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NOTIZIE DI
CARATTERE RELIGIOSO
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Premessa
L’agiografia
è la letteratura religiosa che narra la vita di santi e martiri; nata
nei primi secoli della storia del cristianesimo (tra i primi esempi,
entrambi del IV secolo, Vita di sant'Antonio, scritta da Atanasio, e
Vita di san Martino, di Sulpicio Severo) si diffuse soprattutto nel
Medioevo. Il termine, derivato dalle parole greche hághios
("santo") e gráphein ("scrivere"), definisce per
estensione ogni biografia di tono ammirativo. Spesso gli intenti
edificanti prevalevano sul rispetto della verità storica e i racconti
dei miracoli e delle virtù si trasformavano in leggende dagli spunti
folcloristici. Ad alcune di queste narrazioni si deve l'attribuzione
delle prerogative che fanno di un particolare santo il protettore di
una certa categoria di persone: ad esempio, l'episodio del vescovo
Nicola, che aveva strappato tre ragazze alla prostituzione, venne
trasformato nel salvataggio di tre fanciulli dall'annegamento, così
che san Nicola diventò il patrono dei bambini.
Le ipotesi
sui motivi di patronato, su determinate città o luoghi,
ci permette, analizzando per l’appunto la vita dei santi, di
trovare ulteriori notizie per le nostre ricerche storiche
San
Crispo, San Crispino e San Crispiniano
(estratto
da siti internet)
San
Crispo
Era un giudeo che come
tanti altri in quel tempo, portava un nome romano, ed era il
capo della sinagoga di Corinto, quando nel 50-51 s. Paolo iniziò
il suo apostolato in quella città. - Negli Atti degli
Apostoli è scritto che Crispo convinto dalle argomentazioni di
Paolo, si convertì e "credette in Gesù con tutta la sua
casa"; come era consuetudine, infatti i familiari ed i
dipendenti seguivano la religione del capo di famiglia. -
Nella I lettera ai Corinti, è riportato che Crispo fu
battezzato da s. Paolo come Gaio e la famiglia di Stefanas, (I
Cor. 1, 14 sg.). -
Data la sua posizione in seno al giudaismo, la sua conversione,
ebbe certamente una grande pubblicità ed efficacia, provocando
la conversione di altri correligionari. - Venne deposto
dalla carica che ricopriva nella sinagoga e sostituito da
Sostene (Act. 18, 17), il quale seguì poi l'esempio di Crispo
suo predecessore, convertendosi al cristianesimo e diventando
uno dei compagni di s. Paolo, il quale nella I lettera ai
Corinti lo chiama "fratello". Non si hanno
notizie sulla vita successiva di Crispo; una tradizione
posteriore lo dice vescovo di Egina nel golfo di Saronico.
- Il 'Martirologio Romano' lo associa nella celebrazione insieme
a Gaio, al 4 ottobre e lo considera morto a Corinto.
San
Crispino I e San Crispino II
Curiosamente nello
stesso giorno del 7 gennaio sono ricordati s. Crispino I e s.
Crispino II, ambedue vescovi della città di Pavia; il
Martirologio Romano anche nella sua ultima edizione lo cita così:
"Papiae sancti Crispini episcopi", senz'altro
aggiungere.
S. Crispino I era già vescovo nel 446 e accolse fra i
lettori della sua chiesa, s. Epifanio che ordinò suddiacono nel
456 e poi diacono, designandolo come suo successore; era cosa
normale a quei tempi, che un diacono potesse essere consacrato
vescovo senza essere prima un sacerdote.
- Egli morì nel 466 e venne sepolto nella chiesa di S.
Maria Maggiore, che aveva lui stesso fatta edificare. -
Del santo Crispino II si sa che fu l'11° vescovo di Pavia e
sarebbe morto il 30 ottobre 541, anche lui fece costruire una
chiesa, quella dei ss. Cosma e Damiano.
- La breve distanza di tempo fra i due episcopati, lo
stesso nome e la stessa carica di vescovi di Pavia, hanno
generato la confusione di non avere una doppia celebrazione,
anzi ce né una sola, ma senza specificare a quale dei due si
riferisce. - Il nome Crispino deriva dal latino, con il
significato di "ricciuto, dai capelli ricci".
San
Crispino e San
Crispiniano
Erano due calzolai
intenti al loro lavoro: così sono raffigurati i santi Crispino
e Crispiniano, perché la storia del martirio attribuisce loro
questo mestiere. - Da secoli, per questo, i calzolai li
venerano come loro patroni in tante parti d'Europa; e con essi i
sellai, i guantai e i conciatori. - La Chiesa li ricorda
come martiri: uccisi per la fede nella Gallia romana, ad Augusta
Suessionum, l'attuale Soissons.
- Patroni dei calzolai,
e lavoratori del cuoio. –
L’etimologia del nome Crispino
deriva dal latino e vuol dire
“dai capelli ricci.
– L’emblema sono
palma, Scarpe. -
Nella redazione di Auxerre del Martirologio Geronimiano
sono ricordati al 25 ottobre Crispino e Crispiniano come martiri
di Soissons; ivi, infatti, nel secolo VI esisteva una basilica a
loro dedicata di cui parla a più riprese Gregorio di Tours.
- L'itinerario
inserito nei Gesta Regum Anglorum di Guglielmo di Malmesbury
ricorda gli stessi martiri come sepolti nella basilica dei SS.
Giovanni e Paolo sul Celio a Roma; questa notizia, però, dipènde
probabilmente dalla passio di questi due ultimi santi, in cui,
peraltro, I'episodio è considerato un'aggiunta posteriore,
sebbene si sia preteso difenderne l'autenticità storica
attraverso il presunto ritrovamento dei sepolcri. -
Di Crispino e Crispiniano esiste una passio scritta verso
la fine del sec. VIII, infarcita dei soliti luoghi comuni.
- I due
santi, di origine romana, si sarebbero recati in Gallia insieme
con altri al tempo di Diocleziano, e stabiliti a Soissons dove
avrebbero esercitato il mestiere di calzolai a favore dei
poveri, non trascurando di propagandare la fede cristiana.
