La
festa del Giglio
La festa si celebra, di
norma, la terza domenica
di giugno in onore di Maria S.S. del Buon Consiglio.
In pratica la
manifestazione è
identica a quella di Nola,
anche se alcuni riti, come
le corporazioni, "l'alzata della borda" e "l'abbattimento"
a Crispano non
sono praticati.
Non esiste una data
precisa della prima festa, tuttavia
fonti popolari parlano di circa 135 anni trascorsi dalla prima
“alzata” . La tradizione vuole che il Giglio sia stato importato dai
cosiddetti “viaticali”,
durante i loro traffici con
la città di Nola. In
effetti, come si evince dalle cronache storiche della festa di Nola,
esisteva in questa città un importante
mercato d’animali e generi alimentari (Fiera di san Paolino).
Crispano
non conserva molti documenti scritti, ma
tiene ugualmente, alla pari di Nola e Brusciano,
viva la passione per questa caratteristica festa.
L’origine
dei gigli
(Geom.
Salvatore Giuseppe Savariso)
L’origine di questa
Macchina da Festa è
tuttora incerta, infatti, se navigherete
nei siti internet
relativi a Nola, si
evince, chiaramente,
che la genesi di questi obelischi
è basata su supposizioni soggettive.
Il fatto più noto, che
giustificherebbe la sagra è
la storia di San Paolino, vescovo
di Nola, che dopo la prigionia in Africa, ritorna in
terra campana. Qui i
suoi compaesani
lo accolgono, felici ed entusiasti,
con lo sventolio di fiori di giglio,
in particolare, stando
alla tradizione nolana, la
storia che origina i
gigli è descritta nel 3°
libro dei «Dialoghi», di
San Gregorio Magno, tra l’altro santo patrono di Crispano,
il quale raccolse la tradizione dagli stessi nolani del secolo
VI, vale a dire il secolo successivo all'avvenimento.
Ecco la descrizione:
«Nel
tempo ch'Italia era infestata dal furor de' Vandali, dopo aver presa
Roma, e posta a' sacco tutta la contrada che Campagna si chiama, con
miserabile ruina presero anco Nola. E molti furono menati schiavi da
questa Città all'Africa. Onde avendo dato Paulino vescovo di quella
Città quanto aveva a' poveri, e à cattivi, senza perdonare à quelle
cose, che appartenevano all'uso della sua Chiesa, ne restandoti à
fatto altra cosa, da dare a' chi ce l'avesse domandata, venne un
giorno una vidua (vedova) à dirgli come un suo figliuolo unico era
stato preso dal genero del Re de' Vandali; che perciò il pregava, che
l'avesse dato tanto, quanto bastasse à redimerlo. Ma l'uomo santo
avendo un pezzo cercato, e pensato, che cosa avesse potuto dare a
colei, altro non trovò presso di se, che se stesso: onde alla donna,
che tuttavia il pregava, rispose: Io non ho altro, che darti, che me,
me ti prendi, e ponemi in servitù, accioché il tuo figliuolo ottenga
la libertà. Intendendo questo la donna dalla bocca d'un tanto
grand'uomo, giudicò, che volesse più tosto burlarla che compatirla,
e aiutarla. Ma il Santo come eloquente, ch'era facilmente persuase
colei à credere quanto ei diceva. Andarono dunque ambi nell'Africa, e
trovarono il genero 'del Re, e appresso di cui era schiavo il
figliuolo della vedova, la quale fatteseli avanti il pregò, che
avesse voluto dargli il figliuolo: ma l'uomo barbaro, e per le passate
vittorie superbo non volse ne anco sentirla; Allora soggiunse la
donna, e disse: Ecco quest'uomo, che lascio in luogo del mio
figliuolo. Vedendo il Barbaro allora un uomo di venerando aspetto, li
domandò qual'arte sapesse fare: a cui rispose il S. Vescovo, io non sò
fare altr'arte, che coltivare gli orti. Il che avendo inteso il
barbaro, come che li dilettassero gli orti, il prese di buona voglia,
e alla donna restituì il figliuolo, che allegra tornassene a casa,
restando al governo dell'orto il S. Vescovo. Soleva il genero del Re
entrar spesso nell'orto, e a ragionarli accorto, cominciò à
prenderli affezione, e ai ragionarli spesso; e trovandolo ogni giorno
via più dotto, abbandonò gli amici, co' quali soleva aver
conversazione, e solo dei ragionamenti del suo Ortolano si compiaceva.
