliori ornamenti che posseggono.

Questi gigli sono costruiti a cura delle diverse corporazioni di arti e mestieri che ricordano le antiche fratrie... Ciascun giglio è sostenuto da sedici facchini, ma il più grandioso è quello degli ortolani trasportato da trentasei di essi.

Spari di mortaretti, campane a disteso, fuochi d'artifizio, luminarie... rendono pomposa e magnifica la processione de' gigli, i quali, accompagnati da numeroso clero, vengono portati innanzi al Vescovado dove ricevono la benedizione del Santissimo...".

  (F. De Bourcard, Usi e costumi di Napoli..., vol. II, pagg. 8, 10, 11)

Anno 1888

Cronaca: "Per la festa di S. Paolino".

" Sul tardi di ieri, partirono alla volta di Nola moltissime carrozze e biroccini carichi di napoletani, a festeggiare il patrono nolano...".

 (Il Corriere di Napoli, n. 175, giugno 1988)

Anno 1890

Cronaca: "Fiera di S. Paolino".

"La solita fiera di animali e generi commestibili è già cominciata. La folla intanto alla fiera è enorme e sempre e come si comprende, molti sono i forestieri che ne profittano. Il sindaco avv. Tommaso Vitale, se ne interessa davvero; ed a lui deve la buona riuscita della fiera cotanto utile a Nola e dintorni".

"Festa dei gigli".

Nella ricorrenza della festa dei gigli, oltre alle pompe religiose, ed allo spettacolo svariato e bellissimo di fuochi pirotecnici, vi saranno le corse a fantini anche a Campo di Marte il giorno di lunedì prossimo".

(G.A., Roma, n. 168, giugno 1890)

Anno 1891

Cronaca: "Festa dei Gigli".

"... ai primi di giugno i giglianti che sono sedici, due per ogni giglio, danno la caparra agli artefici, alla musica con un pranzo sontuoso e con fuochi assordanti, sicchè si passa un'intera giornata, che per lo più è il primo lunedì di giugno...

Nel primo lunedì di giugno fino al 22 per le vie si odono continuamente musiche e fuochi inducanti che gl'interessati alla costruzione del giglio vanno in giro per la questua, giacchè quelli che lo fanno sono tutti lavoratori alla giornata, ed il giglio costa la discreta somma di lire mille circa.

Finalmente il 27-28-29, il sabato lo scheletro del giglio... si adorna del frontespizio con lavori di cartone riproducenti vari sistemi di architettura...

Così arricchito resterà fino alla mattina della domenica innanzi alla casa di colui che lo ha vestito ove la sera, illuminazione e chiasso indescrivibile. La domenica poi queste grosse macchine, portate sulle spalle, ciascuna da una paranza di circa 50 uomini, sotto la direzione di un capo che al suono della musica, posta sul giglio e dalla sua voce grossa stabilisce la cadenza e il passo di quest'infelici che sono felicissimi di portarla sugli omeri, attraversano fra gli applausi e le grida le principali vie della città, mentre comitive di artigiani gettano sui balconi confetti senza misura.

Fatto il giro si schierano in due colonne nella piazza del Duomo, ponendosi in mezzo la barca... verso mezzogiorno, preceduto dai seminaristi e dal clero, passa in processione il vescovo che benedice ad uno ad uno i gigli, mentre il popolo festante si dà calorosissime grida di gioia, ballando la tarantella e tempestando di confetti la statua di argento di S. Paolino, il quale ritorna in chiesa ogni anno con qualche ammaccatura in più.

Fatta la processione si comincia il giro dei gigli per la città e dura fino alle ore del giorno in cui vanno a posare innanzi alla casa di chi dovrà spogliarli; ove durante la notte si ripete il medesimo chiasso fatto la notte precedente presso colui che l'ha vestito.

Il lunedì mattina un'altra passeggiata, però per rimanere poi tutti schierati in piazza innanzi al palazzo di città con la barca. La sera vi è sparo di fuochi... Finiti i fuochi, finisce la festa, poichè passata la notte in orgia chiassosa non rimane che assistere, il giorno dopo, allo sfasciamento di quel lavoro di un mese..." 

Anno 1892

Cronaca: "La festa di S. Paolino".

"La ferrovia Napoli-Nola-Baiano ha seguito presso di noi alti titoli di benemerenza, per le prestazioni del servizio fatto nelle festività di S. Paolino. Il movimento per tutta la linea è arrivato a circa diecimila persone, trasportate da 55 treni speciali...

Il servizio di P.S. è stato diretto a Napoli dal cav. Rotondo, in Nola dal Sottoprefetto, cav. Berti, che ha sorvegliato su tutto con serenità di spirito ed energia negli ordini. Così nessun inconveniente si è avuto a deplorare.

La folla intanto continua a godere il meglio della festa, cioè quella ridda colossale de' gigli, illuminati a fuochi di bengala". 

Anno 1893

Cronaca: "La festa venne sospesa per motivi d'igiene a causa dell'epidemia di colera". 

Anno 1894

Cronaca: "S. Paolino".

"... il giovane artista Giovanni Spizuoco, che ha costruito il giglio dei macellai anche quest'anno ha avuto il primato...

Il clou della festa però sono state le corse militari alla nuova piazza d'Armi...".

"Corse militari".