Saputo ciò, I'imperatore Massimiano li fece arrestare per mezzo
di Riziovaro che con lusinghe, minacce e tormenti, cercò di
farli apostatare; a nulla valsero i tentativi, anzi fu Riziovaro
che, in un accesso d'ira dispettosa, si gettò nel fuoco
incontrandovi la morte. -
Per vendicare il suo ministro, Massimiano condannò i due
santi alla pena capitale.
- I loro
corpi, dopo essere stati nascosti per un certo tempo da due
vecchi, finita la persecuzione, furono posti in due sepolcri sui
quali venne edificata una basilica. - Nonostante
le contraddizioni e la poca attendibilità delle fonti si può
ritenere che Crispino e Crispiniano siano due martiri romani
periti durante la persecuzione militare della fine del secolo
III a Soissons, dove furono creduti santi locali e donde alcune
loro reliquie furono portate a Roma. -
Per l'allusione della passio al mestiere da loro
esercitato, i due martiri sono invocati come patroni dei
calzolai.
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San
Gregorio Magno Santo
Patrono di Crispano
(Geom.
Salvatore Giuseppe Savariso)
Gregorio
(Roma 540 - 12 marzo 604), appartenente alla nobile famiglia degli
Anici, già prefetto di
Roma, divenne monaco e abate del monastero di Sant'Andrea sul Celio.
Eletto
papa, ricevette l'ordinazione episcopale il 3 settembre 590,
nonostante la malferma salute, esplicò una multiforme e intensa
attività nel governo della chiesa, nella sollecitudine caritativa,
nell'azione missionaria. Autore e legislatore nel campo della liturgia
e del canto sacro, elaborò un Sacramentario che porta il suo nome e
costituisce il nucleo fondamentale del Messale Romano.
Lasciò
scritti di carattere pastorale, morali, omiletici e spirituali, che
formarono intere generazioni cristiane specialmente nel Medio Evo.
Dal
1606 i suoi resti si trovano presso l’altare, a lui dedicato, nella
cappella Clementina di S. Pietro in Vaticano. Fu sepolto nel portico,
poi all’altare, eretto da Gregorio IV e restaurato da Pio II, posto
all’inizio della navata sinistra dell’antica basilica.
Qui
nel giorno della sua festa vi era un gran concorso di popolo per
baciarne le reliquie.
Un
braccio è nella chiesa del Celio a lui dedicata dove, fino al 1870,
si esponeva con solennità. Gregorio I, Romano, fu pontefice dal 3
settembre 590 fino alla sua morte, il 12 marzo 604.
A
Roma san Gregorio primo, Papa, Confessore ed esimio Dottore della
Chiesa, il quale, per le ammirabili gesta e per aver convertito gli
Inglesi alla fede di Cristo, è stato detto Magno e soprannominato
Apostolo dell'Inghilterra.
Il
3 settembre l'Ordinazione a Sommo Pontefice dell'incomparabile uomo
san Gregorio Magno, il quale, costretto a portare quel peso, dall'alto
trono rifulse nel mondo con i più fulgidi raggi di santità.
A
Crispano in luogo del 3 settembre, data d’elezione a pontefice, San
Gregorio si festeggia il 12 marzo (data della morte),
pur non sapendo il motivo, alcune fonti, purtroppo non
documentate, affermano che vi è una sorta di dispensa religiosa per
Crispano.
La
devozione del popolo di Crispano verso questo santo risale
probabilmente al periodo longobardo (600 D.C. circa),
tale supposizione
si basa su dati di sotto riportati.
Tra
le maggiori opere di questo
Papa vi è la conversione
al Cristianesimo dei longobardi,
quindi è noto che Gregorio ha interagito con questo popolo, ed
è proprio verso il 600 a.C. che
i longobardi, del vicino ducato di Benevento, tentavano la conquista
di Napoli, per fare ciò crearono, nelle nostre zone, delle roccaforti
avanzate (la più
famosa fu quella di Sant’Arcangelo di Caivano).
Le
popolazioni locali erano terrorizzavano
da questi barbari, soprattutto in funzione dei loro riti tribali,
quindi non si esclude che invocassero il patrocinio dell’unica persona
capace di contrastarli, per l’appunto, di
Papa San Gregorio Magno.
A
sostegno di questa tesi riportiamo
ora il testo di un
documento, estratto da internet, sulla storia di Benevento.
.......Nella
loro capitale, in questi primi anni non ancora convertiti al
cristianesimo, i Longobardi fecero sorgere la leggenda delle streghe;
tutti i sabati sotto una secolare pianta le streghe danzano la loro
ridda infernale. In realtà l'origine di questa leggenda è legata al
noce sacro dei Longobardi, che celebravano intorno a quest’albero i
loro riti in onore del dio Wotan e degli altri dei del Walhalla. Era
un semplice rito tribale, come se ne vedono ancora oggi in tutto il
mondo, Italia compresa, ma
i locali cristiani della zona, timorati da Dio, vedevano in queste
pratiche solo manifestazioni di stregoneria e convegni con il diavolo.
L'articolo
continua poi commentando che detta leggenda dura ancora oggi, e che
non è difficile nella notte di Natale vedere fuori dalle case mettere
sull'uscio una scopa, che secondo le credenze serve a tener lontane le
maligne visitatrici. Da
notare che anche
da noi è molto
radicato il rito di porre delle scope fuori dall’uscio di casa,
al fine di tenere lontane
le streghe o meglio ancora le cosiddette janare. Oggettivamente questa
credenza può avallare la
prova del dominio longobardo su Crispano, ma come era possibile che
Crispanesi conoscessero già Gregorio,
la lettera inviata dal papa alla comunità
di
Santa Maria Campisonis in Caivano, può dimostra che papa Gregorio, quanto meno, conosceva i nostri luoghi.