Soleva ogni giorno il Santo (perché così l'era stato ordinato)
mentre il suo padrone mangiava, portarli alla mensa molte cose
dell'orto, come ó erbe, ò fiori, ò frutti, e ricevuto per sé il
cibo tornassene al suo lavoro, restando ciascuno ammirato della
diligenza dell'Ortolano, che nel più rigido inverno faceva, che' il
suo orto tali cose producesse. Accadde un giorno, che il Santo
parlando col suo padrone, li disse, che provvedesse à fatti suoi, e
stesse avvertito, perché il Re Guntario suo suocero fra breve
morirebbe, succederebbe Genserico di lui fratello; il che intendendo
colui, e dando fede alle parole dell'Ortolano, narrò al suocero
quanto del suo Ortolano uomo savio aveva inteso. Volse il Re vederlo e
appena l'ebbe veduto, che cominciò da capo à piedi a tremare, e
chiamato in disparte il genero, li disse: Io questa notte in sogno ho veduto i giudici,
che sedevano al tribunale per condannarmi tra quali il tuo
Ortolano anco sedeva, per sentenza de' quali il flagello, ch'in mia
mano teneva m'era tolto. Chiamarono poscia Paolino e li dimandarono
chi fusse. Son vostro ortolano, rispose il Santo rimasto in luogo del
figliuolo di quella donna. Non vogliamo sapere, soggiunsero coloro,
chi al presente tu sei ma chi lo passato sei stato. Alla fine non
potendo il Santo più celarsi, confessò essere il Vescovo di Nola. Il
che intendendo il genero del Re, se li buttò à piedi, e chiesto il
perdono, lo pregò, che presosi ciò
che voleva, con ricchi doni libero se ne tornasse à casa sua.
Ma Paolino altro non volse, se non, che li fussero restituiti tutti i
suoi Cittadini, che schiavi si trovavano nell'Africa; laonde furono
ritrovati, e liberi con il loro Vescovo se ne ritornarono alle loro
case ».
Il primo documento
riguardante lo svolgimento vero e proprio della "festa dei
gigli" ci viene
descritto dallo storico nolano Ambrogio Leone, il quale, nel suo
volume: " Nola, terra natian, oltre a ricordare il racconto dei
" Dialoghi " di San
Gregorio Magno, ci fa una ricca esposizione di come si svolgevano i
festeggiamenti sul principio del XVI secolo.
Ecco come il Leone, descrive la festa:
......."Il
maestro del mercato ... dura otto giorni, quando si fa la fiera e la
festa di S. Paolino... Egli il primo giorno adunque fa pompa della sua
autorità; giacche, preso dalla reggia il vessillo del Conte, uscendo
con un lungo seguito, procede solenne per tutta la città.
Il settimo giorno, il giorno prima della festa di San Paolino,
si fa un altro giro per la città: prima vanno i contadini con le
falci, seguendo, come fosse il loro vessillo, una grandissima torcia a
guisa di colonna, accesa e adorna di spighe di grano. Questa torcia è
tanto grande, che un uomo solo non può portarla, onde è portata da
parecchi ritta su di una specie di cataletto. Viene fatta col denaro
raccolto fra i contadini, ed ogni anno si accresce, non solo viene
rifatto ciò che si accende percorrendo la città; la chiamano cereo.
Similmente si fa altra torcia da altri, e in processione ciascuno
segue la sua, mandandola avanti a sè. Viene poi il cero degli
ortolani, adorno di cipolle e di agli, dietro cui vanno gli ortolani,
e di poi gli altri ceri degli artigiani. Dopo di questi vengono le
file dei monaci e le file dei sacerdoti chierici, l'ultimo dei quali
è il vescovo, che porta in mano le reliquie degli Apostoli, del legno
della Croce, di alcuni martiri e di S. Paolino, chiuse in una mano
d'argento. Accompagnano il Vescovo, il Conte e il maestro del mercato,
ai poi i primari cittadini e il rimanente popolo, tutti a piedi.
L'ultimo giorno della fiera poi, che è la festa del Santo, si
espongono appesi nel portico i premi per i corridori".
Come si può
notare, dal racconto di A. Leone,
i gigli erano diverso
da quelli di oggi è
venivano denominati
"ceri".
Un'ipotesi plausibile è quella che vede il giglio
come la trasformazione, nel tempo, delle macchine da guerra ossia
le torri mobili, d'altro
canto la stessa "Antica Bottega D'Arte Vecchione", di Nola,
definisce il
giglio come “Macchina”.