"L'iniziativa di alcuni ufficiali del reggimento di cavalleria Milano 7ø, di fare corse militari durante la tradizionale festa dei gigli per S. Paolino, avendo avuto caldo appoggio dal comandante il col. cav. Achille Bonelli, le corse ebbero luogo lunedì 25...

La riunione fu molto gaia; molte carrozze, molte signore in tribuna. I doni offerti dal Municipio, e dati dalla signora Bonelli ai vincitori, erano bellissimi e scelti con ottimo gusto dai conti Maurizio e Gherardo Piscicelli".

 Anno 1895

Cronaca: "La festa di 5. Paolino".

"La festa in onore di 5. Paolino è durata due giorni, e il concorso della gente è stato enorme...

Di artistica e squisita fattura il Sarto, concepito e diretto dal sig. Luigi Minichini da Nola.

Anche bello il giglio del Beccaio, ricco di dorature e di stucchi, opera pregevole di Giovanni Spizuoco".

Anno 1896

Cronaca: "Tavola ai poveri di S. Paolino".

"Ieri alle ore 18, nelle sale del Circolo Popolare, è stato dato un pranzo a 25 poveri di S. Paolino...

I poveri furono serviti dai soci del sodalizio che hanno pure sostenuto la spesa del banchetto. Per rendere più bella la festa intervennero il sindaco avv. Fonseca, il cons. Vignone, il conciliatore avv. Spagnuolo, il tenente d'Errico, parecchi corrispondenti di giornali e molti signori. Il pranzo è stato dato, perchè anche i poveri ricordino la festa di S. Paolino".

Anno 1897

Cronaca:"Festa dei gigli".

"Vorrei farvi la cronaca di questa assordante, grandissima, babilonica festa dei gigli, ma mi manca la lena... tre hanno superato tutti... il giglio del Pizzicagnolo, maestri di festa Nicola Rossini e dott. Sebastiano Della Gala, disegnatore e costruzione del bravo e valente artista Nicola Vecchione,... quello del Sarto, maestro di festa Selva, costruttore Giovanni Spizuoco,...

quello poi del Padulano, costruttore l'ottimo artista Raffaele Stuppiello...

Delle luminarie, dei giuochi, delle nove bande musicali, non vi parlo, vi dico solo che sono tre giorni che qui non si ha tempo nè modo di dormire".

Nel 1897, alcuni cittadini di Nola desideravano dare un tocco di rinnovamento al percorso della processione dei gigli. Quindi, presentarono domanda scritta al Comune al quale chiedevano che fosse permessa la processione anche per via Duomo, via S. Giuseppe e via Principessa Margherita, dimostrando che dette strade non erano da considerarsi secondarie. Il Comune, allora, interrogati i maestri di festa su tale richiesta, ebbe da essi un netto rifiuto in quanto questi non erano disposti a sopportare la maggior spesa da corrispondere ai facchini per l'aggiuntivo percorso. Il Comune, allora, comiderando che tale concessione sarebbe dispiaciuta agli abitanti di via S Felice, dove da sempre erano passati i gigli e che, inoltre, sarebbe stato molto sconveniente non far passare la processione innanzi al Palazzo del Vescovo, il quale contribuiva a tale lesta con una "larga elemosina", alfine deliberò che fosse conservata e rispettata l'antica comuetudine.

Anno 1899

Cronaca: "Festa dei gigli".

"Nonostante il pessimo tempo di ieri sera... in tutta la giornata non una via si è vista dove non brulicasse gente, non un'osteria, non un caffè od altro pubblico ritrovo, ove la gente non fosse stipata...

Ammiratissimi sono stati i gigli del Beccaio, stile barocco e del Bettoliere, costruiti dal pittore Nicola Vecchione, quelli del Sarto, stile barocco, del Calzolaio, stile gotico, costruito da Giuseppe Tudisco, quello del Padulano, di stile dorico, costruito da Felice Vecchione, e quello del Panettiere e Fabbro, stile bizantino, del giovane artista Vincenzo Vitolo... elegante la Barca del sig. Michele Piciocchi.

Tutte le paranze dei gigli si son fatte onore... però quelle che maggiormente hanno riscosso gli applausi del pubblico sono: la prima composta da Nolani e guidata da Felice Martino agnominato Piruozzolo e la seconda da Napoletani detta 'a paranza 'e Geretiello d"a dugana...".

Come si evince dalla cronaca, la festa era nel 1899 all'apice della sua rinomanza. I costruttori gareggiavano tra loro presentando i migliori bozzetti e la più riuscita realizzazione. Fra i costruttori vanno ricordati: Giovanni Spizuoco, Raffaele Stuppiello, Luigi Minichini, Filippo Cantalupo, Nicola Vecchione, Giuseppe Tudisco, Felice Vecchione e Vincenzo Vitolo.

Rispetto ai costruttori, non sono da meno i "paranzari". Anche questi fanno di tutto per primeggiare. Nasce fin d'allora la rivalità tra le paranze Nolane e Napoletane.

 

Immagini di Gigli

(estratto da sito internet

 

Giglio ottocentesco

 

Giglio anni cinquanta

 

Giglio anni sessanta

 

 

 

 

Giglio anni settanta

 

Modello recente

 

 

Ultimo aggiornamento: 01-06-04