Potremmo,
inoltre, sviluppare un’altra tesi,
molto affascinante, ossia quella
di Crispano come antico possedimento della gens Anicia, d’altro
canto sono noti i possedimenti e
l’influenza che questa nobile famiglia ha avuto, soprattutto,
nell’Italia centro meridionale, anzi da importanti documenti
storici esistenti nella Biblioteca della Badia di Montecassino si
rivela che un fertile
territorio, chiamato "agro gentiano" (presso Casoria)
fosse di proprietà della famiglia senatoriale romana degli
Anici, donato dal Senatore Equizio Anicio, padre di S. Mauro, attuale
protettore di Casoria, a S. Benedetto da Norcia, con atto di donazione
del 15/07/529.
Abbiamo,
inoltre, costatato che
Ponzio Meropio Anicio Paolino, vescovo di Nola, apparteneva alla
stessa famiglia di Gregorio, gli Anicii, e che la famosa sagra dei
gigli di Nola discende da ciò
che è descritto nel 3° libro dei «Dialoghi» di Gregorio Magno
La
festa patronale di
Crispano in onore di San
Gregorio Magno, ormai soppressa, si celebrava con una processione del
santo per la strade cittadine, (verso il 12 marzo).
- La domenica successive avveniva una successiva processione
del santo patrono insieme a San Giuseppe, il tutto corredato da fuochi
d'artificio, attualmente la solennità è celebrata solo con funzioni
liturgiche. - E’ usanza
per i cittadini di Crispano di preparare, per il 12 Marzo, in ricordo
di San Gregorio pasta e
ceci.
Epistola di S. Gregorio Magno
del 591
(E' la XII del libro X indizione
X, ediz. dei PP. Maurini)
Gregorius
Importuno Episcopo Atellano Da: Cenni
Storici della Parrocchia di S. Barbara V. e M. in Caivano
(Mons.
Domenico Lanna, Tip. Cav. Franco Severini, Napoli, 1951, p. 76)
Ea
quae provide disponuntur fraternitatem tuam credimus libenter
amplecti. Et quia
Ecclesiam
S. Mariae Campisonis in tua Parochia positam Presbytero vacare
cognovimus praesentium portitorem Dominicum Presbyterum in eadem
Ecclesia, ut praeesse debeat, nos certum esse deputasse. Ideoque
fraternitas tua ei emolumentum faciat eiusdem Ecclesiae sine
cunctatione praestare, et decimae fructus Indictionis, qui jam
percepti sunt praedicto viro fac sine mora restitui, quatenus
eiusdem Ecclesiae utilitates, cuius emolumenta consequitur, deo
adiutore, sollicite valeat procurare.
|
Crediamo
che la tua fraternità volentieri accolga quelle cose che sono
opportunamente disposte.
E
poiché abbiamo saputo mancare di Sacerdote la Chiesa S. Mariae
Campisonis sita nella tua Parocchia, noi abbiamo ritenuto certo
che nella stessa Chiesa debba presiedere il sacerdote Domenico
portatore della presente. Pertanto, la tua fraternità faccia
garantire senza indugio a lui il beneficio di tale Chiesa, e i
frutti della decima Indizione, che già sono stati percepiti, fà
che siano rimessi senza ritardo al predetto uomo, affinché, con
l'aiuto di Dio, possa sollecitamente aver cura degli interessi
della stessa Chiesa, di cui si ottengono i benefici.
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Particolare della facciata della Chiesa di
SanGregorio Magno
Gli
Anicii (famiglia di appartenenza di San Gregorio Magno)
(estratto da siti
internet)
La
gens Anicia oggi è semi-sconosciuta: eppure è stata per secoli il
simbolo della nobiltà romana che abbraccia la Vera Fede riconoscendo
l’errore degli antichi ed il loro nome rimase per tutto il medioevo
come sinonimo di romanità; agli Anici erano associati Severino Boezio,
Gregorio Magno, san Benedetto, Cassiodoro, alcuni martiri, tre o
quattro imperatori, santi e
molti altri personaggi. -
Alcune di queste parentele sono fittizie, ma ben spiegano il prestigio
che il nomen Anicius conservò in molta parte della cristianità
occidentale nel corso del medioevo anche dopo la sua scomparsa alla
fine del sesto secolo, e soprattutto dopo la scomparsa dei suoi ultimi
rappresentanti nella prima metà del settimo secolo; la cultura di
Roma imperiale nel medioevo era vista come dominata dall’errore
religioso che portò alla persecuzione dei primi cristiani: la sua
purificazione passa attraverso le invasioni barbariche e le crisi del
quinto e sesto secolo da cui non riuscì a salvarla la conversione di
Costantino che ebbe la grazia di riconoscere il vero Dio in tempo per
permettere a Roma di risollevarsi dal disastro imminente. -
L’opera di Costantino non fu completa soprattutto a causa
dell’apostasia del nipote Giuliano: così spetta agli Anici il
merito di aver accompagnato Roma nei secoli della crisi, visto che
anche loro abbracciarono prima degli altri la Vera Fede assieme a
Costantino, e che anche quando furono in difficoltà non rinnegarono
mai Cristo.
Gli Anici sono così, per gli uomini dell’alto medioevo, i
protagonisti del periodo più glorioso di Roma, quello dell’impero
cristiano, cioè del momento in cui anche lo stato era seguace di
Cristo: una condizione istituzionale che rimarrà come ideale fino a
Dante e che deve agli Anici la sua definizione.
Infatti è a loro che si deve l’idea per cui la Chiesa e lo
stato non possono essere la stessa cosa, ma il Papa ha una preminenza
data dalla sua carica: questa posizione deriva in buona parte dalle
dispute fra i Papi e gli imperatori fra il quarto e il sesto secolo e
che ebbero come protagonisti, fra gli altri, i papi Felice III, Memmio
Simmaco, Agapeto, Vigilio, e personaggi come Anicia Giuliana, Anicius
Probus Faustus, tutti membri della gens Anicia che, seguendo
l’esempio di personalità come sant’Ambrogio, crearono le premesse
all’opera e alla posizione di Gregorio Magno. Questo argomento rappresenta solo una parte
dell’eredità elaborata e lasciata ai posteri dagli Anici, ma
esemplifica bene il perché di un così grande successo nei secoli
successivi. Un altro esempio importante è la tradizione libraria che
gli Anici trasmisero al medioevo: era tradizione dei capofamiglia dei
Simmachi curare una edizione delle storie di Livio. Gli Anici
ripresero questa tradizione: i Simmachi erano stati nel quarto secolo
fra i più grandi campioni della paganità, ma questo implicava anche
un forte recupero della tradizione romana che era anche quella degli
Anici.