Nel giglio la
flessibilità della struttura lignea, dove ogni elemento sembra essere
messo al posto giusto, conferisce alla macchina la giusta agilità,
tipica delle torri d'assedio.
Da ricordare che il
massimo sviluppo degli assedi si ebbe in epoca medioevale,
in tal senso è da ricordare che esistono, in giro per
l’Italia, costruzioni simili; come
la Macchina di Santa Rosa a Viterbo,
la Rua di Vicenza, il
Carro di Ponticelli (NA), il
Carro di Fontanarosa (AV) oppure
lo stesso giglio
di Recale (CE).
Quanto detto, però non
giustifica l'esistenza
del bel rivestimento (colonne),
probabilmente, introdotto
in epoca barocca, nel
periodo delle feste impartite, dagli allora regnanti di Napoli,
per alleviare le disastrose condizioni sociali dei sudditi.
Un’altra ipotesi, che
non esclude la prima, riguarda le analisi dei moderni studiosi.
Questi considerano
la festa come:
"Trasformazione" di un rito pagano, secondo il quale, grandi
alberi sacrali inghirlandati,
con vari simboli, erano portati in processione.
Di seguito, con l'avvento del cristianesimo, a questi
"alberi" fu
tolto il significato
pagano, aggiungendo, ad
essi, immagini sacre e di
santi cristiani, come il caso delle croci celtiche,
dove nelle figure incise, si fondevano elementi druidici e cristiani.
In altri termini,
l’origine dei gigli potrebbe avere una matrice barbara, anche perché
l’epoca delle invasioni, coincide
con il periodo della legenda di Nola .
Verosimilmente, già
nell’ottocento, qualcuno
più autorevole credeva che molte feste e
tradizioni italiane discendessero dagli antichi riti
barbarici.
Al
tempo del Goethe, una numerosa schiera di dotti viaggiatori visita l'Italia centro-meridionale. Questi ricercavano
le proprie radici storiche, attraverso
le tradizioni folkloristiche italiane,
direttamente derivate dai
riti tribali dei loro predecessori germanici.
Uno dei più famosi
“Viaggiatori” fu Ferdinad Gregorovius;
storico tedesco nato a Neidenburg, nella Prussia orientale, nel
1821, cittadino onorario di Roma nel 1876 e socio straniero
dei Lincei nel 1881.
Gregorovius realizzò
studi sui misteriosi cerimoniali del folklore italiano,
soprattutto quelli che avevano a che fare con i fiori. Di
fatti; nel 1853 è a
Nola, dove ne descriverà la festa nella sua opera “Passeggiate in
Campania e Puglia”, nel
1854 è a Nettuno per assistere alla
festa della croce
cosparsa di garofani, e
nel 1864 lo ritroviamo a Genzano, in
provincia di Roma, per la famosa Infiorata.
Nella
sua pellegrinazione, Gregorovius, visito molti luoghi in cui è
particolarmente sentito il culto
verso San Michele Arcangelo, a
tal proposito è da ricordare che San Michele,
nella conversione dei popoli
nordici al cristianesimo, rappresenta l'esempio fondamentale
dell'integrazione delle antiche credenze barbariche
con il cristianesimo, infatti, l'arcangelo con la spada
sguainata, figurativamente,
è quello che più si avvicina, all'immagine
del dio Wotan
(Odino), non a
caso San Michele è,
tuttora, il santo patrono della Germania.
Prima di concludere, consigliamo la lettura degli scritti di questo storico.
Terminiamo dicendo che
l'attuale giglio
può non essere
frutto di una
singola popolazione, ma
figlio d’interrelazioni fra
varie comunità, con alla base radici storiche comuni. In altri termini, l’integrazione
tra riti barbari
è cristianesimo, si
è evoluta di secolo in secolo; infatti,
agli alberi inghirlandati con
figure cristiane,
sono sostituiti o perfezionati dalle
macchine da guerra.
