Processi
concernenti il marche De Strada ed eredi
(di
Giacinto Libertini)
Lorenzo
Giustiniani nel suo Dizionario
geografico-ragionato del Regno di Napoli, a riguardo del feudo di
Crispano riporta che “Nel 1595 fu venduto a Stefano Centurione per ducati 23000. Nel 1599 Stefano lo vendé a Pietro
Basurlo per ducati 28000. Fu poi comprato da Gio: Vincenzo Caraffa. Nel 1616 esso Gio: Vincenzo lo vendé a Sanzio
de Strada per ducati 21000”. Quelli che in apparenza erano dei
semplici trasferimenti di proprietà del feudo dietro corresponsione
di una ben determinata cifra, in realtà nascondevano una serie di
vincoli, limitazioni e patti, complicati per di più dalla natura non
semplice del bene trasferito. Il venditore in genere cedeva il feudo
per necessità economiche e dopo averlo gravato con cessioni parziali
o totali di cespiti e di altri diritti e spesso vi erano clausole
particolari, quali quella frequentissima del patto
de retrovendendo, cioè la possibilità da parte del venditore di
riacquistare il feudo rimborsandone il prezzo: l’acquirente dopo
averlo ottenuto spesso per sue proprie necessità era indotto a
limitarlo con ulteriori vincoli e diminuzioni. E’ facile immaginare
come dalla complessità delle situazioni, aggravate spesso
dall’impossibilità a soddisfare certi impegni o dai tentativi di
limitare gli esborsi dovuti o di aumentare quanto spettante, nonché
da altri fattori, quali ad esempio le spese assunte per migliorare il
feudo, le problematiche derivanti dai trasferimenti di eredità per
successione, le donazioni di cespiti e proprietà a chiese o enti
benefici, nascessero infinite questioni in cui gli agguerriti e colti
avvocati del tempo trovavano un loro fecondissimo mare.
Un
caso esemplare è forse proprio quello del feudo di Crispano negli
anzidetti trasferimenti di proprietà. Nell’Archivio di Stato sono
presenti – qui riprodotti in copia anastatica – la stampa delle
relazioni relative a tre processi del XVI secolo concernenti dispute
sul feudo in questione. I primi due sono a firma dell’avvocato
Costantino Cafaro mentre il terzo è dell’avvocato Geronimo
Lanfranco e concernono contese fra: A) Teresa de Strada, erede di
Sancio de Strada, contro Agostino Centurione e l’Ospedale
dell’Annunziata di Napoli; B) la stessa Teresa de Strada contro
Dionora de Vico erede di Perottini de Vico; C) Michele de Miranda
contro Cesare Alciato. Data l’estrema complessità delle dispute
anzidette, espresse peraltro nell’elaborato ed articolato linguaggio
giuridico dell’epoca, un misto di italiano e latino con molte
espressioni tecniche, è impossibile esporre qui anche solo una loro
sintesi. In effetti, un studio ed una esposizione puntuale delle
stesse richiederebbe una non piccola pubblicazione a parte.
Dovremo
pertanto solo limitarci a qualche commento di ordine generale.
Il
feudo all’inizio era il compenso interessato dato dal Sovrano ad un
suo fidato guerriero. In sostanza era una parte del potere reale che
era delegata a persone di fiducia che avevano il compito primario di
difenderlo con le armi, con poteri pressoché assoluti sui sottoposti.
Nei secoli successivi, con il rafforzarsi del potere centrale ed i
crescenti diritti conseguiti dai non nobili, il feudo aveva sempre più
perso il suo significato militare e le prerogative del feudatario
erano sempre più limitate sia nei confronti del Sovrano che nei
confronti dei sottoposti. Ridimensionata la funzione militare e
l’importanza politica, il feudo conservava una grande valenza
economica e di prestigio ed era sempre più oggetto di compravendite:
finite le dispute fra feudatari con le armi, oramai i feudi erano
contesi con i soldi, le leggi e i tribunali.
Ma
l’ulteriore crescita del potere centrale, da una parte, e dei
diritti riconosciuti ai non feudatari, dall’altra, creavano ormai le
condizioni per il definitivo tramonto del feudalesimo. In tempi
successivi relativamente vicini, vale a dire con la rivoluzione
francese e con l’estensione delle sue riforme in Italia, i nobili
saranno privati dei loro feudi, pur mantenendo i titoli nobiliari,
ormai senza riscontro concreto, e, dopo circa un secolo, anche i
titoli nobiliari saranno dichiarati senza più valore.
I
processi qui riportati del XVI secolo andrebbero quindi letti come una
documentazione della fase finale della trasformazione del feudo da
soggetto militare e politico di fondamentale importanza per
l’organizzazione dello stato e della società, a residuo di epoche
passate con significato ridimensionato e alterato, preludio alla
prossima inevitabile abolizione.