La gens campione della cristianità quando si unì ai Simmachi
ne recuperò alcuni usi: non il rifiuto o lo sprezzo dei nemici, ma il
recupero di ciò che era importante per la storia e la cultura della
gens, che così continuò anche la tradizione libraria grazie alla
quale ci sono stati conservati, tra gli altri, Livio, Macrobio e l’Historia
Augusta: e così Memmio Aurelio Simmaco non ebbe alcun timore ad
affrontare da cristiano la storia di Roma all’inizio del sesto
secolo probabilmente per confrontarla alla luce della nuova Fede e per
esaltare il suo ruolo nella storia della salvezza, non certo per
denigrarla. - La fortuna
degli Anici cambiò nel corso del basso medioevo: a partire dalla
rinascita del dodicesimo secolo lo sguardo su Roma cominciò a
cambiare e a concentrarsi maggiormente sul periodo classico, agli
inizi dell’impero, per via dell’estetica e dello stile che
caratterizzava la poesia e l’arte di Roma al suo apogeo. Lo sguardo
sulla tarda antichità cominciò a concentrarsi sui punti critici
rappresentati dalla crisi dello stato e dal cambiamento del gusto
soprattutto artistico che stava abbandonando il mimetismo naturale,
caratteristico della più alta cultura greca e romana, e si
indirizzava verso il più simbolico stile bizantino. - Così, progressivamente, gli Anici scomparvero
dall’ "Olimpo" della Roma antica degli antiquari che
stavano diventando i primi umanisti e rimasero solo alcuni personaggi
che già si elevavano come Severino Boezio e Gregorio Magno, e ancora
oggi, nonostante la recente riscoperta degli studi sulla tarda
antichità, gli Anici rimangono un oggetto misterioso, quasi sempre
staccato dagli studi che riguardano i più eminenti membri della gens,
mentre invece uno studio d'insieme sui membri della gens tra IV e VII
secolo aiuterebbe molto nella comprensione dell’ambiente della Roma
tardoantica, del passaggio dalla cultura antica a quella cristiana e
della loro compenetrazione che sono tra gli
Elementi fondanti della
cultura europea.
Beata
Vergine Maria del Buon Consiglio
(Geom.
Salvatore Giuseppe Savariso)
Il culto per la Beata
Vergine Maria, venerata con il titolo di “Vergine del Buon
Consiglio” è sviluppato maggiormente a Genazzano ove sorge una
basilica dedicata alla Madonna, con un convento di padri Agostiniani.
- All’interno
del tempio è onorata un’immagine della Vergine con il Bambino,
pervenuta miracolosamente da Scutari il 25 aprile 1467.
La
Beata Petruccia, destinataria dell'effigie,
ne promuoverà il
culto. Le
vicende della sacra immagine sono mirabilmente illustrate nella chiesa
di Gennazzano. - In particolare un dipinto
mostra, due
pellegrini che seguono, camminando sulle onde, l'immagine, involatasi
da Scutari (Albania), al momento
dell'invasione turca.
Per quanto
riguarda il legame che
vige tra il popolo di Crispano e la B.V. del Buon Consiglio, avremo
potuto iniziare a dire che: la
principale festa popolare, quella del giglio, è
in suo onore. Si
è preferito, invece, iniziare
con le opere d’arte presenti nel
luogo d’originaria venerazione, vale a dire Gennazzano in
provincia di Roma,
per segnalarvi quanto segue:
fino a pochi decenni fa, in Crispano, sulla soffitta della
Chiesa di San Gregorio Magno, era
presente la raffigurazione del volo
della miracolosa immagine, seguita dai
due pellegrini. In
pratica la medesima scena dipinta
nella cittadina laziale. -
Non esistono, fin’ora, documenti
che hanno accertato l’inizio della devozione
mariana in Crispano, però stando ai nomi
di persona esistenti in Crispano nel 1754,
non vi sono tracce del nome Consiglia, quindi possiamo supporre che il culto inizi
nel XIX secolo.
- La tradizione popolare narra:
il dipinto fu portato
a Crispano da un
viaticale, questi
avendolo sognato, e dopo molte ricerche, l’ha
scelto tra costosi
dipinti, preferendo
quello che, almeno apparentemente, era
il dipinto più misero, ma
che corrispondeva all’immagine del
suo sogno.
I
santi dei comuni limitrofi
(estratti
da siti internet)
FRATTAMAGIORE
San
Sosio
San Sosio di
Miseno, diacono e martire vissuto tra il III e IV secolo, è
considerato nella devozione popolare come patrono dei temporali e,
insieme con San Severino, liberatore delle anime del Purgatorio.
- Un tema di notevole interesse per la storia del Cristianesimo
in Campania è il raccordo tra le diocesi alto-medievali della Liburia
(Atella, Cuma, Miseno e Literno),
le quali furono unificate nell' XI secolo nella nuova sede
episcopale della normanna Aversa.
La diocesi aversana ereditò infatti da quelle antiche
componenti ecclesiastiche e territoriali espressioni di un
paleo-cristianesimo che mancavano alla sua sede centrale.
Quando nel 1053 fu istituito l'episcopato aversano, esso andava
ad esercitare le sue attività su un territorio che era stato teatro
di moltissime vicende dal punto di vista del Cristianesimo.