Cronache
da Nola
(estratto
da sito internet)
Anno
1644
Il secondo documento ci
viene offerto da Andrea Ferraro il quale, nella sua opera: "Del
cemeterio nolano con le vite di alcuni santi", così la descrive:
"Intendendo i Nolani, che il suo Pastore sen tornava alla Patria,
con le navi piene d'un gran turba de' Cittadini liberati, risplendente
d'una immortal corona, e trionfando con gloria così rara d'aver dato
se stesso in servitù per un uomo popolare, facil cosa è a pensare
con qual allegrezza e applauso mischiato di lagrime fosse ricevuto dai
suoi Cittadini, i quali di tutte l'arti, e professioni l'uscirono
all'incontro; qual costume osservasi fino à nostri tempi; impercioché
nelle prime vespere della sua festività tutte l'arti ciascuno col suo
cereo accompagna per tutta la città le reliquie del Santo poste entro
una statua d'argento".
Anno
1747
Verso la metà del '700,
Gianstefano Remondini, nella sua poderosa opera "Della Nolana
Ecclesiastica Storia", così descrive la festa: "Si sparse
appena per la città di Nola la giocondissima novella del ritorno
dall'africana schiavitù... Ed a perpetua festevolissima rimembranza
dell'incomparabile giubilo, che provò la città, e la Chiesa Nolana
in sì felice occasione costumò dipoi, e lo osserva esattamente anche
al dì d'oggi di far nel XXI giorno di giugno solenne processione,
nella quale portano alcuni Artefici certi Mai, o Gigli, come
volgarmente son detti, e son certe macchine in forma di globi, di
piramidi, di navi, o simil altre cose, tutte adorne d'innumerevoli
garofani, tra quali è situata la particolare insegna di ciascheduna
di quelle arti, che le fanno. ...Si fa, dissi, nel mentovato giorno in
Nola una solenne processione con l'intervento di tutto il Clero sì
secolare, che regolare, e di molti Artigiani, i quali portano certe
sublime macchine, e che Mai appellano, composte di ben concertati
lavori d'innumerevoli garofani, ed altri fiori, tra' i quali pende
l'insegna di lor'arte in memoria, che sparsasi per la Città la grata
novella... gli uscirono impazientemente incontro li Cittadini in
quell'abito, in cui trovaronsi, e gli Artigiani con quel strumento,
che in mano aveano per l'ansietà di veder subito il loro Pastore, e
liberi i di loro amici e parenti.
Anno
1840
Un breve frammento
dell'accurata descrizione fatta dallo storico Carlo Augusto Mayer e
pubblicato nella sua opera: " Vita popolare a Napoli nell'età
romantica".
"...sono portati in
processione per le strade, a passo accellerato, da uomini che
camminano nascosti sotto tappeti, palchi di cinque piani e di venti
piedi di altezza, riccamente dipinti e decorati, e ornati di fiori e
bandiere. Nel piano più basso si vede una banda di musicisti che tra
il giubilo generale lancia la strepitosa marcia".
Anno
1847
Descrizione della festa
dei gigli di G. Regaldi e pubblicata nell' opera: "Tradizioni
italiane per la prima volta raccolte in ciascuna provincia
d'Italia".
"Le macchine non
erano tratte da quei buoi poderosi che all'aratro si aggiogano sui
pingui campi della Campania, nè da cavalli esercitati su piani delle
Puglie; ma sibbene da cinquecento lazzaroni, venuti da Napoli, i
quali, sudanti, trafelati, su le spalle recavansi le pesanti macchine,
lieti d'uno scudo per ciascheduno e del patrocinio di S. Paolino.
Anno
1853
Ecco la testimonianza
dello storico tedesco Ferdinando Gregorovius, che aveva assistito
diretta mente alla festa nel 1853 e pubblicata nella sua opera: "
Passeggiata in Campania e in Puglia ":
" Davanti alle
porte di Nola vidi già una folla di persone che si precipitavano
all'interno della città. All' entrata di questa si erano installate
numerose bottegucce; le antiche mura della città ed una torre che vi
confinava erano ricoperte di giganteschi cartelloni...
Appena entrato nella
città fui colpito da uno spettacolo mai visto prima d'allora. Vidi,
retta da facchini, una altissima torre, rivestita di oro scintillante,
di argento e di rosso; era alta cinque piani, elevata su colonne,
adorne di fregi, nicchie, archi e figure, guarnita ai due lati da
bandierine colorate e ricoperte da carta dorata e di coperte rosse e
variopinte. Scintillavano nel loro rosso metallo le colonne; le
nicchie a fondo d'oro, decorate con i più strani arabeschi, le
figure, i geni, gli angeli, i santi e i cavalieri vestiti di costumi a
vivaci colori. Collocati in piani sovrapposti avevano in mano
cornucopie, mazzi di fiori, ghirlande o bandiere. Era un agitarsi, uno
sventolare continuo, dato che la torre oscillava di qua e di là sulle
spalle di circa trenta portatori. Nel piano più basso sedevano
ragazze incoronate di fiori, al centro un coro di musicanti con
trombe, timpani, triangoli e cornette eseguivano una musica
assordante...