In esso ebbero luogo varie testimonianze e Passioni di martiri
dei primi secoli; ed esso rappresentò l'area della costellazione
delle suddette sedi vescovili contornate da numerose chiese sparse per
le sue contrade. -
Nella nascente Diocesi aversana il Cristianesimo permaneva nei suoi
luoghi primordiali, nella santità dei suoi martyria, e manteneva
riferimenti al passaggio sul territorio di Pietro e Paolo.
I riferimenti apostolici, l'onore delle comunità dei primi
secoli, le antichissime segnalazioni del Martirologio Geronimiano, le
glorie monumentali dei martiri dell'epoca pre-costantiniana,
continuarono a sussistere sul territorio. Le devozioni a S.Paolo
l'Apostolo, a S.Sosio il Diacono misenate, a S.Giuliana la cumana, a
S.Fortunata la patriense, a S.Elpidio e a S.Canione Vescovi
dell’agro antico, si intrecciarono con le espressioni della
venerazione alla Madre di Dio e con le celebrazioni delle santità
emergenti.Ancora oggi, cariche di antiche dignità, si intrecciano
leggende e devozionalità che rimandano al primo Cristianesimo in
Campania, e ai legami che la Diocesi aversana, tramite le sue antiche
componenti, possiede con quelle di Napoli, Pozzuoli, Capua, Nola e
Benevento.S.Sosio, Diacono di Miseno vissuto tra il III e il IV
secolo, è santo schiettamente campano; egli ha riferimenti
devozionali sia nelle diocesi suddette che in campo internazionale; e
la sua vicenda, vissuta con il Vescovo Gennaro di Benevento e con gli
altri MARTIRI DELLA SOLFATARA, è ben nota e sostenuta da diffusa
letteratura storiografica ed iconografica. Una visita al tempio a Lui
dedicato in Frattamaggiore, nei giorni settembrini che contornano
quello della sua celebrazione liturgica, può far scoprire l'impegno,
la vivacità e la varietà delle manifestazioni culturali che i
frattesi profondono e realizzano, con il concorso delle Istituzioni
pubbliche, per il loro Patrono; ad onore della Chiesa locale e del
Cristianesimo più antico della Diocesi.
Santa
Giuliana:
Giuliana era
la sola della sua famiglia ad appartenere alla religione cristiana e
suo padre Africano era seguace zelante delle divinità pagane. -
Promessa in matrimonio a un pagano di nome Evilasio, essa dichiarò
dapprima che avrebbe sposato solo il prefetto della città, ma,
accettata questa condizione, ne rimaneva un'altra: ella non voleva
sposare un pagano. Evilasio, allora, irritato dalle esigenze della
giovane la fece comparire davanti al suo tribunale. Niente riuscì a
farla ritornare sulla sua decisione, né i tormenti, né la prigione.
Finalmente fu condannata alla decapitazione consumando così il suo
martirio. Insieme a Santa Giuliana subì il martirio la sua amica
Santa Barbara. Questo avvenne presso Scandriglia (Rieti), nella zona
campestre indicata nei codici antichi con una espressione generica
"ad aram solis" o "in loco solis" (denominazione
della zona costa del sole oggi denominata Santa Barbara). Il martirio
avvenne verso al tempo dell'imperatore Massimiano. Da notare che anche
Santa Barbara era nata a Nicomedia (oggi Ismit o Kocael in Turchia).
Tra il 286 ed il 287 Barbara si trasferì presso la villa rustica di
Scandriglia poiché il padre Dioscoro, fanatico pagano e collaboratore
dell'imperatore Massimiano Erculeo, ebbe in dono da quest'ultimo
ricchi e vasti possedimenti in Sabina. Le reliquie di Santa Giuliana
attraverso i secoli furono traslate in diverse località.
San
Severino
San Severino
abate, apostolo del Norico vissuto nel V secolo, è patrono
dell'Austria e delle regioni slave danubiane.
La sua festa ricorre l'8 Gennaio.
Il Monastero Benedettino napoletano dei SS. Sosio e Severino,
attualmente sede dell'Archivio di Stato, custodendo le spoglie dei due
Santi, aveva per secoli, dal medioevo bizantino e ducale, assicurato
alla cultura europea la devozione cristiana verso il Santo abate
precursore del monachesimo occidentale. Questi, infatti, alla
frontiera danubiana della vecchia Romania, aveva evangelizzato le
terre austriache, iugoslave e ungheresi, nel V secolo, in pieno tempo
di invasioni barbariche. La sua evangelizzazione si era sviluppata in
connessione con la fondazione di diversi monasteri, a partire dal
luogo della odierna Vienna, e con l'esercizio di una carità sociale
che faceva leva sulla istituzione della decima da distribuire ai
poveri e sui buoni consigli ai potentati barbarici, i cui
rappresentanti finirono per venerarlo e rispettarlo come poi fece
Odoacre. La sua funzione, precorritrice di quella di S.Benedetto da
Norcia, di difesa della civiltà cristiana ed occidentale, si era
svolta attuando un monachesimo con riferimenti mistici ed eremitici di
provenienza orientale, e inoltrandosi per le vie dell'applicazione di
una regola dal Santo più vissuta che scritta, più dialogata con i
suoi monaci che formalizzata in un codice comune.
- L'antico
cenobio napoletano del Lucullano (oggi Castel dell'Ovo), che ospitò
in un primo momento le spoglie del Santo, divenne un faro di cultura e
di vita spirituale; un faro che oggi, sulla scorta di studi recenti
fatti sull'opera dell' abate Eugippio suo discepolo e suo agiografo
principale (la Vita Sancti Severini è uno dei documenti più notevoli
a disposizione della storiografia dell' alto medioevo), si riscopre
alla base e al centro di quelle influenze che portarono alla
successiva formalizzazione del monachesimo benedettino a Montecassino
e ad altre esperienze simili e coeve, come quella di Cassiodoro a
Vivario in Calabria, le quali, notoriamente, sono poste dagli studiosi
alle origini del fenomeno monastico e cenobitico europeo.