Anche da un altro lato
giungeva una musica rimbombante e vidi, sorgere sopra le case,
un'altra torre, poi un'altra ancora... Ne vennero nove da direzioni
diverse. Avevano tutte la stessa altezza, tranne una che era alta 25
metri e che apparteneva alla corporazione dei contadini. Infatti, ogni
" arte" importante presenta un obelisco per la festa. Per
prepararlo ci si lavora dai quattro a sei mesi. 1 denari per
costruirlo vengono procacciati dalle " arti " e ammontano
per ogni torre a circa 6 ducati napoletani. Ogni obelisco ha il suo
posto in una strada accanto alla casa di un artigiano famoso. E' lì
che lo strano oggetto viene fabbricato sotto un'alta staccionata
ricoperta di tela per riparare gli operai ed opere dalle intemperie.
Alberi e travi formano il primo scheletro; un piano viene sovrapposto
all'altro, poi tre lati vengono ricoperti da carta da parato, mentre
quello posteriore viene adornato da rami di mirto, fogliame e da una
foresta di bandierine. Alle pareti laterali sono raffigurati su carta
colorata, geni alati che portano delle ghirlande. La più grande cura
viene dedicata alla parte frontale; infatti se ne occupano con impegno
pittori ed architetti.
Un attributo che pende
dal fregio della nicchia centrale, indica a quale "arte"
appartengono i vari obelischi; sull'obelisco dei mietitori si vedeva
una falce; su quello dei fornai due enormi ciambelle; ... dei macellai
un pezzo di carne; ... i calzolai una scarpa, i pizzicagnoli un
formaggio ed i vinai avevano appesa una bottiglia...
Gli obelischi si
dirigevano, ognuno con un coro di musica nel piano più basso, verso
la cattedrale... Il corteo dell'obelisco principale era aperto da due
obelischi piccolissimi, nei cui piani più bassi sedevano bimbi
incoronati. Seguivano poi una nave sulla quale era un giovane vestito
da turco con in mano un fiore di melograno. Dietro a questa nave
veniva un gran bastimento da guerra su un lembo di mare che gli faceva
da fondamento. La galea era equipaggiata alla perfezione. Sul
bompresso stava un giovane, in vesti moresche, l'aria divertita,
fumando un sigaro. Sul tribordo perO si trovava, inginocchiata davanti
all'altare, la figura di S. Paolino.
Appena un obelisco era
giunto al Duomo co minciava uno spettacolo singolarissimo: la
gigantesca torre si metteva a ballare al suono della musica
rimbombante. Davanti ai portatori camminava un uomo con un bastone e
mentre egli indicava il tempo, quelle torri si muovevano secondo il
ritmo, di qua e di là. Poi l' obelisco si fermava davanti alla
cattedrale e non appena aveva trovato il suo posto iniziava davanti a
questa un girotondo di giovani e uomini. Una ventina di essi circa
formava un cerchio, di modo che ognuno posava le sue braccia sulle
spalle dei vicini; e mentre in questa posizione si muoveva il cerchio,
al centro due solisti ballavano le danze piU graziose. Con le braccia
sollevavano un terzo ballerino, facendolo danzare con loro, in
posizione giacente. Diventato esausto e, preso da capogiro, lasciava
chinare la testa: era morto. Tutto il cerchio intanto circondava,
ballando con ritmo sfrenato. Dopo un breve tempo il morto si rialzava
e, levato il capo, ridendo, imitava con le dita il suono delle
nacchere.
Dovetti pensare al culto
di Adone; ...tutto questo spettacolo pagano si svolgeva davanti al
Duomo; mentre all'interno, il vescovo di Nola, impassibile e con la più
grande calma celebrava la messa cristiana che i fedeli, senza
lasciarsi turbare, ascolta vano in ginocchio. Dopo che il ballo degli
obeli schi e la messa furono terminati, la cerimonia reli giosa si
chiuse con una processione di sacerdoti...
La processione attraversò
l'intera città seguita dagli obelischi; sparatorie ed esplosioni
continue di bombe a mano si sparsero immediatamente in tut te le
strade. A mezzogiorno, le funzioni religiose erano finite, ed il
popolo attendeva ai suoi divertimenti...".