- Il tempio
patronale di Frattamaggiore dal 1807, epoca dell'eversione feudale
napoleonica che abolì il monastero napoletano ed epoca della
traslazione guidata dal Vescovo M.A.Lupoli, offre accanto a quello
preparato per S.Sosio, patrono cittadino, un luogo degno e sacro al
riposo del corpo del Santo Apostolo del Norico, il quale è anche uno
dei patroni principali dell'Austria. Il tempio è oggi così erede di
una devozione per la quale persone semplici e personalità, locali ed
austriaci, studiosi e cultori della storia del cristianesimo
medievale, visitano le reliquie del Santo ricevendo grazie di
liberazione spirituale e stimoli all' impegno e all'apostolato
evangelico e caritativo.
La
Traslazione dei corpi di San Sosio e Severino:
Il
31 Maggio di ogni anno, a partire dal 1807, la Chiesa frattese ricorda
la traslazione dei corpi di S.Sosio e di S.Severino, dal monastero
benedettino napoletano soppresso alla parrocchiale principale del
paese. - Il monastero benedettino, dedicato fin dal medioevo ai due
Santi, è oggi sede dell'Archivio di Stato; ed un tempo nella sua
cripta si veneravano le spoglie dei due Santi, uniti nella comune
devozione nel periodo delle invasioni saracene ma richiamanti con le
loro storie vicende ed epoche diverse. Il giovane diacono di Miseno,
Sosio, figura celebre del cristianesimo antico, fu martire alla
Solfatara con il Vescovo beneventano Gennaro e con altri compagni
delle chiese campane, circa nel 303-305. L'Abate precursore del
monachesimo occidentale, Severino, fu invece fondatore di comunità
monastiche ed apostolo delle genti barbare alle frontiere danubiane
dell'impero romano, per circa un ventennio alla fine del V secolo. - Vicende ed onori diversi si registrarono per i
due Santi, nei secoli alto-medievali.
A Napoli, dove venne traslato il suo corpo dalla Pannonia,
Severino ebbe dedicato il celebre cenobio dell' insula nel Castel
dell'Ovo, faro di cultura e punto di equilibrio religioso e civile tra
Bizantini e Romani, tra Oriente ed Occidente. Il timore delle
incursioni saracene consigliò, poi, la Chiesa napoletana di
conservare le spoglie dell'Abate nel monastero benedettino costruito
tra le mura della città A Miseno San Sosio ebbe dedicata la
Cattedrale, che fu distrutta dai Saraceni nel IX secolo. Giovanni,
diacono del monastero napoletano, ne rinvennne le spoglie e fu suo
agiografo principale nel X secolo, quando, dopo aver trasferito i
resti del giovane martire nello stesso monastero benedettino, ebbe
l'incarico dal Vescovo di Napoli di raccontarne anche la vita. Nel
corso del tempo il monastero benedettino dedicato ai due Santi, che
ebbe nello stemma il simbolo del bacolo pastorale dell'Abate e della
palma del martirio del giovane diacono, divenne centro devozionale
importantissimo nell'area meridionale (la visita alla tomba dei Santi
consentiva di liberare le anime del Purgatorio) e controllò
moltissimi beni e territori. Frattamaggiore, che ospitò una colonia
di misenati scampati alle orde saracene, celebrò subito San Sosio
come patrono principale, e a lui, a S.Giuliana e a S. Maria degli
Angeli, dedicò la splendida basilica romano-gotica al centro della
città. L'eversione feudale del periodo napoleonico portò alla
soppressione del monastero napoletano. Ed i Frattesi, guidati dal
concittadino Arcivescovo Michele Arcangelo Lupoli, sottrassero alla
spoliazione delle chiese, in atto a quella epoca, i corpi di S.Sosio e
di S.Severino e li trasportarono solennemente a Frattamaggiore il 31
Maggio del 1807. San Severino è anche un Santo che l'Austria celebra
come Patrono principale. Per questa ragione, grazie alle relazioni
stabilite, nella fraterna comunione, con le Autorità religiose e
molti pellegrini e visitatori Austriaci, si moltiplicano i contatti
con quella nazione. -
Da qualche tempo si registra anche la riscoperta e la
rivalorizzazione dei connotati storico-religiosi della commemorazione
dei due Santi, che appartengono a pieno titolo anche alla tradizione
del monachesimo benedettino, il quale per secoli ne ha sostenuto lo
devozione ed che ancora oggi contribuisce ad onorare con l'arte, la
musica sacra e la pubblicazione dei risultati della ricerca storica ed
agiografica.
Padre
Modestino:
In giro per
la città natale, Frattamaggiore, nei luoghi che lo hanno visto
presente in vita, dopo la sua morte e dopo l'avvio a Roma, alla fine
del secolo scorso, del lungo processo di beatificazione, di Padre
Modestino di Gesù e Maria era rimasto il ricordo popolare, la
leggenda umile che si trasmetteva dal nonno al nipote nel racconto
fantastico. Si narra, egli era apparso al vecchietto alle prese con un
cero da accendere dinanzi all'edicola della Madonna, all'angolo della
via del quartiere paesano. L'edicola era posta troppo in alto e il
monaco francescano, nel quale il vecchietto riconobbe poi con
meraviglia il Beato, si offrì egli di porgere l'omaggio all'effige; e
si sollevò levitando fino a raggiungerne l'altezza. "Questo
monaco è miracoloso" raccontava il nonno ad un amico mio,
mostrandogli il quadretto del Beato compunto davanti al crocifisso al
riflesso della teca della Madonna del Buon Consiglio e con l'indice
tra le pagine del Salterio. - Oggi si cerca di
riscoprire il sito della casa natale, rifusa nell'antico reticolo
paesano e che, in forza di un vecchio documento parrocchiale, si può
individuare in un luogo della via sorta in epoca aragonese a ridosso
della 'Chiazza 'o Vicario': Via dei Sambuci, o dei Samuci nelle prime
menzioni, che attualmente corrisponde a Via Riscatto; una via ricca di
storia, di leggende e di edicole votive.