Anno
1861
Pochi mesi dopo
l'avvenuta Unità d'Italia, la festa continua il suo ciclo. A
testimonianza di ciò, un manifesto affisso il giorno 11 giugno 1861 e
pubblicato da Pasquale Perna nell'opera: "Il brigantaggio nolano
1860/66".
Questo è quanto si
legge nel Manifesto:
Il Sindaco del Comune
Capoluogo di Nola.
Previene il pubblico,
che la festività di S. Paolino la quale ricadrebbe nel giorno di
sabato 22 dello andante mese sarà celebrata in quello di domenica
ventitrè dello stesso, giusta la impartita autorizzazione
superiore.Verrà preceduta dalla consueta fiera che avrà
cominciamento dal giorno 15 del mese medesimo per la durata
Sovranamente concessa.Vi sarà la solita processione delle macchine
così dette gigli costruite con la più ricercata eleganza, ed al
giorno lo spettacolo in uso di due corse di cavalli in giro al Campo
Militare alle ore sei pomeridiane precise, col premio di una stoffa
per la prima, e di ducati sei per la seconda. Tutti gli avventori
troveranno ospitale accoglienza protezione e garenzia da parte di
tutte le autorità locali.
Nola
11 giugno 1861.
Il
Sindaco, Giuseppe del Cappellano
(P.Perna,
Il brigantaggio nolano, vol.I, Marigliano 1985, pag.107)
Anno
1866
Nel 1866 Francesco De
Bourcard, nella sua opera: "Usi e costumi di Napoli e
contorni...", così descrive la festa:
"...al nominare dei
"sangiovannari" molti dei nostri lettori corrono per
avventura col pensiero alla bella festa popolare detta de' gigli che
da costoro recansi in ispalla nel 22 giugno, in cui la Città di Nola
celebra la festa del suo vescovo e protettore S. Paolino. Queste
piramidi o gigli, avanzando di tempo in tempo, sono arrivati oggidì
ad una tanto considerevole mole e smisurata altezza che sovrastano i
tetti de' più alti edifizi della città.
Ciascun lato di essi
gigli è adorno di fiori, bende, nastri, festoni, statuette di carta
pesta e simiglianti cose. La macchina è divisa in più ordini, nel
primo dei quali è collocata l'orchestra... Gli altri ordini sono
occupati da popolani ne' loro abiti di festa e le donne si rivestono
de' migliori ornamenti che posseggono.
Questi gigli sono
costruiti a cura delle diverse corporazioni di arti e mestieri che
ricordano le antiche fratrie... Ciascun giglio è sostenuto da sedici
facchini, ma il più grandioso è quello degli ortolani trasportato da
trentasei di essi.
Spari di mortaretti,
campane a disteso, fuochi d'artifizio, luminarie... rendono pomposa e
magnifica la processione de' gigli, i quali, accompagnati da numeroso
clero, vengono portati innanzi al Vescovado dove ricevono la
benedizione del Santissimo...".
(F. De Bourcard, Usi e
costumi di Napoli..., vol. II, pagg. 8, 10, 11)
Anno
1888
Cronaca: "Per la
festa di S. Paolino".
" Sul tardi di
ieri, partirono alla volta di Nola moltissime carrozze e biroccini
carichi di napoletani, a festeggiare il patrono nolano...".
(Il
Corriere di Napoli, n. 175, giugno 1988)
Anno
1890
Cronaca: "Fiera di
S. Paolino".
"La solita fiera di
animali e generi commestibili è già cominciata. La folla intanto
alla fiera è enorme e sempre e come si comprende, molti sono i
forestieri che ne profittano. Il sindaco avv. Tommaso Vitale, se ne
interessa davvero; ed a lui deve la buona riuscita della fiera cotanto
utile a Nola e dintorni".
"Festa dei
gigli".
Nella ricorrenza della
festa dei gigli, oltre alle pompe religiose, ed allo spettacolo
svariato e bellissimo di fuochi pirotecnici, vi saranno le corse a
fantini anche a Campo di Marte il giorno di lunedì prossimo".
(G.A., Roma, n. 168,
giugno 1890)
Anno
1891
Cronaca: "Festa dei
Gigli".
"... ai primi di
giugno i giglianti che sono sedici, due per ogni giglio, danno la
caparra agli artefici, alla musica con un pranzo sontuoso e con fuochi
assordanti, sicchè si passa un'intera giornata, che per lo più è il
primo lunedì di giugno...
Nel primo lunedì di
giugno fino al 22 per le vie si odono continuamente musiche e fuochi
inducanti che gl'interessati alla costruzione del giglio vanno in giro
per la questua, giacchè quelli che lo fanno sono tutti lavoratori
alla giornata, ed il giglio costa la discreta somma di lire mille
circa.
Finalmente il 27-28-29,
il sabato lo scheletro del giglio... si adorna del frontespizio con
lavori di cartone riproducenti vari sistemi di architettura...
Così arricchito resterà
fino alla mattina della domenica innanzi alla casa di colui che lo ha
vestito ove la sera, illuminazione e chiasso indescrivibile. La
domenica poi queste grosse macchine, portate sulle spalle, ciascuna da
una paranza di circa 50 uomini, sotto la direzione di un capo che al
suono della musica, posta sul giglio e dalla sua voce grossa
stabilisce la cadenza e il passo di quest'infelici che sono
felicissimi di portarla sugli omeri, attraversano fra gli applausi e
le grida le principali vie della città, mentre comitive di artigiani
gettano sui balconi confetti senza misura.
Fatto il giro si
schierano in due colonne nella piazza del Duomo, ponendosi in mezzo la
barca... verso mezzogiorno, preceduto dai seminaristi e dal clero,
passa in processione il vescovo che benedice ad uno ad uno i gigli,
mentre il popolo festante si dà calorosissime grida di gioia,
ballando la tarantella e tempestando di confetti la statua di argento
di S. Paolino, il quale ritorna in chiesa ogni anno con qualche
ammaccatura in più.
Fatta la processione si
comincia il giro dei gigli per la città e dura fino alle ore del
giorno in cui vanno a posare innanzi alla casa di chi dovrà
spogliarli; ove durante la notte si ripete il medesimo chiasso fatto
la notte precedente presso colui che l'ha vestito.
Il lunedì mattina
un'altra passeggiata, però per rimanere poi tutti schierati in piazza
innanzi al palazzo di città con la barca. La sera vi è sparo di
fuochi... Finiti i fuochi, finisce la festa, poichè passata la notte
in orgia chiassosa non rimane che assistere, il giorno dopo, allo
sfasciamento di quel lavoro di un mese..."
Anno
1892
Cronaca: "La festa
di S. Paolino".
"La ferrovia
Napoli-Nola-Baiano ha seguito presso di noi alti titoli di
benemerenza, per le prestazioni del servizio fatto nelle festività di
S. Paolino. Il movimento per tutta la linea è arrivato a circa
diecimila persone, trasportate da 55 treni speciali...
Il servizio di P.S. è
stato diretto a Napoli dal cav. Rotondo, in Nola dal Sottoprefetto,
cav. Berti, che ha sorvegliato su tutto con serenità di spirito ed
energia negli ordini. Così nessun inconveniente si è avuto a
deplorare.
La folla intanto
continua a godere il meglio della festa, cioè quella ridda colossale
de' gigli, illuminati a fuochi di bengala".
Anno
1893
Cronaca: "La festa
venne sospesa per motivi d'igiene a causa dell'epidemia di
colera".
Anno
1894
Cronaca: "S.
Paolino".
"... il giovane
artista Giovanni Spizuoco, che ha costruito il giglio dei macellai
anche quest'anno ha avuto il primato...
Il clou della festa però
sono state le corse militari alla nuova piazza d'Armi...".
"Corse
militari".
"L'iniziativa di
alcuni ufficiali del reggimento di cavalleria Milano 7ø, di fare
corse militari durante la tradizionale festa dei gigli per S. Paolino,
avendo avuto caldo appoggio dal comandante il col. cav. Achille
Bonelli, le corse ebbero luogo lunedì 25...
La riunione fu molto
gaia; molte carrozze, molte signore in tribuna. I doni offerti dal
Municipio, e dati dalla signora Bonelli ai vincitori, erano bellissimi
e scelti con ottimo gusto dai conti Maurizio e Gherardo Piscicelli".
Anno
1895
Cronaca: "La festa
di 5. Paolino".
"La festa in onore
di 5. Paolino è durata due giorni, e il concorso della gente è stato
enorme...
Di artistica e squisita
fattura il Sarto, concepito e diretto dal sig. Luigi Minichini da
Nola.
Anche bello il giglio
del Beccaio, ricco di dorature e di stucchi, opera pregevole di
Giovanni Spizuoco".