- Padre Modestino
è stato solennemente beatificato il 29 gennaio del 1995 in San
Pietro. - La bibliografia sul Beato ed il prodotto pubblicistico sono
diventati abbondanti e qualificanti.
CAIVANO
Santa
Barbara:
Santa
Barbara nacque a Nicomedia (oggi Ismit o Kocael in Turchia) nel 273
d.C. Nonostante il padre Dioscuro, la rinchiuse in una torre per
impedirlo, Barbara divenne cristiana. Per questo motivo fu denunciata
dal prefetto Martiniano durante la persecuzione di Massimiano (III-IV
sec.) e imprigionata a Nicomedia.
Fu prima percossa con le verghe, quindi torturata col fuoco,
subì quindi il taglio delle mammelle e altri tormenti.
Infine venne decapitata per mano del padre, che la tradizione
vuole incenerito subito dopo da un fulmine. - Sempre la tradizione
racconta che durante la tortura le verghe con la quale il padre la
picchiava si trasformarono in piume di pavone, per cui la santa viene
talvolta raffigurata con questo simbolo. È invocata come protettrice
contro i fulmini e la morte improvvisa e protettrice degli artificeri,
artiglieri, minatori e carpentieri. - La sua vita riservata, intenta allo studio, al lavoro e
alla preghiera la definì come ragazza barbara, cioè non romana. Era
una denominazione di disprezzo. E' questo il nome a noi pervenuto da
quello suo proprio. - Tra
il 286-287 Santa Barbara si trasferì presso la villa rustica di
Scandriglia poiché il padre Dioscoro, fanatico pagano, era un
collaboratore dell'imperatore Massimiano Erculeo. Quest'ultimo gli
aveva donato ricchi e vasti possedimenti in Sabina. Dioscoro fece
costruire una torre per difendere e proteggere Barbara durante le sue
assenze - La
manifestazione di fede di Barbara provocò l'ira di Dioscoro;
essa allora per sfuggire a quest'ultimo si nascose nel bosco
dopo aver danneggiato gran parte degli dei pagani della sua villa. -
Dioscoro la consegnò al prefetto Marciano con la denuncia di empietà
verso gli dei e di adesione alla religione cristiana. - Durante il
processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo
ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la
religione pagana per abbracciare la Fede Cristiana: fu così torturata
e graffiata mentre cantava le lodi al Signore. - Il giorno dopo
aumentarono i tormenti mentre la Santa sopportava ogni prova col
fuoco. - Il 4 dicembre letta la sentenza di morte Dioscoro prese la
treccia dei capelli e vibrò il colpo di spada per decapitarla. -
Insieme a Santa Barbara subì il martirio la sua amica Santa Giuliana.
- Il cielo si oscurò e un fulmine colpì Dioscoro.
- Il nobile Valenzano curò la sepoltura del corpo della Santa
presso una fonte che diventò una meta di pellegrinaggio per l'acqua
miracolosa. -
Tra il 955 ed il 969 i reatini organizzarono una spedizione a
Scandriglia (provincia di Rieti) e dopo varie ricerche trovarono il
corpo di Barbara. Che fu
nella Cattedrale di Rieti dove ancora oggi.
San
Giorgio
(patrono di Pascarola)
Originario
della Cappadocia, era tribumo militare in Palestina. - Convertitosi al
cristianesimo, donò ai poveri tutti i suoi averi. - Ricevette la profezia di tormenti che sarebbero durati
sette anni. - Durante la persecuzione dioclezianea fu infatti
arrestato e torturato più volte, superando prove inennarabili. - Subì
quindi il martirio decapitato. - Sul luogo della sua tomba a Lydda
(Palestina) sorse un santuario già nel IV secolo. - Il suo culto,
quale patrono dei cavalieri, si sviluppò particolarmente al tempo
delle crociate. - In questo periodo nacque la leggenda di San Giorgio
uccisore del drago, dovuta probabilmente all'errata interpretazione di
un'immagine.
FRATTAMINORE
San
Sebastiano (ex
patrono di Frattaminore)
Martire
di Roma sotto l'Imperatore Diocleziano,
fu fatto legare ad un palo in mezzo all'accampamento e saettare
dai soldati, e successivamente
bastonato, finchè non rese lo spirito.
- Le reliquie dal
1672 sono all'altare a lui intitolato nella basilica fuori le mura.
- Il corpo, venerato nella sottostante catacomba, il 13 ottobre
826 fu in parte donato a S. Medardo di Soisson, l'anno successivo i
resti vennero traslati nell'Oratorio di S. Gregorio al Vaticano. - La testa, riposta in un prezioso reliquiario, fu donata da
Leone IV (847-855) alla chiesa dei SS. Quattro Coronati. - Nel 1632
l'insigne reliquia fu rinvenuta nella cripta dal cardinale titolare
Giovanni Garzia Millini e il suo successore, cardinale Girolamo Vidoni,
fece costruire un altare per custodirla; il reliquiario è ora
conservato nel Museo Sacro Vaticano. Un frammento del capo è elencato
nella lapide del 1123 a S. Crisogono. Un braccio, unitamente a quello
di Fabiano papa, è a S. Maria in Aquiro.
- Nel 1218 dalla basilica vaticana il corpo fu riportato nella
catacomba dell'Appia e riposto nell'antica cripta.
San
Maurizio (attuale
patrono di Frattaminore)
San
Maurizio, nato a Tebe,
era capo della legione tebea che venne martirizzata durante la
decima persecuzione. -
Questa legione era formata da 6666 soldati, di origine egiziana.
- La legione prestava servizio normalmente ai confini orientali
dell'impero, ma dovendo Massimiliano contrastare gli attacchi dei
Marcomanni, la fece trasferire in Gallia.
- Quando l’esercito giunse presso le Alpi, nella zona del
Vallese, la legione ricevette un ordine imperiale al quale non volle
obbedire, due sono le versioni, secondo una prima l'imperatore ordinò
ai legionari di giurare fedeltà all'impero sull’altare delle
divinità, la seconda invece racconta che alla legione fu chiesto di
scovare i cristiani che si nascondevano nella zona.