Anno
1896
Cronaca: "Tavola ai
poveri di S. Paolino".
"Ieri alle ore 18,
nelle sale del Circolo Popolare, è stato dato un pranzo a 25 poveri
di S. Paolino...
I poveri furono serviti
dai soci del sodalizio che hanno pure sostenuto la spesa del
banchetto. Per rendere più bella la festa intervennero il sindaco
avv. Fonseca, il cons. Vignone, il conciliatore avv. Spagnuolo, il
tenente d'Errico, parecchi corrispondenti di giornali e molti signori.
Il pranzo è stato dato, perchè anche i poveri ricordino la festa di
S. Paolino".
Anno
1897
Cronaca:"Festa dei
gigli".
"Vorrei farvi la
cronaca di questa assordante, grandissima, babilonica festa dei gigli,
ma mi manca la lena... tre hanno superato tutti... il giglio del
Pizzicagnolo, maestri di festa Nicola Rossini e dott. Sebastiano Della
Gala, disegnatore e costruzione del bravo e valente artista Nicola
Vecchione,... quello del Sarto, maestro di festa Selva, costruttore
Giovanni Spizuoco,...
quello poi del Padulano,
costruttore l'ottimo artista Raffaele Stuppiello...
Delle luminarie, dei
giuochi, delle nove bande musicali, non vi parlo, vi dico solo che
sono tre giorni che qui non si ha tempo nè modo di dormire".
Nel 1897, alcuni
cittadini di Nola desideravano dare un tocco di rinnovamento al
percorso della processione dei gigli. Quindi, presentarono domanda
scritta al Comune al quale chiedevano che fosse permessa la
processione anche per via Duomo, via S. Giuseppe e via Principessa
Margherita, dimostrando che dette strade non erano da considerarsi
secondarie. Il Comune, allora, interrogati i maestri di festa su tale
richiesta, ebbe da essi un netto rifiuto in quanto questi non erano
disposti a sopportare la maggior spesa da corrispondere ai facchini
per l'aggiuntivo percorso. Il Comune, allora, comiderando che tale
concessione sarebbe dispiaciuta agli abitanti di via S Felice, dove da
sempre erano passati i gigli e che, inoltre, sarebbe stato molto
sconveniente non far passare la processione innanzi al Palazzo del
Vescovo, il quale contribuiva a tale lesta con una "larga
elemosina", alfine deliberò che fosse conservata e rispettata
l'antica comuetudine.
Anno
1899
Cronaca: "Festa dei
gigli".
"Nonostante il
pessimo tempo di ieri sera... in tutta la giornata non una via si è
vista dove non brulicasse gente, non un'osteria, non un caffè od
altro pubblico ritrovo, ove la gente non fosse stipata...
Ammiratissimi sono stati
i gigli del Beccaio, stile barocco e del Bettoliere, costruiti dal
pittore Nicola Vecchione, quelli del Sarto, stile barocco, del
Calzolaio, stile gotico, costruito da Giuseppe Tudisco, quello del
Padulano, di stile dorico, costruito da Felice Vecchione, e quello del
Panettiere e Fabbro, stile bizantino, del giovane artista Vincenzo
Vitolo... elegante la Barca del sig. Michele Piciocchi.
Tutte le paranze dei
gigli si son fatte onore... però quelle che maggiormente hanno
riscosso gli applausi del pubblico sono: la prima composta da Nolani e
guidata da Felice Martino agnominato Piruozzolo e la seconda da
Napoletani detta 'a paranza 'e Geretiello d"a dugana...".
Come si evince dalla
cronaca, la festa era nel 1899 all'apice della sua rinomanza. I
costruttori gareggiavano tra loro presentando i migliori bozzetti e la
più riuscita realizzazione. Fra i costruttori vanno ricordati:
Giovanni Spizuoco, Raffaele Stuppiello, Luigi Minichini, Filippo
Cantalupo, Nicola Vecchione, Giuseppe Tudisco, Felice Vecchione e
Vincenzo Vitolo.
Rispetto ai costruttori,
non sono da meno i "paranzari". Anche questi fanno di tutto
per primeggiare. Nasce fin d'allora la rivalità tra le paranze Nolane
e Napoletane.
Immagini
di Gigli
(estratto
da sito internet
Giglio
ottocentesco
Giglio
anni cinquanta
Giglio
anni sessanta
Giglio
anni settanta
Modello
recente