- I soldati, che erano quasi tutti cristiani, si rifiutarono di
obbedire e l’Imperatore diede ordine che fosse ucciso un soldato
ogni dieci. Né la prima né la seconda decimazione fece cambiare idea ai
soldati. Allora Massimiliano ordinò lo sterminio, al quale
sopravvissero pochissimi uomini, tra questi
S. Alessandro, Cassio, Severino, Secondo e Licinio che
ripararono in Italia. Una leggenda dice che il sangue dei martiri fu
raccolto e conservato in un vaso da San Martino. La località in cui
avvenne il martirio era
presso Agaunum, l'odierna St. Maurice nel Vallese (Svizzera).
COMUNI
VICINI
San
Antimo (S.
Antimo NA)
Secondo la tradizione si ha la
seguente narrazione: il martirio
avvenne nel 303, era
stato incendiato il boschetto sacro a Silvano.
- Il Proconsole fece arrestare Antimo e in segno di riparazione
voleva spingerlo a sacrificare agli dei.
- Al suo rifiuto inizarono le percosse e i supplizi. -
Nonostante ciò Antimo resistette e quindi per ordine dello stesso
proconsole fu gettato nel Tevere con una pietra legata al collo.
- Un angelo,
miracolosamente, lo liberò e lo sciolse dal sasso, facendolo uscire
dalle acque del fiume sano e salvo. Antimo ritornò allora alla sua
celletta, dove era solito ritirarsi a pregare. - Molti soldati, che
assistettero al miracolo, si convertirono al cristianesimo. Antimo fu
allora nuovamente accusato e nuovamente trascinato davanti al
proconsole e fu crudelmente e lungamente torturato, ma ancora una
volta non riuscirono ad indurlo a sacrificare agli dei, fu perciò
decapitato. Alcuni uomini pii, che erano stati convertiti dal santo,
presero il suo corpo e lo seppellirono presso la via Salaria, nel
luogo dove Antimo era solito raccogliersi a pregare. - Sul luogo sorse
in seguito una basilica, dove, per le preghiere e i meriti del
martire, Dio concesse moltissime grazie ai devoti frequentatori.
San
Elpidio (S.
Arpino CE)
Vissuto
probabilmente nel IV secolo, ma le informazioni su di lui sono
frammentarie e confuse. - Viene identificato con un eremita originario
della Cappadocia e venuto in Italia dove sarebbe morto [Pietro
Natalibus]. - Altre fonti
lo identificano con un eremita, vissuto presso Gerico per molti anni
in una spelonca [Palladio]. - Altri lo identificano con il diacono di
San Basilio, detto "dell'Elpidio" ricordato nella vita di s.
Carotone. - Il suo culto è particolarmente
vivo nel Piceno, dove diverse località portano il suo nome, l'ipotesi
più probabile è trattasi di un secondo santo vissuto proprio in
questa regione. – Un altro Santo con questo nome e venerato nella provincia
di Rieti, il corpo di
questo Santo, che era sepolto nella chiesa dell'attuale frazione di
Sant'Elpidio, si dice concesso nel 969 dal vescovo di Rieti Alberico
ai vescovi di Metz, Teodorico, e di Treviri, Erchemperto, giunti in
Italia al seguito dell'imperatore Ottone I, in cerca di reliquie di
Santi. -
Il Martirologio Romano parla di questo Santo il 2 settembre:
"Fuit praeterea alius Elpidius doctrina et egregiis operibus
nobilis, qui temporibus Constantii Aug. functus est legatione in
Oriente adversus Arianos, missus a Iulio Romano Pontefice ut patet ex
eiusdem litteris quae extant apud Athanasium. Scribit Sigerbertus,
sacras reliquias S. Elpidii, socii S. Eutychii episcopi, a regione
Marsorum translatas esse in Gallias anno Domini 969. Hoc ipse in Chron,
eo anno".
San
Biagio (patrono
di Cardito)
Vissuto
nel IV secolo, era un medico di origine armena. - Divenne vescovo
della città di Sebaste dove operò numerosi miracoli.
- Arrestato dal preside Agricolao durante la persecuzione
ordinata da Licinio, fu imprigionato, lungamente picchiato e sospeso
ad un legno, dove con pettini di ferro gli fu scorticata la pelle e
quindi lacerate le carni.
- Dopo un nuovo periodo di prigionia, fu gettato in un lago,
dal quale uscì salvo, quindi per ordine dello stesso giudice, subì
il martirio decapitato insieme con due fanciulli e dopo l'uccisione di
sette donne arrestate perché raccoglievano le gocce di sangue che
scorrevano dal corpo dello stesso martire, durante il suo supplizio.
- E' stato innalzato alla dignità di santo ed è invocato
contro i mali di gola, perché durante la sua prigionia, guarì
miracolosamente un ragazzo che aveva una lisca di pesce conficcata
nella trachea. E'
Patrono di Maratea, città che ne conserva le reliquie. Secondo la
tradizione, le reliquie di San Biagio unitamente a quelle di san
Macario giunsero a Maratea nel 732, a bordo di una nave, proveniente
da un porto orientale, che si arenò a causa di una tempesta. Nel
1941 fu fatta una ricognizione ufficiale s quanto contenuto
nell'urna: il torace, una parte del cranio, un osso di un braccio e un
femore del santo armeno
Sant'Eufemia
(Carditello)
Morì
martire a soli 15 anni durante
la persecuzione di Diocleziano. - Il culto della santa nasce dopo il
Grande Concilio tenutosi nella basilica di Calcedonia (451-52) e da lì
si estese gradualmente a tutta la cattolicità.
- Santa Eufemia
Eufemia protettrice dell'ortodossia, al miracolo.
- Il culto della
santa è databile tra il 380 e il 410 allorquando
il vescovo Asterio di Amasea
racconta il
martirio: alla santa vennero strappati i denti e arsa sul rogo,
ma alcne l'iconografia
ritraggono Eufemia
con la ruota della tortura e con i leoni.
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